Presi a mescolare con disinvoltura la zolletta di zucchero che avevo gettato nella tazza di caffè, i miei occhi fissi in un punto indefinito della cucina. La sera prima mi ero addormentato come un bambino sul divano e avevo riaperto gli occhi alle sette in punto del mattino, sbirciando immediatamente il cellulare. Non c'era alcun nuovo messaggio, perciò avevo pensato di andare subito in cucina e preparami una colazione sostanziosa in vista della giornata che mi attendeva. Non conoscevo i gusti di Megan, perciò presi le prime cose che mi capitarono a tiro e le posai su un vassoietto di plastica. Cornetto semplice, spremuta d'arancia e fette biscottate con annessa marmellata di lamponi. Avevo aperto la credenza e preparato il tutto cercando di fare il minimo rumore, convinto del fatto che lei stesse ancora dormendo. O meglio, cercavo di convincermi che fosse così, ma in verità la pensavo del tutto sveglia, magari stava persino rimuginando sulla serata trascorsa insieme. Su come la stessa fosse terminata. Su quel poco che ci eravamo raccontati.
Arricciai il naso. Lei rimaneva un mistero, per me. Un mistero che forse sarebbe rimasto insoluto, un mistero che non si premurava di svelare. Sapevo che in lei c'era dell'altro, molto altro, e se all'inizio quel suo modo di fare così sfuggente mi attraeva, adesso provocava in me una forte repulsione. Avrei voluto che si confidasse con me, se davvero voleva guadagnarsi la possibilità di far funzionare le cose. Ma le cose, tra di noi, avrebbero mai potuto funzionare? Lasciai quella domanda in sospeso e, mentre fluttuava nella mia mente, sentii il rumore di una porta. Quella porta.
Smisi di bere il caffè e guardai dinanzi a me, in attesa. Il rumore dei suoi passi era appena percepibile. «Buongiorno, Malcom.» La scandagliai da cima a fondo. Maglietta a mezze maniche rigata con uno stemma floreale, pantaloncini lunghi di cotone, capelli raccolti. Era vestita in modo semplice e questo si confaceva molto all'immagine che mi ero fatto di lei agli inizi, senza contare che nel suo sguardo vidi impressa una serietà tale che mi sembrò quasi di trovarmi a un funerale. La cosa mi dispiaceva, non potevo negarlo, ma al tempo stesso sentivo che quel sentimento non mi apparteneva del tutto.
«Come ti senti?» le chiesi, facendole cenno di sedersi. «Mi sono permesso di preparare qualcosa. Ho preso tutto dalla dispensa e—»
«Ti ringrazio tanto. È stato un gesto molto carino da parte tua.» Fece un mezzo sorriso e si sedette di fronte a me, lo sguardo rivolto al cornetto. Lo addentò di malavoglia e notai che faceva di tutto per non guardarmi. Il silenzio che regnava in quella cucina faceva più rumore dei pensieri che stavo coltivando dentro di me.
«Megan, noi due dobbiamo—»
Il mio telefonino squillò all'improvviso. Sobbalzai dalla sedia. Lo afferrai e, senza pensarci, risposi immediatamente. Spalancai gli occhi. «Sì? Ehi, ciao. Adesso? Certo che sì, dammi venti minuti e sono da te. D'accordo. A tra poco.» Mi sgranchii le gambe e riposi il cellulare in tasca, un ultimo morso alla fetta biscottata e un buon sorso di caffè.
Megan abbozzò un sorriso amaro. «Era lei, non è così?»
Mi grattai la nuca, decisamente imbarazzato. «Sì. Sai, mi ha chiesto un aiuto e—»
«Vai pure. Non voglio certo tenerti in ostaggio qui. Semmai vorrai dirmi qualcosa d'importante, potrai farlo più tardi.»
Afferrai d'istinto la confezione di sigarette dalla tasca e me la rigirai tra le mani. «Mi dispiace tanto per ieri sera. Davvero. Non avrei dovuto cedere, credo sia stato un errore.»
Lei sostenne, a fatica, il mio sguardo. «Lo penso anch'io. Anche perché si sentiva che non eri del tutto a tuo agio in quel momento. Eri sin troppo concentrato su te stesso. Ma, allo stesso tempo, ti ho sentito distante come non mai.»
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Oltre L'Orizzonte
ChickLit[COMPLETA] Malcom Stone è un pretenzioso caporedattore, nonché affascinante quarantenne con una fissa smodata per le belle donne. Ma arriverà il giorno in cui tutto cambierà e l'incallito casanova sarà costretto a fare i conti con i propri demoni in...