Capitolo 59

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[ Billie ]

Sorrido al mio riflesso nello specchio mentre mi sistemo meglio il microfono attaccato all'orecchio.
Finisco di acconciarmi i capelli in quei due codini che ero solita farmi gli anni scorsi prima di ogni concerto, è un po' di tempo che non me li rifacevo ma d'altronde dopo essermi tagliata i capelli così tanto non credevo che sarei riuscita a realizzarli di nuovo.
È tutto perfetto.
L'adrenalina prima di salire sul palco.
La folla che grida il mio nome.
Sento solo cori di "Billie Billie Billie" da ogni direzione.
Una volta tutto questo mi destabilizzava perché non sapevo dove avrei dovuto guardare, cosa avrei dovuto dire o fare ma adesso mi rende solo incredibilmente fiera di me stessa, di quello che ho costruito, degli obbiettivi che ho raggiunto.
Do un'ultima occhiata alla scaletta e sorrido pensando alla prima canzone con cui aprirò questo concerto.
Happier than ever è la mia preferita in assoluto, mi rispecchio in ogni strofa, sento ogni parola, ogni nota e ogni minuscolo significato nascosto.
È la mia canzone.
La canzone della mia storia.
Parla di me e anche un po' di te ma non vedo l'ora di essere io a parlare per lei così mi alzo dalla comoda sedia sulla quale mi sono dovuta sorbire almeno tre ore di trucco e mi dirigo verso la porta per avviarmi a fare il mio ingresso sul palco.
Ho sempre chiesto a tutti i miei collaboratori di lasciarmi da sola prima di un concerto, di non interferire in quei pochi minuti che mi vengono lasciati tra la prova costume e la mia effettiva entrata in scena dato che è il breve attimo più importante per acquisire concentrazione e prepararmi psicologicamente, eppure adesso qualcuno sta cercando forzatamente di abbassare la maniglia della porta sul retro come se non sapesse che quella viene sempre tenuta chiusa per ragioni di sicurezza.
< Sto uscendo > dico con voce scocciata dando una rapida occhiata al mio telefono per controllare l'ora < E non sono così tanto in ritardo comunque > aggiungo infastidita dal fatto che qualcuno ha interrotto quei pochi minuti di pace e serenità ma il rumore continua intervallato anche questa volta da un paio di forti colpi alla porta.
< Arrivo! > esclamo cambiando direzione per andare ad aprire a quello che ormai credo sia un macchinista sbadato che si è erroneamente chiuso fuori < Calmati >
Passo dopo passo arrivo davanti alla porta incriminata e mi rendo conto solo quando ormai ho girato la chiave che in realtà non mi sono minimamente accertata di identificare la persona che sta tentando di entrare, potrebbe essere un fan che è stato capace di eludere la sorveglianza o uno stalker che é riuscito a trovarmi oppure...
Cerco di applicare pressione alla porta per non far entrare lo sconosciuto ma è più forte di me e in un attimo perdo l'equilibrio cadendo sulla morbida moquette che ricopre il mio camerino, alzo immediatamente lo sguardo per identificare la persona che si trova davanti a me e spalancando la bocca rimango scioccata.
< Candace? >
< Se avessi aperto due secondi dopo quelli della sicurezza mi avrebbero sicuramente presa > dici con il fiato corto mentre ti preoccupi di richiudere la porta dietro di te.
< Candace? > ripeto come per ricevere la conferma che sia davvero tu e come per rispondermi ti giri verso di me spostandoti una ciocca di capelli neri dal viso che coprendoti gli occhi impedivano la tua vista.
< Ciao Billie > dici semplicemente un po' imbarazzata porgendomi una mano per aiutarmi ad alzarmi, accetto la tua stretta anche se sono ancora completamente confusa da tutto ciò e appena mi ricompongo ti osservo che mi scruti da capo a piedi.
Perché ti stai comportando come se tutto questo fosse normale quando tu non dovresti affatto essere qui?
No davvero, perché sei venuta da me?
Cosa sta succedendo?
Vorrei chiedertelo ma come l'ultima volta che ti ho vista le parole mi muoiono in bocca e sono incapace di intavolare una qualsiasi frase o discussione.
Sei tu per fortuna che inizi a parlare < Scusami se sono piombata qui all'improvviso spaventandoti >
Deglutisco osservando i tuoi occhi un po' stanchi che ricordano tanto i miei degli ultimi anni, quell'espressione un po' cadente, mogia e disinteressata, quell'aria afflitta e demotivata.
Quando io ero così stavo vivendo uno di quei momenti in cui l'angoscia ti risucchia nel suo infinito vortice di depressione ma tu, tu non mi sei mai sembrata una persona capace di finirci dentro quindi devo chiedertelo.
