22. Sfogarsi, ancora uno e l'amico

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"Devo sfogarmi, sei a Firenze?"

Così era cominciata. Federico le aveva mandato quel messaggio appena era arrivato a Coverciano, sperando che lei non gli avrebbe risposto in modo troppo brusco. Non aveva più risposto al messaggio di Alessia, non gli era nemmeno passato per la testa, ma in quel momento era l'unica persona che voleva vedere. Non le avrebbe parlato di quello che era successo, voleva veramente solo sfogarsi fisicamente e il loro rapporto non era apposta per quello?

Lei aveva ricevuto quel messaggio mentre stava seguendo una lezione e l'aveva ignorato all'inizio, poi l'aveva letto e non capiva se essere felice o arrabbiata del fatto che lui le avesse scritto. Era ancora freddo, distaccato, ma almeno le aveva scritto e non era qualcosa da poco. Dall'altra parte, per lei non era chiaro se volesse solo sesso e, nonostante fosse quella anche la sua di intenzione all'inizio, era finita per volere anche la sua amicizia e a non voler rinunciare a quella complicità che si era creata quando avevano vissuto insieme per una settimana a Torino.

Anche se tutti quei pensieri le correvano liberamente in testa e non la facevano stare completamente tranquilla, gli rispose affermativamente. Sapeva che la prossima partita sarebbe stata più di un mese dopo quindi aveva dedotto che sarebbe passato per Firenze per recuperare le sue cose e soprattutto per salutare velocemente i suoi famigliari prima di tornare a casa. Quel messaggio, poi, era stata l'ultima conferma.

Federico:
Vengo a casa tua allora

E Alessia aveva appena chiuso la porta dell'appartamento quando le era arrivato il messaggio. Aveva risposto il telefono sul ripiano in cucina e poi aveva preso un bicchiere d'acqua. Nicola era ancora in università, ormai era arrivato il suo turno di preparare la tesi e stava cominciando a capire tutto lo stress e l'ansia che avevano assalito la sua migliore amica in quella fase. Tornava tardi la sera, dormiva poco e beveva fin troppo caffè, le occhiaie sotto i suoi occhi castani si facevano sempre più scure, i suoi capelli biondi sempre più disordinati e la sua dieta sempre più caotica: spesso buttava la pasta alle prime ore della mattina, beveva birra alle nove di mattina e brioches accostate alla vodka a cena.

Una decina di minuti dopo il campanello suonò e lei sapeva già chi fosse. Premette il bottone per aprire la porta d'ingresso al piano terra e poi aprì anche la porta dell'appartamento. Si appoggiò allo stipite e ascoltò i passi veloci del ragazzo mentre saliva le scale. Quando fu finalmente davanti a lei, i loro occhi si sfiorarono giusto, senza nemmeno guardarsi per più di un attimo. Federico le corse quasi incontro, la spinse dentro casa e poi chiuse la porta alle sue spalle con un gesto veloce, quasi nervoso e stizzito.

La baciò, cercando di togliersi tutti i pensieri dalla testa e di farli scivolare lontano almeno per quel tempo che avrebbero passato insieme. Le strinse i fianchi con le mani, la sollevò velocemente e lei d'istinto allacciò le sue gambe intorno al bacino del ragazzo. Non si erano nemmeno salutati.
Era incredibile quanto fossero simili, era convinto di essere andato tanto lontano, di non essere attratto più dalle donne come Veronica, eppure solo in quel momento si rese conto che non era così. Alessia ci assomigliava, e non solo esteticamente. Non era solo il fatto che avessero gli stessi occhi azzurri, o che entrambe avessero i capelli scuri, anche se di tonalità diverse, era proprio quell'aura che si portavano dietro e che lo faceva andare totalmente fuori di testa.

La lasciò sul letto, ormai la strada per la camera la conosceva e non serviva che lei gliela indicasse.

«Come mai questa fretta?» mormorò Alessia. Ormai lo aveva capito, a lui piaceva quando era lei a spogliarlo e il fatto che lui si stesse sbottonando la camicia scura le diede una brutta sensazione alla bocca dello stomaco. Non voleva parlare, non voleva che lei lo ascoltasse mentre le raccontava delle poesie che gli piacevano o di quelle che teneva nel portafoglio, voleva veramente solo e unicamente fare sesso, e nemmeno in maniera troppo dolce o lenta o premurosa.
Il suo tocco era stato ruvido fin da quando era entrato in quella casa, si vedeva che non la stava toccando per farla stare bene o per farle capire quanto fosse bella, come al solito, ma esclusivamente per sfogarsi e lasciar uscire quel qualcosa che lo stava turbando.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora