«Ultima» congiunsi le mani in segno di preghiera perché quello che mi serviva in quel momento per convincere Federico era proprio un miracolo. Avevo già intuito che avevamo gusti diversi in fatto di musica, ma non pensavo proprio di doverlo istruire sugli ultimi dieci anni della musica reggaeton nelle quattro ore e mezza di macchina che separavano Firenze da Torino.
«Pure quella di quattro canzoni fa doveva essere l'ultima» il ragazzo si passò una mano sul viso, per poi rivolgere il suo sguardo stanco al semaforo che proprio non voleva diventare verde. Ormai eravamo già arrivati nel capoluogo piemontese e mancavano solo circa venti minuti per arrivare a casa sua, eppure quell'ultimo tratto sembrava essere infinito. Mi ero proposta almeno due volte durante quella mattina di sostituirlo alla guida, soprattutto perché era chiaro quanto fosse stanco e mi sentivo in colpa perché, nonostante lui continuasse a negare, sapevo che fosse a causa mia, ma lui non aveva mai accettato, dicendomi di stare tranquilla e che non era per nulla stanco. Il suo volto pallido, però, dicevano il contrario.
«Vabbè tanto ormai siamo quasi arrivati quindi tanto vale finire il viaggio sempre con lo stesso genere» decretai io, senza veramente aspettarmi un no dall'altra parte. Lui sembrò non sentire nemmeno cosa stavo dicendo e, finalmente, il semaforo diventò verde. Era quasi mezzogiorno di un martedì qualsiasi, a Torino, quindi, il traffico era moderato e scorrevole, ma comunque fastidioso.
Feci scorrere il dito sulla lista di canzoni che avevo scaricate sul telefono, cercando di non far ricadere la mia attenzione sulle solite tre che probabilmente avevamo già ascoltato un paio di volte ma che non mi stufavano mai.
«Uh, come ho fatto a dimenticarmi di questa» esclamai, quando finalmente trovai la canzone che ci mancava di sentire, per poi selezionarla.
Subito la voce inconfondibile di Bad Bunny inondò l'abitacolo e con la coda dell'occhio vidi Federico alzare gli occhi al cielo al sentirlo.«Tengo un par de babie' explotándome el cel y yo pensando en ti, estoy a tu merced» cantai con il portoricano, mimando con una mano un ipotetico microfono mentre usavo l'altra per indicare il ragazzo che stava guidando, esasperato dopo essersi subito quasi cinque ore di me che cantavo ininterrottamente musica che a lui non piaceva per niente.
«Mi sembra di essere in macchina con Paulo o Gonzalo o qualcuno del genere» commentò lui, mettendo la freccia e svoltando in una vietta che cominciava a salire. Io lo guardai per un attimo, perché sapevo perfettamente di chi stesse parlando e, nonostante fossero passati quasi due mesi da quando ci eravamo conosciuti, mi dovevo ancora pienamente rendere conto di che ambiente facesse parte per quanto riguardava il suo lavoro.
«Fammeli conoscere, sai che Carpool Karaoke faccio con loro, mica come con te!» lo presi in giro, inclinando un po' la testa indietro e allungando le gambe in avanti, stiracchiandomi un po' e pregustando già il momento in cui sarei finalmente scesa da quella macchina. Nel frattempo, la musica andava avanti senza che nessuno di noi ci facesse particolare caso, anzi, probabilmente era anche già cambiata canzone e non ce ne eravamo ancora accorti.
«Proprio per quello non te li presenterò mai, sennò poi sai tu cosa ne viene fuori? Minimo vi beccate una denuncia per disturbo della quiete pubblica» replicò il biondino, rallentando e fermandosi davanti a un cancello, per poi prendere dal ripiano sotto l'impianto stereo un telecomando per aprirlo. Aspettammo un attimo in silenzio che quel cancello si aprisse e poi Federico guidò la macchina dentro il suo cortile, direttamente nel suo garage.
Avevo visto poco della sua casa da quel breve tratto in macchina ma avevo già capito che anche lì il giardino era enorme, probabilmente per permettere ai suoi cani di uscire e sfogarsi il più possibile, cosa impossibile da fare in un appartamento.
«Dai su, vieni, ho una fame da lupi» esclamò lui, per poi togliere le chiavi dal quadro, prendere le sue chiavi di casa dallo stesso ripiano dove aveva lasciato il telecomando per il cancello, aprire la sua portiera e scendere dalla macchina «Prendo io la tua valigia, tu prendi il borsone che è più leggero» seguii i suoi ordini e scesi dalla macchina, per poi aprire la portiera dietro e prendere il suo borsone «Seguimi» aggiunse, prima di premere il tasto sulle chiavi per chiudere la macchina.
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complici, federico bernardeschi
Fanfic"Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci, e le dicerie dei vecchi severi consideriamole tutte di valore pari a un soldo. I soli possono tramontare e risorgere; noi, quando una buona volta finirà questa breve luce, dobbiamo dormire un'unica notte eterna. D...