< Cos'è successo? Stai bene? >
È ovvio che c'è qualcosa che non va, ecco perché sei qui, ecco perché sei venuta da me, ora ho solo bisogno di capirne il reale motivo.
Tu scuoti impercettibilmente la testa e immediatamente distogli lo sguardo dai miei occhi come se trovarteli davanti ti desse fastidio e la tua visuale si focalizza sul foglio della scaletta del concerto che ho appena finito di consultare.
< Happier than ever > leggi sorridendo < Mi dispiace >
Ti giuro Candace che raramente in vita mia mi sono sentita così confusa e spaesata < Come dici? >
< Che mi dispiace >
< E di cosa? > chiedo anche se non é quella la vera domanda a cui vorrei rispondessi < Perché sei qui Candace? >
Ma tu mi ignori scegliendo di concentrarti sul discorso che hai iniziato < Mi dispiace che tu abbia sentito quei messaggi vocali >
Gelo.
Silenzio.
Ricordi.
Lo sai, hai ascoltato la canzone e sai che c'è un po' di te in quel testo.
Non dico nulla così tu continui a parlare < Sappi che non ho mai pensato davvero alle cose che ti ho detto >
Come un flashback rivivo quel momento.
Sono seduta nel letto di Finneas e lui si è momentaneamente allontanato per prendere dell'acqua dalla cucina, anche la mia di gola é un po' secca dato che è tutto il pomeriggio che cerchiamo di scrivere una nuova canzone improvvisando rime e strofe con la voce ma non ho voglia di alzarmi e distrattamente prendo il mio telefono per controllare le notifiche.
Ci sono diversi messaggi in segreteria, senz'altro qualcuno mi deve aver chiamato mentre stavamo cantando e dato che metto sempre il telefono in silenzioso non sono riuscita a rispondere.
Il mio cuore si gela quando leggo il tuo nome.
Perché mi hai cercata?
Erano mesi che non ti facevi viva.
Forse per il caldo che c'è fuori o forse per questa sorpresa inaspettata inizio a sudare incontrollatamente e senza sapere bene che cosa vorrei sentire da quei messaggi vocali mi avvicino il telefono all'orecchio.
< Ti rendi conto che non riesco a dimenticarti? Ti odio per questo Billie, te lo giuro. Se fossi qui ti ucciderei con le mie stesse mani per farti provare anche solo un briciolo di tutto il male che mi stai facendo >
Scoppio a piangere.
Sento dei clacson in sottofondo, sei ubriaca Candace?
< Cosa stai facendo adesso, me lo dici? Perché io sto impazzendo ad immaginare cosa fai senza di me. Forse sei arrivata in Texas, vero? Dovresti fare una tappa a Dallas tra pochi giorni o sbaglio? Beh sai cosa ti dico? Non me ne frega un cazzo >
La tua voce é così instabile e arrabbiata. Non ti riconosco minimamente.
< Devi sapere Billie che sei la cosa peggiore che mi sia mai capitata. >
Ecco, questo è l'esatto momento in cui il mio cuore si è spezzato
Sono addirittura riuscita a sentirne il rumore.
< Vorrei non averti mai conosciuto! >
Le lacrime mi impediscono di vedere ciò che sta accadendo nella stanza, sento solo la voce ovattata e distante di Finneas che mi chiede perché io stia piangendo.
< Maledetto il giorno in cui sono andata al centro commerciale con mio padre! Maledetto il giorno in cui ho guardato quel fottuto cartello con il cavallo e maledetto mio padre che lo ha criticato. Se solo avessi scelto un fottuto giocattolo come regalo sarebbe stato meglio! >
Le braccia di mio fratello mi circondano e io lascio cadere il telefono chiudendomi nel buio e freddo luogo che è diventata la mia vita da quando te ne sei andata.
Dove tutto appare incredibilmente più triste e insensato.
< Billie? > questa è la tua voce, sono tornata alla realtà, non sono le mani di Finneas quelle che mi accarezzano il braccio ma le tue.
Dopo essermi ricordata di quei messaggi vocali fin troppo spiacevoli un po' della rabbia che provava la me del passato nei tuoi confronti è riaffiorata e ricordo perfettamente perché ti ho lasciato andare via guadandoti dal mio portico quella fredda notte di dicembre, eppure sono estremamente grata del fatto che tu ora ti stia scusando con me per le tue azioni.
< Per un po' ho creduto che non li avessi mai ascoltati > mi confessi < Beh ci ho sperato dato che...Non mi hai mai risposto >
< E cosa avrei dovuto dire? > chiedo con la voce rotta allontanandomi da te.
Non rispondi.
