Capitolo 37

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La luna era alta nel cielo quando Billie aprì gli occhi, si era addormentata davvero nonostante continuasse a ripetere a sè stessa di non farlo per nessuna ragione ma alla fine la stanchezza aveva ceduto facendola cadere in quel, solitamente magico e surreale, mondo dei sogni che quella notte però non sarebbe mai potuto essere più bello della realtà.
L'intensa luce della luna illuminava la pelle di Candace rischiarandola fino a farle assumere un'aria più innocente del solito, le palpebre erano chiuse e le lunghe ciglia scure fremevano appena, il collo candido era scoperto e così bianco e puro che la mano di Billie si sentì costretta ad accarezzarlo, era una fortuna che si fosse svegliata perché non si sarebbe voluta perdere per nessuna ragione al mondo quello spettacolo ormai diventato così raro e prezioso.
Teneva tra le dita i suoi capelli neri giocando a intrecciarli e scioglierli pensando a quante altre notti avrebbe voluto passare così, non era successo niente se non che Candace aveva pianto per la prima volta, aveva finalmente pianto dopo più di 10 anni in cui si conoscevano e lo aveva fatto per lei, con quel gesto Billie si era sentita di nuovo importante consapevole di non essere una delle tante ma anzi l'unica in grado di scuoterla in tal modo da farle scendere quelle lacrime così tanto attese.
L'aveva poi abbracciata finché non era diventato troppo freddo per stare fuori e abbassando i sedili si erano stese nella sua macchina dove avevano passato le ore immobili in silenzio a baciarsi e sorridersi come delle ragazzine troppo timide per rivelare alla luce del sole il loro amore ma troppo innamorate per non viverlo nel buio della notte.
Candace infine si era addormentata con la testa sul petto di Billie che aveva trascorso attimi interminabili a osservare quella ragazza che con tutto il poco coraggio che non le era stato già consumato le aveva rivelato di essere ancora innamorata di lei, la più grande era stata amata diverse volte prima ma in quel momento sentiva come una vocina che le sussurrava che era stata fatta per lei, di appartenere a lei e di combaciare perfettamente con quell'anima così pura, gentile, innocente che Candace custodiva dentro di sé.
Mentre la più grande pensava a tutto questo, mentre era finalmente felice e mentre si stava dimenticando anche se solo per un attimo di tutto il resto dei problemi che pullulavano nella sua vita l'interno dell'auto venne illuminato da una luce molto più artificiale di quella candida e gentile della luna, una luce sgarbata, sgraziata e finta che portava brutte notizie.
Il telefono di Candace si accese emettendo un leggerissimo segnale acustico, Billie non lo fece consapevolmente ma si voltò verso quella fonte di rumore e luce per capirne la provenienza e appena individuata cercò di ignorarla, eppure fu impossibile non interessarsi alla raffica di messaggi che stavano arrivando.
Fu più forte di lei, si sporse appena verso lo schermo per vedere ciò che in realtà desiderava non dover mai leggere.
Keith Davern:
- Non riesco a dormire
- Ti sto pensando da due ore
- Vorrei che tu fossi qui con me
Billie afferrò il telefono con l'intenzione di scagliarlo con tutta la sua forza fuori dal finestrino, oppure distruggerlo per evitare che lui potesse contattarla di nuovo ma si limitò a tentare di spegnerlo, non voleva pensare a nulla quella sera, voleva solo stare con Candace e continuare a guardarla mentre dormiva dove non poteva essere di nessun altro se non sua.
Fu quando stava per premere il pulsante di spegnimento che la ragazza più piccola si riprese indietro il suo telefono dimostrando così di essere sveglia < Cosa stai facendo Billie? > chiese poi con la voce un po' roca.
La più grande rimase immobile per un paio di secondi fissando la mora intensamente finché questa appoggiò nuovamente il telefono sul sedile di fianco a loro e mettendosi seduta le toccò la spalla per confortarla, un altro suono però rivelò un ennesimo messaggio svuotando Billie di ogni sicurezza.
Keith Davern:
- Ti amo Candace
Billie scoppiò in lacrime.
Era inutile dirlo ma tutta quella forza che mostrava, quella cattiveria che assumeva e indifferenza che si portava dietro non erano altro che una corazza perfettamente costruita per eludere la sua indole debole e insicura che aveva continuamente bisogno di certezze, certezze che in quel preciso momento le stavano venendo strappate via.
Lui la amava e cosa frenava lei dal non amare lui?
