Capitolo XVI - (Non) Fai Rumore

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Un intero mese. Era trascorso un mese esatto da quando avevo tagliato i ponti con Benedetta. Non che lo avessi davvero voluto, il mio più recondito desiderio sarebbe stato quello di continuare a confidarci come ai vecchi tempi e come se nulla fosse, ma era ovvio che tra noi fosse ormai calato il gelo. Un muro imponente, un muro costellato da interminati spazi e sovrumani silenzi, avrebbe detto il mio caro Leopardi. Per quanto mi costasse ammetterlo, sentivo la mancanza del nostro rapporto. La mancanza di quelle telefonate anonime che, più di tutto, mi avevano restituito quella speranza, quella joie de vivre, quello spirito audace di cui per tanto, troppo tempo, avevo fatto a meno. Benedetta aveva riaperto in me una voragine piena di sentimenti positivi. Senza neanche avvedermene, avevo ripreso confidenza con ogni singola parte di me. Con il mio corpo, con il mio cuore. Con il mio tutto, o quasi. Mancava soltanto il cervello, ma, in buona sostanza, avevo fatto pace con tutto quanto. E la mancanza del suo sorriso, di quel sorriso, del buonumore e dell'ottimismo che lei riusciva sempre a sprigionare, nonché a infondermi, si stava facendo sentire più del normale. Sentivo che, dentro di me, lei faceva rumore. Fin troppo rumore. A quel pensiero, il mio cuore perse un battito.

Soltanto in questi ultimi tempi, mi ero accorto di quanto la sua presenza mi avesse fatto davvero bene e, forse, mi aveva persino impedito di cadere di nuovo in un baratro foriero di subdole tentazioni e pochezza interiore. Ammetto che, sul finire dell'anno precedente, avevo percepito di nuovo l'ombra di un'amarezza che mi avrebbe ucciso definitivamente, se solo non l'avessi incontrata. Durante quella sessione di jogging, mi ero scontrato con quella ragazza, e da allora non mi era più passato per la testa di tornare a chiudermi in me stesso. Con lei avevo condiviso tanto, mi ero aperto come mai avevo fatto con le altre donne, e questa era una prova del fatto che di lei mi fidavo. Oltre alla fiducia, però, vigeva una stima profonda.

Non erano state rare le volte in cui ci avevano chiesto se io e lei stessimo insieme, soprattutto quando andavamo a fare colazione prima di scappare al lavoro; tanta era la complicità e la confidenza che si era creata. Ero sempre io a rispondere, con la tipica nonchalance di cui spesso mi servivo – accompagnata, tra l'altro, da un risolino sommesso – che io e lei eravamo dei semplici colleghi, e nulla più. Non mi ero mai premurato di indagare a fondo sui sentimenti che lei, a quanto pare, aveva sempre nutrito per me, forse perché, in sordina, inconsciamente, non tolleravo l'idea di continuare a lavorare senza di lei. L'idea di poterla istruire, di poterla guidare alla stesura dei vari articoli e schede redazionali, era diventato il mio scopo di vita, o quasi. Adesso, però, quale sarebbe stato il mio scopo? Ne avevo ancora uno? Non sapevo rispondere a questa domanda.

Sapevo soltanto che Benedetta, per certi versi, mi aveva cambiato. Mi aveva aperto le porte a un mondo nuovo, o forse me l'aveva fatto riscoprire. Megan, invece, mi aveva aperto un mondo che, se all'inizio mi era parso meritevole di essere scoperto, successivamente mi era solo parso pieno di ricordi, di vecchie ferite, di inganni e recriminazioni. Sicuramente, per lei avevo provato qualcosa che andasse ben oltre l'attrazione, ma non ero certo di poterle provare ancora. Non ne ero certo perché, le ultime volte che avevo incrociato il suo sguardo, vi avevo visto soltanto il riflesso del tradimento. Lei mi aveva ingannato fin dall'inizio, facendosi passare per quella che non era. Lei, pur respingendo le mie avances da casanova, mi aveva sedotto, mi aveva fatto il lavaggio nel cervello. Ed eravamo finiti a letto insieme. Ero stato soltanto un pupazzo nelle sue mani, il disegno di una terribile e insospettabile vendetta, e adesso... non avrei voluto esserlo di nuovo.

In verità, non sapevo neppure io cosa volevo. Sapevo che tra me e lei, come tra me e Benedetta, c'era un qualcosa di irrisolto, un qualcosa che forse esigeva delle risposte, ma non sapevo se assecondare o meno quel folle proposito. Non ero mai stato un uomo facile, e i tradimenti non riuscivo proprio a tollerarli. Per quanto mi sforzassi, non potevo ignorarli. Consideravo la cosa contro natura. Ero disposto a concedere perdono, ma quasi certamente non ero disposto a fidarmi di nuovo. Questo ero io; e Megan, come qualsiasi altra persona, avrebbe dovuto saperlo.

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