< Anche se ho fatto schifo e me ne pento lasciatelo dire > sussurri dispiaciuta dalla distanza che ho messo tra noi due < Quella canzone è un capolavoro >
< Lo so > ti rispondo freddamente ma invece che prendertela sorridi, sei forse felice perché finalmente dopo tutto questo tempo sono in grado di capire che quello che faccio vale? Che quello che sono vale? Perché se è così forse dovresti andartene dato che io non riesco più a sopportare la tua presenza.
Mi destabilizzi.
Ora capisco perché hai avuto quella reazione mesi fa quando ti ho voluta come chef a quello stupido catering.
Bussano alla porta, adesso sono davvero in ritardo.
< Arrivo! > grido ma non ho alcuna intenzione di lasciare questa stanza senza una risposta < Perché sei venuta fin qui Candace? Proprio pochi mesi dopo avermi implorata di andarmene e quando non hai mai risposto alla lettera che ti ho inviato? >
Non dici nulla.
Non sorridi nemmeno.
Rimani ferma, immobile mentre sposti lo sguardo di nuovo verso i miei occhi.
Ho caldo adesso ma fuori ci saranno si e no cinque gradi.
< Per quale cazzo di motivo sei qui Candace? > dico alzando la voce ma la tua proprio non ha intenzione di palesarsi.
Non parli, fai di meglio.
In un secondo annulli la distanza che avevo messo tra noi due e mi ritrovo avvinghiata a te in un dolce bacio.
Dopo due anni.
Dopo tutti i pianti.
Dopo le grida.
Le urla.
Il dolore.
Dopo quei messaggi.
Dopo la solitudine.
Dopo la lontananza.
Dopo nuove storie d'amore.
Dopo nuove persone.
Dopo che mi hai chiesto di lasciarti di nuovo sola.
Dopo tutto ci sei sempre tu.
E ci sono sempre le tue labbra.
Il tuo sapore.
Non è mai stato diversamente e mai lo sarà, lo capisco ora, in questo momento, in questo camerino scarsamente illuminato che mi permette però di vederti perfettamente.
Mi ero dimenticata cosa significasse tutto questo e anche se nel bacio che mi stai dando non c'è il minimo di dolcezza io la riesco a sentire, la riesco a sentire nonostante il doloroso scontro delle nostre labbra, il muoversi della lingua che ispida cerca di insinuarsi nella mia bocca e l'affanno che provi a giudicare dal tuo respiro corto.
È un bacio rude, sgraziato, aggressivo ma come potrebbe essere diverso dopo due anni? Come potrebbe non essere così dopo che siamo state lontane così a lungo?
La stessa esigenza che provi tu la sto sentendo anche io, l'esigenza che mi grida di volerti, che mi fa bramare di averti, quella scintilla che presto diventerà un incendio se solo non faccio qualcosa per impedirlo.
Quando ti scosti dalla mia bocca ansimi appena e hai paura.
Temi che tutto questo non mi sia piaciuto, temi che ti urlerò in faccia, che ti respingerò oppure che possa chiamare la sicurezza ma forse io volevo questo bacio più di quanto lo volevi te quindi non ho intenzione di fare nessuna di queste cose.
Rimaniamo ferme per qualche secondo a guardarci e poi quando ti stai per riavvicinare apro la bocca < Perché sei qui Candace? >
Rispondimi.
Adesso devi rispondermi.
E forse lo avresti davvero fatto se solo la porta del camerino non si fosse spalancata.
< Billie sei in ritardo, cosa stai facendo? > È la voce di Finneas che entrando nel camerino sgrana gli occhi appena ti vede < Candace? >
< Allora, dov'è la mia Billie? > questo invece è Matthew che si chiude la porta alle spalle trovandosi di fronte una scena al quanto particolare che lo lascia visibilmente confuso.
D'altronde perché la sua ragazza dovrebbe trovarsi così vicino alla cuoca che mesi fa ha preparato il buffet del suo compleanno mentre il fratello la guarda sconvolto?
Non biasimo il suo stupore < Cosa sta succedendo? >
< Me ne sto andando > dici assumendo un sorriso di circostanza mentre senza salutare nessuno esci dalla stessa porta sul retro dalla quale sei entrata.
Ignoro le domande di Matthew e la muta richiesta di Finneas di voler parlare, sono già in ritardo e c'è un'intera folla urlante ed entusiasta che mi sta aspettando là fuori così mi preparo e salgo sul palco sorridendo.
Tutto ciò che devo fare adesso è fingere che gli ultimi dieci minuti non siano mai avvenuti, così senza le risposte che volevo sfoggio il mio sorriso migliore per le telecamere.
Posso farcela.
Tanto ho mentito per tutta la vita, cosa vuoi che siano un paio di ore?















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