5. tu pensi veramente che io possa combinare qualcosa con uno del genere?

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I miei occhi si socchiusero dopo aver sentito una sveglia, che non pensavo di aver impostato, suonare ripetutamente nella mia camera. Mi girai dall'altra parte del letto e misi la testa sotto il cuscino, come se la cosa potesse ripararmi un minimo dalla musichetta fastidiosa che stava continuando a riempire l'aria.

Allungai una mano sul comodino, tastando in giro per cercare il cellulare, che appena trovai presi in mano e mi portai davanti al viso, aprii un occhio e spostai le dita a caso sullo schermo per spegnere quella dannatissima sveglia. Quando finalmente smise, abbandonai il telefono sulle lenzuola. Chiusi gli occhi, cercando di tornare a dormire. Mi girai e rigirai nel letto, fino a che un tonfo non mi fece sospirare e aprire gli occhi.
Quella mattina non era proprio destino che io dormissi.

Mi misi seduta sul letto e mi stropicciai gli occhi, poi mi guardai in giro cercando di capire da cosa fosse causato quel tonfo. Vidi il cellulare a terra e mi affrettai a prenderlo in mano per controllare se fosse rotto. Per fortuna era tutto intero. Non appena lo presi in mano lo schermo si accese e mi fece leggere l'ora. Erano le sette e mezza. Chi diamine aveva messo una sveglia alle sette e mezza?

Solo dopo aver imprecato almeno due volte contro quella sveglia e cinque contro la mia brutta abitudine a lasciare il cellulare sempre sul comodino, mi resi conto che quella che avevo appena visto non era la mia schermata di blocco. Ripresi il cellulare e guardai di nuovo l'immagine. C'era la foto di una bambina piccola con due cani.

Aggrottai le sopracciglia e guardai verso il mio comodino, dove non c'era niente se non un paio di libri che stavo leggendo.

C'erano due possibilità: o avevo perso il mio cellulare per Carrara ieri sera, cosa possibile considerando che la mia memoria si fermava alle troppe birre che avevo bevuto la serata precedente, o avevo scambiato telefono con qualcuno, che aveva il mio mentre io avevo il suo.

«Buongiorno sorellina!» la porta della mia camera si aprì e da essa entrò mio fratello con due tazze fumanti di caffè in mano e un sorriso stampato in viso.

«Buongiorno Matteo» risposi stanca, incrociando le gambe e prendendo la tazza che mi stava porgendo.

«Che fredda che sei stamattina, sei già preoccupata per l'esame di domani?» si sedette davanti a me sul letto e incrociò anche lui le gambe. Quella di fare colazione insieme era una tradizione che avevamo da sempre e che non si era interrotta nemmeno quando mi ero trasferita a Firenze per andare all'università, soprattutto grazie alle videochiamate che cercavamo di fare ogni mattina mentre stavamo sorseggiando i nostri caffè in due posti diversi della Toscana.

«No, ma non ho voglia di tornare a Firenze, sto bene a casa» risposi semplicemente, scrollando le spalle e sistemando la schiena contro la testiera per stare più comoda.

«Con Bernardeschi?» presi un altro sorso di caffè, poi lasciai la tazza sul comodino e alzai un sopracciglio.

«Bernardeschi?» chiesi, confusa. Soprattutto grazie al rapporto che avevamo coltivato nel tempo io e mio fratello, Matteo conosceva tutta la "storia" tra me e il ragazzo, soprattutto per questo la sera prima non aveva fatto storie al biondo quando gli aveva chiesto di salire in camera mia.

«Avete passato una buona oretta insieme in camera, poi siete usciti e sei ritornata nelle prime ore della mattina» disse con tono ammiccante. Chissà cosa si aspettava, ma conoscendomi avrebbe dovuto sapere che con me non avrebbe avuto tutto così facilmente.

«In camera abbiamo parlato per poco e poi abbiamo guardato l'inizio della partita, finché io non mi sono stufata e sono uscita, lui mi ha semplicemente seguito, abbiamo bevuto qualcosa e poi sono tornata a casa» spiegai semplicemente, disilludendolo subito. Ripresi in mano la tazza di caffè.

complici, federico bernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora