Capitolo X - «Amici Mai?»*

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Martedì


Allo scoccare dell'alba, mi ritrovai a constatare di non averla nemmeno sfiorata. Avevo trascorso l'intera nottata su di un confortevole letto matrimoniale con accanto una donna da paura senza aver concluso una beata mazza. Aggrottai le sopracciglia. Se qualcuno me lo avesse detto soltanto una settimana fa, non ci avrei mai creduto. Io, Malcom Stone, condannato alla pura castità come un monaco tibetano, avevo incarnato la parte del bambino innocente che, però, non si era affatto premurato di cercare anche una sola briciola d'affetto da parte di quella donna – come avrebbe invece fatto un ragazzino tutelato da una madre tanto generosa quanto apprensiva e, per certi versi, iperprotettiva.
Io, incredibile a dirsi, non avevo cercato un contatto con quella Megan. Nemmeno il più subdolo, nemmeno il più insignificante. Mi ero limitato a rigirarmi sul fianco opposto a dove lei dormiva avendo cura di tenere le mani a posto – di tanto in tanto, però, non avevo resistito e mi ero voltato verso di lei, scrutando di sottecchi il suo viso, seminascosto da qualche ricciolo ribelle che lo ricopriva –, mi ero limitato a sognare di baciare quelle stupende labbra a cuore, ma fondamentalmente... non avevo mosso un dito per dimostrare a me stesso che niente fosse cambiato.
Dopotutto, ero o no un insensibile casanova? Per un momento, mi soffermai sul significato letterale del termine.

Casanova. Novacasa.

Scossi la testa. Che si stesse verificando sul serio un qualcosa di nuovo, all'interno di quelle quattro mura attorniate da una lussuosa carta da parati che faceva da sfondo alla stanza d'hotel? Quella gran bella camera, per qualche giorno, sarebbe stata la mia casa. Anzi, la nostra.
Rabbrividii al solo pensiero. Io e Megan condividevamo lo stesso tetto. Lo stesso letto.
Ma non gli stessi ideali.

Negli ultimi giorni, ci eravamo spesso ritrovati a discutere dei nostri rispettivi stili di vita, del nostro modo di gestire le varie inchieste e i sottoposti, cui dovevamo insegnare tutti i trucchi del mestiere. Sul fronte lavorativo, condividevamo gli stessi metodi – investigativi e non. O quasi.
Cercare il pelo nell'uovo o, se preferite, il famigerato ago nel pagliaio, era una condizione di vitale importanza per dei giornalisti come noi.
No, non tutti i giornalisti sono uguali; effettivamente, nel corso della mia carriera mi era capitato di confrontarmi con individui che spacciavano per lavoro quello che io e Megan avremmo semplicemente definito lo squallore più assoluto. D'altro canto, non avevamo le stesse vedute in fatto di principi morali e non. Avevo sempre sostenuto che privarsi di una qualsiasi opportunità significava non essersi sprecati a sufficienza per arraffare ciò per cui valeva la pena lottare, malgrado potesse, ai più, apparire come effimero o poco appetibile. Megan arguiva, invece, un qualcosa di terribilmente immorale – almeno in base alle mie asserzioni. A detta sua, si doveva anzitutto valutare preliminarmente se valesse o meno lo sforzo di sacrificarsi per raggiungere un dato obiettivo, accertarsi che lo stesso non si rivelasse una vera e propria futilità.

Scostai di nuovo lo sguardo da lei. L'attrazione fisica che provavo nei suoi riguardi poteva essere forse paragonata alle circostanze precedenti e, nello specifico, a quelle cui riversavo soltanto fino a pochi giorni prima?
Tornai a guardarla. I miei occhi, che percepivo come stanchi e arrossati – avevo perso sin troppo sonno –, si persero ancora nel catturare quanti più dettagli riuscissero a scovare nelle porzioni di pelle scoperta – che erano ben poche, ovviamente.
Il suo collo liscio e invitante, le sue mani affusolate, il suo volto rilassato. Sembrava proprio che Megan non temesse alcun agguato da parte mia. D'altra parte, le avevo promesso di fare il bravo, no?
Sospirai leggermente. Con tutto quel ben di Dio davanti, avrei potuto starmene buono buono fino a venerdì? Allungai la mano destra verso di lei. Con estrema leggerezza, sfiorai la manica lunga del pigiamone che teneva addosso. Quel morbido tessuto aizzò, dentro di me, l'impellente desiderio di scoprire che la sua pelle non fosse da meno.
Scostai le dita, di scatto. Non dovevo fare passi falsi, altrimenti sarebbe stata la fine. Avrei senz'altro potuto trovare un'altra donna che corrispondesse ai miei canoni estetici. Peccato che, quando ero in missione speciale, non potessi flirtare con nessuna. Per farla breve, potevo giocare in casa, ma non in trasferta.

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