Era perfetto, bellissimo, più grande, buono, gentile, intelligente e premuroso, non aveva un singolo difetto, per quale motivo quindi Candace avrebbe dovuto scegliere una come lei? Una ragazza instabile che non sapeva cosa voleva, una persona dall'atteggiamento bipolare che si era comportata da stronza anaffettiva, perché avrebbe dovuto? Non c'era una sola ragione.
Poteva comprendere perché l'avesse amata una volta, non c'è bisogno di avere poca autostima o una famiglia disfunzionale alle spalle per cadere in relazioni sbagliate, a volte basta essere soltanto troppo innamorate, perennemente pronte a vedere luce negli altri anche negli antri più bui e insondabili ma ricadere nello stesso errore era da stupidi e Candace non lo era affatto.
La maggior parte delle persone di poco valore è totalmente incapace di riconoscerlo negli altri, la parte restante lo riconosce e invidiandoli lo nega, quanti individui Billie aveva conosciuto così, quanti ragazzi le erano piaciuti che si potevano tradurre in quel concetto, quanti ne aveva incontrati che si sentivano invincibili e senza aver mai alcun torto, ma non Candace.
Lei era una bella persona e le belle persone si distinguono, non si mettono in mostra, semplicemente si vestono ed escono tra gli altri.
Chi può le riconosce e lei aveva avuto la fortuna di farlo.
Di incontrarla, di scoprirla, di farsi voler bene e soprattuto di amarla e ora un altro lo stava facendo al posto suo.
< Lui ti ama > disse Billie tra le lacrime capendo forse solo in quel momento che l'altra era andata avanti in tutto quel tempo e non era affatto rimasta ad aspettarla, talmente avanti da aver fatto innamorare qualcun altro di lei, non che ci volesse molto ma comunque era successo prima di quanto Billie si immaginasse.
< Billie > sussurrò Candace toccandole la guancia per allontanare quelle lacrime taglienti dal suo volto, non poteva fare altro se non stare lì insieme, d'altronde pensava che la più grande sapesse cosa provasse Keith per lei eppure quella reazione manifestava il contrario.
< Avete scopato? > glielo chiese con quel tono di indifferenza, nello stesso identico modo in cui lo aveva domandato al ragazzo su quelle fredde tribune poco prima della partita di calcio ma non arrivò alcuna risposta, Candace le afferrò il viso imprimendo le sue labbra su quelle piene di Billie cercando di cancellare quell'espressione triste dal suo volto, vederla piangere era una sofferenza e sentire la sua bocca bagnata e salata alleviava un po' quella sensazione di dolore che però si sarebbe ripresentata ancora più forte una volta staccatesi per prendere ossigeno.
Fu Billie questa volta che afferrò le mani della piccola e gliele staccò dal suo viso, non voleva più non sapere, aveva bisogno di risposte e la ragazza doveva dargliele, così glielo chiese di nuovo.
Candace continuò a fissare un punto indefinito fuori dai finestrini, a Billie quell'espressione ricordava tanto la sua quando da piccola arrabbiata e delusa cercava di concentrarsi su quelle tre cose che la facessero felice per evitare di esplodere, sguardo assente, bocca mogia, occhi di ghiaccio.
Non le importò nulla e glielo domandò ancora.
< Avete scopato, Candace? > questa volta le prese il viso senza grazie e gentilezza ma con il solo scopo di riportare l'attenzione della ragazza verso di sè, adesso i due ambrati occhi verdi carichi di malinconia la stavano fissando con più dolore di quanto pensava si potesse provare.
Billie annaspò.
La sua mano destra si strinse talmente forte da farle diventare le nocche completamente bianche e la mascella si serrò fino a farle male, le lacrime che prima avevano interrotto il loro corso ripresero quella mortale discesa verso gli zigomi.
Non poteva credere che qualcun altro l'avesse potuta toccare, avesse potuto baciare quei punti e vedere il suo corpo nudo senza più barriere.
Senza più censure.
Non era giusto.
Prima che la mora rispondesse lo schermò si illuminò di nuovo, la più grande cercò di scorgere ogni singolo carattere accecata dalla rabbia verso sè stessa ma ciò che lèsse non la tranquillizzo.
Keith Davern:
- So che è tardi e domani mi considererai pazzo quando leggerai questi messaggi ma devo dirtelo.
Non vedo l'ora che arrivi quel momento.
Candace spense definitivamente il telefono lanciandolo in fondo all'auto come muta protesta per essersi fatta rovinare un momento così dolce e genuino ma d'altronde quella era la sua vita e non poteva fingere che non esistesse.
< Che momento? > chiese Billie tirando su con il naso ma Candace non rispose di nuovo.
