Capitolo XVI - L'incastro Perfetto

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«Si sono ritirati tutti all'ultimo. Temo di non avere scelta.»

Trattenni a stento uno sbuffo. Non mi andava proprio di partire per l'ennesimo servizio, tra l'altro inerente ad aspetti economici che non mi interessavano per nulla. Ma potevo forse tirarmi indietro?

Il lavoro prima di tutto, mi ero sempre detto negli ultimi tre anni. Ma quella regola cominciava a starmi davvero stretta. Perché l'unica cosa che volevo stringere forte era Benedetta, perdermi con lei sulle ali di un sogno.

«Malcom, mi stai ascoltando?» domandò Ryan, un bicchiere di plastica contenente caffè nella mano destra.

«Ovvio.» Tirai una boccata di fumo, quindi spensi la sigaretta nel portacenere. «Quanto hai detto che dovrei fermarmi lì?»

«Tre giorni. Potrai sopravvivere senza di lei, no?»

«Ah-ah», feci io, ricambiando il suo sorrisetto sardonico.

L'espressione di Ryan si fece tenera. «Come va con lei?»

Mi persi in un sorriso genuino. «Benedetta è una ragazza molto speciale. Anticonformista, per certi versi. È molto diversa dalle donne con cui ho sempre avuto a che fare. E la cosa mi piace. Ci frequentiamo solo da un mese, eppure mi sembra di conoscerla da sempre. Siamo... sempre più intimi.» Provai un'intensa fitta al basso ventre. Mi mancava già il suo timido tocco su di me. E tutti quei baci roventi che mi regalava.

Gli occhi di Ryan si illuminarono. «Queste sono parole grosse, Malcom. Sono molto felice per te.»

«Ti ringrazio molto. Spero soltanto di non rovinare tutto.»

«Perché dovresti?»

Mi voltai verso la macchinetta del caffè e iniziai a prepararmene un altro. La mattina impiegavo più del solito per carburare. «Alle volte vengo assalito dai soliti dubbi, tutto qui. Ancora non riesco a credere all'idea di essere tornato a coltivare quei desideri che per tanto tempo avevo chiuso in un cassetto. Avevo giurato a me stesso che non mi sarei più messo nei casini per una donna.» Premetti il tasto play e la bevanda fu pronta in un attimo. «E invece, eccomi qui. A desiderare che questa giornata finisca il più presto possibile per poterci rivedere.»

«Puoi anche chiamarla di tanto in tanto nel tuo ufficio, non credo sia peccato», asserì Ryan facendo spallucce. Bevve l'ultimo sorso di caffè e socchiuse gli occhi al mio preferisco evitare.

Ryan si agitò sulla sedia. «E perché mai? State o no insieme?»

Sospirai. Con calma presi a mescolare il caffè nero appena preparato. «Voglio proteggerla—»

«Da cosa, di preciso? Perché ti giuro, proprio non lo capisco.»

In quel momento, l'impulso di spararmi un'altra sigaretta tornò prepotente. «Non credo ci sia bisogno di dirti cosa facessi tutti i lunedì in quest'ufficio fino a qualche anno fa.» Chinai il capo. Ero certo che Ryan sapesse molto più di quanto volesse farmi credere.

Ryan fece un sorriso tirato. «Non sei più quel tipo di uomo», tuonò. «Quindi di cosa ti preoccupi? I tuoi colleghi potrebbero solo invidiarti ed essere felici per te, sapendo della tua storia con Benedetta.»

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