67. lasciarsi

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«Oh, Pucci, ci sei?» Alessia sbarrò gli occhi, fissando di nuovo lo sguardo sulla propria amica che era mezz'ora che le stava parlando della stessa cosa, ma che non riusciva assolutamente a catturare la sua attenzione. Il suo sguardo continuava a vagare sul fondo del locale, osservando quel viso che conosceva bene.
Era entrata in quel locale sulla spiaggia poco più di un'ora prima, l'aveva portata Luca, che poco dopo era sparito, probabilmente inseguendo una delle sue mille conquiste. Da quel momento, Linda non smetteva di tenerla in ostaggio, anche se le era bastato poco per intercettare lo sguardo di Federico e non riuscire più ad allontanare gli occhi dai suoi.
Era uscita, quella sera, perché solo il giorno prima era sgusciata via da casa sua, scaltramente, scappando dalle sue braccia e dal suo corpo caldo mentre lui dormiva, e aveva bisogno di dimostrarsi che, dopo tutto, i sentimenti che provava per lui non si erano assopiti, ma avevano proprio cominciato a svanire. Quella mattina, non riusciva a continuare a guardarlo, e a piangere, e quindi era semplicemente andata via. Non si erano più sentiti, chiaramente. Quella sarebbe dovuta essere la loro ultima volta, quindi aveva senso che non si parlassero più.
Era normale, però, che si guardassero così? Era normale che non riuscisse a staccare gli occhi da lui?

Non le dava più fastidio il fatto che fossero nello stesso locale, cosa che aveva percepito giusto qualche sera prima, incrociandolo per sbaglio. Non provava più quella rabbia cieca che se l'era mangiata, quella sera, quando l'aveva ignorato, o almeno aveva cercato di farlo. Non provava nemmeno la tristezza amara che se l'era mangiata viva per tutta la giornata successiva a quel primo incontro-scontro, quando continuava a sfogliare freneticamente e ansiosamente il libro di Catullo, leggendo e rileggendo quello che lui ci aveva scritto.
Sentiva, invece, sulle labbra, una sensazione come di qualcosa di frizzante, come quelle caramelle lunghe e coloratissime che rendevano dolce e impastata tutta la bocca. La sua reazione immediata e spontanea era, stranamente, quella di sorridere, e di continuare a guardarlo come una ragazzina, cercando di non venire beccata e, quando succedeva, distogliendo lo sguardo per metà imbarazzata e per metà divertita.
Quando poi lo beccava a guardarla, era tutto un altro discorso. Sorrideva, imitandolo, e poi arricciava il naso. Si guardava le gambe, per controllare che fossero elegantemente accavallate e non mostrassero nulla di troppo. Si metteva a posto il vestito, lo lisciava, si controllava la scollatura, le spalline, i capelli, e monitorava come lui continuasse a osservarla, senza alcun ritegno quasi, e soprattutto senza smettere di rivolgerle quello sguardo furbo e pizzicante.

Aveva una bellissima e semplicissima maglietta bianca, con una stampa sulla schiena, e dei pantaloni neri che gli fasciavano perfettamente le gambe, il tutto abbinato alla sua incredibile abbronzatura che faceva sembrare le sue iridi verdi ancora più luminose, il tutto opposto ai suoi capelli biondissimi, chiaramente tinti e decolorati, ma che comunque gli stavano benissimo.
Era con i suoi amici, come al solito, anche se lì sembrava abbastanza fuori posto considerato che lui, i locali, li frequentava pochissimo perché li odiava. Aveva un succo in mano, o qualcosa che ci assomigliasse molto, ma sicuramente qualcosa di analcolico, considerato che era sicura di averlo visto venire preso in giro da Matteo e Leonardo per almeno una manciata di minuti. Se c'era qualcosa che gli aveva insegnato, quello era di non bere e guidare, nemmeno un goccio, nemmeno un drink solo anche se aveva fatto una cena abbondante prima, perché doveva essere completamente lucido se voleva guidare, e Alessia ne era ammirata, perché voleva dire che almeno qualcosa la aveva imparata.
Lei, invece, non era quasi per nulla lucida.
Se, originariamente, aveva accettato di uscire quella sera perché aveva passato finalmente quell'esame di anestesiologia 1 e si meritava di festeggiare almeno un po', dopo solo qualche manciata di minuti aveva accettato la propria sorte e aveva mandato giù almeno un paio di sex on the beach prima di lasciare che Linda le parlasse a ruota libera di quella vacanza che stava per fare e di come le dispiacesse che lei non avesse accettato di andare in vacanza con lei, come sicuramente Ibiza avrebbe potuto garantirle di trovare un uomo adatto a lei o almeno di divertirsi più che mai.
E invece, continuava a guardarlo, a volte lanciandogli semplici occhiatine veloci, innocue e quasi bambinesche, a volte posando lo sguardo su di lui più a lungo, osservandolo senza vergogna, languidamente, cercando di captare più particolari possibili, rendendosi conto che anche i suoi occhi non si staccavano dal suo corpo.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora