Capitolo XI - Amare Realtà

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Gilberto si tirò su a sedere e prese a sfogliare la rivista di The Cars con un certo interesse. L'ultimo numero, uscito nelle edicole qualche settimana prima, aveva ottenuto un discreto successo in termini di vendite e lui non poteva esserne più contento. Peccato non potesse dire lo stesso della sua vita privata, ma, in fin dei conti, la perfezione non esisteva. L'uomo inforcò gli occhiali da vista e si apprestò a scartare quegli argomenti che, a suo giudizio, apparivano meno intriganti rispetto ad altri, protagonisti, invece, del prossimo mensile. Dopo quanto successo con Megan, aveva deciso di prendersi un po' di tempo per sé, e concentrarsi sul lavoro gli era sembrata una buona soluzione. Magari lo avrebbe aiutato a decidere il da farsi, o almeno era quello a cui auspicava. Lui e Megan non avevano ancora parlato a cuore aperto della spinosa questione e si erano limitati, nelle loro interazioni a dir poco infelici, allo stretto indispensabile; ed era stato proprio in quei momenti che Gilberto aveva capito che lei, molto probabilmente, non aveva mai provato alcunché di rilevante nei suoi confronti. Alla luce di questo, Gilberto non aveva più cercato nessun tipo di contatto fisico con lei, nemmeno il più semplice e innocente. Non se la sentiva, ma d'altra parte sapeva che Megan avrebbe rifiutato qualsiasi approccio da parte sua. Anche una semplice stretta di mano sarebbe stato troppo. 

L'uomo rialzò il capo. Era stato accecato così tanto dall'amore che provava per quella donna, da non essersi davvero reso conto nell'immediato che Megan non avrebbe mai potuto nutrire una forte passione nei suoi riguardi, che non avrebbe mai fatto l'amore con lui nel modo in cui sperava, che non ci sarebbe mai stata complicità alcuna. Distrutto dal dolore, aveva passato una settimana infernale piangendo giorno e notte, spesso rinchiudendosi fino a tarda ora nel suo studio. Ma, a un certo punto, aveva detto basta. Da un paio di giorni non versava più neanche una lacrima, non si era mai sentito così lucido. Da una parte, si sentiva persino sollevato. Schiavo del suo amore, ma allo stesso tempo libero. Non avrebbe più dovuto smuovere mari e monti per cercare di farsi amare da lei, non avrebbe più dovuto fingere di essere qualcun altro, di vestirsi in modo diverso dal solito solo per farle piacere, di domandarsi costantemente dove sbagliasse. Di chiedersi perché lei non lo desiderasse neanche un po'. Si guardò per un momento. Magliettina a righe bianche e blu e jeans di fortuna. Finalmente poteva dirlo: stava tornando in sé. Con fare cogitabondo e un barlume di sincera soddisfazione, rimise gli occhi sulla rivista e ne cassò un'altra pagina. Avrebbe dovuto fare proprio così. Cancellare dalla sua mente i ricordi sgraditi e cercare di farsene una ragione. Ricominciare tutto daccapo, per quanto difficile potesse essere – e lo era, Dio, se lo era! –. Trascorsa una mezz'ora di puro lavoro, qualcuno bussò alla porta del suo ufficio. Gilberto alzò la testa, gli occhi sbarrati. Si sorprese non poco nel vedere che si trattava proprio di Megan.

«Ciao», esordì lui, senza scomporsi. «In cosa posso esserti utile?»

Lei fece un mezzo sorriso che testimoniava tutto il suo disagio, accompagnato da una palpabile tristezza. «Come procede il tuo lavoro?»

«Piuttosto bene, a dire il vero. Il tuo?» Inarcò un sopracciglio e studiò il volto della consorte, se ancora tale poteva definirsi. Sembrava più pallida del solito. Eppure... «Non hai una bella cera.»

«Non ho dormito molto in questi giorni», rispose lei, ricambiando il suo sguardo.

«Nemmeno io, se è per questo.» Ho passato nottate piene d'angoscia pensando a te. Sospirò. La trovava comunque meravigliosa, non peraltro il vestitino che indossava risaltava le sue forme in modo naturale. «Allora, di cos'hai bisogno?»

«Di nulla, sta' tranquillo. Volevo soltanto dirti che me ne vado.»

L'altro annuì di sfuggita, di nuovo gli occhi fissi sulla pagina del giornalino. «D'accordo, allora ci si vede a casa. Così avremo modo di parlare, se ti va.»

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