< Che momento Cos? >
< No...io...>
< Di che fottuto momento sta parlando? >
Ormai conosceva Billie e sapeva perfettamente che avrebbe continuato a ripetere quella domanda finché non avesse ricevuto una risposta così per evitare altre urla e pianti decise di affrontare subito la situazione e dirle la verità.
Candace la guardò cercando di utilizzare il tono più gentile e comprensivo possibile per non farla soffrire ancora più di quanto già non stesse facendo e accarezzandole una mano le parlò < Il giorno del mio compleanno, io...io gli ho promesso di, beh ecco gli ho detto che sarebbe stata la prim...il giorno in cui...> prese un grosso respiro < La nostra prima volta insieme, ecco. >
Emozioni contrastanti si dimenarono nel cuore di Billie, da una parte quindi aveva la certezza che loro due non fossero mai stati insieme ma dall'altra sapeva che lo avrebbero fatto a breve.
< Ma è il tuo compleanno > protestò Billie.
< Cosa? >
< È il tuo compleanno non il suo eppure sembra che tu stia facendo un regalo a lui >
Candace scosse la testa < E invece lo sto facendo a me >
< E che regalo sarebbe scopare con quel...>
< Il regalo consiste nel non morire più dietro a te > la interruppe < Sai che sei stata l'unica persona con cui abbia mai fatto sesso e forse è arrivato il momento di cambiare questa cosa. È una questione più mentale che fisica ma devo superarla e sapere che può succedere anche con qualcun altro, per andare avanti. >
Candace credeva davvero a tutto ciò che stava dicendo, sarebbe voluta andare fino in fondo con Keith già da un pezzo ma si sentiva in qualche modo colpevole nei confronti di Billie, lei stessa glielo aveva dimostrato quella notte reagendo in un modo tanto possessivo ma la piccola era sempre impotente nel suoi confronti e voleva cambiare.
Lui le piaceva, forse non ne era innamorata ma il sesso non é una prerogativa esclusiva dell'amore e forse credeva che la sua ossessione per Billie fosse proprio dovuta a quelle memorie che condivideva solo con lei, se avesse fatto esperienze simili con altro forse avrebbe tutto quanto perso valore, persino Billie.
< No, ti prego Candace> la implorò tra le lacrime.
< Ma noi non stiamo più insieme! > le ricordo, forse quasi più per rammentarlo a sè stessa.
< Ti prego non farlo Cos > le sue mani adesso stringevano le spalle della più piccola mentre la supplicava di ascoltarla e questa intimidita chiuse gli occhi per non dover interfacciassi con quelli distrutti dal dolore della ragazza che amava.
< Ti supplico, stai con me, ama me >
< Non posso >
< Perché no? >
< Perché non voglio soffrire di nuovo > confessò Candace riaprendo le palpebre < Non posso e non voglio amare qualcuno con tutta me stessa, qualcuno che poi non mi ricambia nello stesso modo >
< Stai zitta > la fermò Billie cercando con tutte le sue forze di non piangere per apparire un po' più seria e minacciosa < Non è vero >
< non è vero cosa? >
< non è vero >
< Ma cosa Billie? Cosa? >
Non riusciva a confessarlo, non riusciva a urlare quella verità ormai così palese anche agli occhi della più piccola.
< Dillo! > gridò Candace ma il suo urlo venne soffocato da un bacio della ragazza che ormai bisognosa di lei le tolse la maglietta gettandola sul retro della macchina.
Erano ancora lì.
Ancora nella stessa identica situazione.
Un girone infernale che da sole si costruivano e da sole condannavano.
Un turbinio di sofferenze e dolore che veniva ripetuto solo per quel breve istante di felicità dove danzavano con l'amore.
Quel sentimento non esplicitato a parole e a volte neanche a fatti perché se vogliamo essere sinceri un innamorato non si comporta così, non si prende gioco di sè stesso e dell'altro, non ripete gli stessi errori solo per un futile piacere e non mente. Mai e poi mai.
Un innamorato si nutre di vita, ride, piange, soffre, ama, parla, ascolta, si muove, sta fermo, esiste anche quando non esiste l'altro ma è un'esistenza meno nobile, non vive per lui ma con lui e Billie non solo non lo sapeva ma non avrebbe compreso come fare, lei che era sempre stata totalizzante, lei che vedeva sempre tutto bianco o nero come poteva rimanere in bilico tentando di reggersi in quel limbo caratterizzato dal dolce e precario equilibrio dell'amore?
Come poteva sapere quando essere presente e quando essere assente? Proprio lei che o amava o odiava senza ritegno e senza avere una vera e propria ragione.
Non poteva. E non lo fece. Non in quel momento.








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