55. casa

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Federico entrò in cucina, mantenendo lo sguardo fisso sulla ragazza seduta al tavolo, che aveva gli occhi concentrati sul proprio computer e le cuffiette nelle orecchie. Aveva i capelli raccolti in una coda alta, la pelle liscia stesa in un'espressione concentrata. Si avvicinò velocemente, piegandosi sulla schiena e sfilandole una cuffietta per farsi sentire, per poi posarle un bacio tra i capelli «Ciao» mormorò, a bassa voce, per poi farsi cadere nella sedia davanti a lei e appoggiare il borsone che aveva in mano accanto ai propri piedi. Per lui, era appena terminata una lunga mattinata di allenamenti al freddo; quando si erano svegliati quella mattina, la neve cadeva a fiocchi grandi su Torino. Alessia aveva sbarrato gli occhi e, dopo essersi imbaccuccata con una giacca pesante, una sciarpa grossa e un cappellino di lana, era uscita sotto il portico, a osservare quello spettacolo semplice. Lui, dopo essersi vestito, si era fermato un attimo a guardarla, con un caffè caldo in mano e due maglie termiche sotto la felpa della Juventus. Lei sorrideva come una bambina, come se non avesse mai visto la neve.
Aveva deciso di uscire giusto poco prima di lasciare casa, aveva aperto timorosamente la porta della cucina e poi aveva mosso qualche passo fuori, sentendo infiniti brividi attraversargli la schiena a causa della temperatura glaciale. Aveva sbuffato leggermente quando lei gli aveva afferrato le mani e l'aveva trascinato accanto a sé, sotto la neve che cadeva. Infiniti fiocchi di neve le si erano incastrati tra i capelli, sul cappellino, addirittura tra le ciglia, ma lei continuava a ridere, divertendosi come se stesse facendo la cosa più bella del mondo. A quel punto, gli aveva cinto il collo e l'aveva attirato a sé, travolgendolo in un bacio che il biondo sapeva che si sarebbe ricordato per tutta la giornata. «Che studi?» le domandò, appoggiando i gomiti sul tavolo e guardandola negli occhi. Lei si tolse anche l'altra cuffietta, allungò una mano verso di lui per farsi dare quella destra e poi le ripose nella custodia. Aveva gli occhi stanchi, aveva passato tutta la giornata a studiare per un esame che non sapeva neanche quando avrebbe dato. Le università erano chiuse, le scuole anche... Delilah l'aveva chiamata almeno due volte al giorno per tutta la settimana, la mattina, giusto per chiederle come avesse dormito e raccontarle come stava andando avanti il libro che di solito leggeva prima di andare a dormire, e la sera, per sentire anche Federico e sapere come stesse lui. Geordie l'aveva chiamata una volta, per lamentarsi con lei di come Claudio lo tenesse chiuso in casa nonostante tutti i suoi amici, sfruttando il fatto di non avere lezioni, non facevano che uscire tutti insieme.
Matteo, invece, era partito per gli Stati Uniti. Dopo anni di studio alla Bocconi, aveva finalmente trovato un lavoro per un'importanza agenzia finanziaria statunitense e, solo qualche settimana prima, si era trasferito a New York. Le aveva mandato una foto della scalinata del MET, e lei l'aveva invidiato da morire, ma alla fine si era ricordata dove fosse: a Torino, con il suo ragazzo, a casa sua, a fare quello che le piaceva...

«Stavo leggendo il giornale» rispose, spegnendo il computer. Si passò le mani sugli occhi, stropicciandoli leggermente. Le bruciavano, erano secchi a causa del fatto che aveva passato l'intera giornata davanti allo schermo luminoso. Il biondo spostò il computer con un braccio, poi fece intrecciare le proprie dita alle sue, mantenendo lo sguardo fisso nei suoi.

«Non riesco a sentire nemmeno quello che dicono in radio» scosse la testa mentre pronunciava quelle parole. In macchina verso casa, ogni sera, chiamava a casa per sapere come stessero. Con i contagi che aumentavano, aveva bisogno di tenersi costantemente in contatto con la propria famiglia per sapere se stessero bene. La sera, dopo cena, quando lei si sistemava sul divano del soggiorno per seguire il telegiornale giornaliero, lui si rifugiava in camera, a leggere qualcosa, a guardare un film o a fare qualsiasi cosa che non fosse sentire quei numeri di cui faticava a comprendere il risultato, le statistiche, le percentuali... Qualche sera prima era addirittura finito per mettere a posto la propria cabina armadio, tanto era grande la sua volontà di fare tutto tranne che scendere al piano terra e rischiare di sentire qualcosa.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora