51. turisti

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Il compleanno di Federico era passato tranquillamente, seguendo punto per punto il piano che il ragazzo aveva in mente: si era svegliato tardi, aveva goduto dell'erotismo della sua ragazza con del sano e pigro sesso mattutino, aveva mangiato, bevuto, parlato, e il tutto restando a casa, senza vedere nessuno oltre che la bella e sorridente castana, che si era presa cura di lui di buona lena, lasciandosi trascinare in lunghe sessioni di coccole e che si era addirittura fatta uscire il termine "amore" per la prima volta. Gli aveva fatto un regalo, tanti in regali in realtà, giusto per fargli capire quanto lo conoscesse bene. L'aveva abbracciata, le aveva sussurrato qualcosa all'orecchio, e poi si era goduto il sorriso spontaneo che nasceva sulle sue labbra ogni volta che le rivelava qualcosa di più sul sentimento che lo legava a lei. Quando poi, quella domenica sera, lei aveva dovuto farsi accompagnare alla stazione di Porta Nuova, il sorriso continuava a non lasciare il suo viso, accompagnato dalla consapevolezza che l'avrebbe rivisto presto. Non sopportava la lontananza, proprio non riusciva a saperlo lontano da sé, ma allo stesso tempo aveva paura di passare troppo tempo con lui. Se già quando vivevano qualche giorno a stretto contatto litigavano pesantemente, o rischiavano seriamente di litigare, come sarebbe stato vivere sempre con lui?
Però, lo sognava: tornare a casa la sera e trovarlo lì, magari stravaccato sul divano a guardare una partita o qualche puntata delle sue serie tv preferite, preparare la cena con lui, scherzarci su, vederlo con uno dei grembiuli ridicoli che ogni anno rimediava a Natale come regalo da propria madre, infilarsi sotto le coperte con lui, salutarlo con un bacio la mattina prima di un allenamento o prima di un ritiro.
Una volta tornato a casa, Federico aveva risposto a tutti i messaggi di auguri dei propri amici, scusandosi per il ritardo dicendo che era stato impegnato tutta la giornata e aveva lasciato il telefono spento. Adorava passare il tempo con Alessia, con lei ogni momento era magico e speciale, l'aria era frizzante, e anche solo guardarla mentre fumava tranquilla sotto il suo portico, a osservare pigramente il profilo della bella Torino, lo rilassava. Firenze non era dall'altra parte dell'universo, bastavano quattro ore in macchina e tre in treno, ma sicuramente saperla lì non era come saperla a casa sua, a destreggiarsi tra le alte librerie, a studiare sul tavolo della cucina o a uscire per fare una passeggiata con Wendy e Spike.

Quel lunedì non era stato solo un lunedì per la castana. Si era svegliata alle sei e mezza, si era vestita con calma nonostante il cuore le battesse all'impazzata, aveva preso le proprie cose, già impacchettate da venerdì pomeriggio, aveva salutato Anna, che, dando la colpa ai residui degli ormoni della gravidanza, stava piangendo come una bambina, lasciato un bacio sulla fronte a Thomas, che la osservava sempre in modo curioso, come se fosse stata la prima volta che la vedeva, e poi si era lasciata stringere in un abbraccio da Nicola, che più degli altri stava soffrendo in quel momento ma era quello che lo dimostrava bene. Se ne sarebbe andata a vivere da sola, lasciandolo lì con quella che era diventata la sua famiglia, a godersi quel neonato che aveva stravolto la vita a tutti e tre. Nonostante sapesse che lei sarebbe rimasta a Firenze e che ci sarebbe stata per lui per qualsiasi cosa, anche solo il pensiero del non vivere con lei lo destabilizzava. Si conoscevano dall'asilo, avevano frequentato le stesse scuole, condiviso qualsiasi cosa, avevano riso insieme alle tre di pomeriggio e pianto l'uno sulle spalle dell'altro alle tre di mattina. Alessia l'aveva portato a casa un sabato sì e l'altro pure quando era ubriaco, si era inginocchiata accanto a lui mentre vomitava, non si era mai tirata indietro quando si trattava di pulire i disastri che combinava dopo che aveva bevuto, e ogni domenica mattina era pronta con un'aspirina, un bicchiere d'acqua e una buona dose di rimproveri per ciò che aveva combinato la notte prima. E, in quel momento, era lì mentre lui faceva quel grande passo, finalmente diventava grande. Gli sarebbero mancate le sue crepes ma anche le sue ricette ipocaloriche, le corse agli orari più strani e i film insieme durante la settimana, ma soprattutto gli sarebbe mancato il suo modo istantaneo di capire quando era il caso di lasciarlo da solo e quando invece aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi. Alessia, dal suo punto di vista, era insieme felice e spaventata. Felice, perché finalmente sarebbe riuscita a dormire per una notte intera, senza doversi subire i pianti del bambino o il casino che ogni volta faceva il biondo per scaldargli un po' di latte, e impaurita perché, nonostante avesse immaginato una vita fuori da lì, inconsciamente pensava che non sarebbe mai arrivata, che sarebbe stata un'eterna adolescente con Nicola e le sue cazzate e che quel rapporto tra di loro sarebbe rimasto sempre lo stesso. Però, alla fine, entrambi erano cresciuti, e le loro strade si stavano separando. Quando erano entrati insieme in quell'appartamento per la prima volta, entrambi sapevano che non avrebbero vissuto sempre insieme, ma la consapevolezza li colpì in quel momento come un'onda, e dovettero appoggiarsi l'uno sull'altro per evitare di cadere.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora