62. Harvey

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«Che sorpresa, Alessia!» Stephan lasciò trapelare dalla propria voce lo stupore che l'aveva avvolto nel vedere il nome di lei apparire sul suo schermo. Era da inizio marzo che non la sentiva, quindi almeno tre o quattro settimane, ma gli faceva piacere ogni tanto parlare con lei, perché lo aveva sinceramente stupito quel sera a Roma, quando lo aveva ascoltato senza dirgli nulla, ma semplicemente confortandolo con le parole giuste. In più, nonostante il fatto che lui fosse tornato a Shanghai e avesse quasi finito di scontare i quattordici giorni di quarantena con suo fratello, gli faceva sempre piacere sentire delle voci nuove rispetto a quelle che sentiva di solito.

«Sì, scusa... Ti disturbo?» gli chiese lei, stendendosi sul letto a pancia in giù e portandosi il braccio libero al petto, infilandosi il pollice in bocca e mordicchiandosi le pellicine nervosamente, aspettando una sua risposta.

«No, no. Non ho molto da fare in realtà» la frase del ragazzo finì con un sospiro sconsolato e un attimo di silenzio alleggiò tra i due prima che lui intervenisse nuovamente «Aspetta, ti videochiamo» Alessia si sdraiò sulla pancia, prima di farsi passare le dita dei capelli in un inutile tentativo di mettersi un attimo a posto prima di accettare la videochiamata e sorridere nel vedere il viso del castano illuminarsi mentre le sorrideva a sua volta «Che brutta cera che hai!» esclamò Stephan, prendendola chiaramente in giro e facendole alzare gli occhi al cielo prima di ribattere.

«Taci tu che hai i capelli lunghi quasi come i miei» gli fece notare la castana, notando come effettivamente lui, che si curava sempre fino all'inimmaginabile della sua capigliatura, sembrava quasi trasandato. Aveva addosso una maglietta a maniche corte scura ed era anche lui disteso a letto. Nonostante fosse solo inizio aprile, aveva già la pelle ben abbronzata, sicuramente grazie alle due o tre settimane che aveva passato a Dubai con suo fratello prima di arrivare a Shanghai per fare la quarantena e ricominciare ad allenarsi con i suoi compagni di squadra. Aveva guardato con invidia tutte le foto che aveva messo sui social: in costume, con una sua cara amica, che prendeva il sole o che si godeva una delle mille cene costose in quella città calda anche durante i mesi invernali più freddi. Stephan si passò la mano libera tra i capelli, tirandoli leggermente e guardando la propria immagine riflessa nel piccolo quadratino in alto per cercare di metterli in ordine quanto potesse «È tardi?» gli domandò la castana, portandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio. Aveva, dietro di lui, una testiera di legno e una parete di un colore caldo illuminata da delle luci soffuse, quindi sembrava chiaro che fosse sera lì.

«È ora di cena» rispose lui, per poi nascondere uno sbadiglio con una mano, facendola ridacchiare.

«E sbadigli? Che vecchio che sei!» sul viso pulito e abbronzato di Stephan si aprì un sorriso luminoso in risposta alla sua provocazione ironica, accostato subito dopo a una risata soffocata in maniera difficoltosa.
Lui lo diceva sempre: da quando aveva compiuto vent'anni non aspettava più con un così forte fremito il proprio compleanno, perché, come un vero Peter Pan, odiava il pensiero di dover diventare grande. Alessia, come aveva sempre fatto con tutti, lo prendeva in giro proprio riguardo a ciò che lo tormentava di più.

«Ho solo due anni più di te, per favore dai» replicò lui, scuotendo la testa in maniera divertita per poi sistemarsi meglio sul letto, appoggiandosi di fianco e sostenendo in parte il proprio peso con un braccio, mentre l'altro penzolava in maniera pigra lungo il suo torso.
Nonostante conoscesse la sua età, le sembrava sempre più giovane.

«Sei ancora in quarantena?» gli domandò lei, cambiando abbastanza velocemente discorso. Lui annuì, inumidendosi le labbra prima di rispondere.

«Sì, ancora due giorni, poi saremo liberi» Stephan scrollò le spalle, per poi passarsi le dita sulle palpebre, per poi riaprire gli occhi in modo pigro. Aveva delle spaventose borse sotto gli occhi che rovinavano il suo viso pulito e abbronzato.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora