Capitolo 10: Guai in Paradiso

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"Si parla di un eventuale approccio." Spiega Carola a me e Tommaso, che ho scoperto essere un vero interessato ai pettegolezzi.
È da quando ieri è terminata la puntata che la ballerina continua ad avere un chiodo fisso in testa: Luigi. Le allusioni di un possibile rapporto tra loro durante la registrazione l'hanno mandata in crisi.
"Perché lo dici ridendo?" Alex è appoggiato alla porta, che dà su camera sua.
Non so neanche come sia entrato a far parte della discussione. So solo che Carola parlava con noi due e, ad una certa, Alex è venuto a fare una domanda a Tommaso.
"Non sto ridendo." Carola risulta poco convincente.
La guardo come per dirle "non sei credibile".
Lei riprende il suo punto del discorso: "Io non sono il tipo che si fidanza. Tutte le relazioni, che ho avuto e che sono finite male, sono state a causa della danza. Anche questa finirà così se dovesse esserci qualcosa. Io sono fidanzata con la danza e basta."
"Sì ma perché continui a sorridere?" Alex ci tiene a ribadire il suo pensiero.
Sono tentata di chiedergli di smettere di dire le stesse cose di continuo ma ricordo a me stessa il nostro il reciproco ignorarsi; non abbiamo nemmeno menzionato il video su noi due trasmesso ieri in puntata. Credo che, comunque, lui abbia ragione perché Carola afferma un concetto ma si tradisce con il suo stesso linguaggio del corpo.
Il cantante di Sogni al cielo non ottiene risposta e, perciò, decido di cominciare io a parlare: "Ti ho già detto che devi parlarne con Luigi."
"Ma è troppo presto." La ballerina spara una sentenza.
"Non puoi deciderlo a priori. Devi prima confrontarti con lui." Mi accorgo di starmi comportando esattamente come Alex, ripetendo la stessa frase all'infinito.
"E, comunque, c'è sempre tempo per l'amore, Carola mia." Filosofeggia lo zio Tommy, come ha voluto che lo chiamassimo all'inizio di questa chiacchierata.
"E, comunque, stai continuando a sorridere." Puntualizza Cavalletta.
Dovrò anche non parlargli ma non mi esimo dal lanciargli un'occhiataccia, con cui capisce di aver esagerato. Lui torna, poi, nella sua camera, ridendo.
"Dunque cosa abbiamo concluso?" Domando alla mia amica.
"Che devo andare a parlare con Luigi." Dice sconsolata, nascondendo la testa sotto al cuscino.
Io e lo zio Tommy ci guardiamo e ridiamo.
Il nostro divertimento viene interrotto da Nicol, che ci fa sapere che dobbiamo radunarci tutti nella sala comunicazioni. Io mi siedo vicino a Carola e ci cominciano a mostrare un filmato, dove ci viene comunicato che ci mostreranno delle immagini delle condizioni della casetta di ieri ed oggi appena dopo la puntata. Mi preparo mentalmente al peggio perché deve esserci un gran disordine generale, anche se mi ricordo di aver lasciato abbastanza in ordine almeno in stanza.
"Secondo me sono dei provvedimenti disciplinari." Ipotizza Alex.
Per quanto odio ammetterlo, ho proprio il sentore che abbia ragione.
Il video passa in rassegna tutte le varie stanze, focalizzandosi sulle parti più in disordine con tanto di bottiglie, vestiti e fazzoletti lasciati a caso. Tiro un mezzo sospiro di sollievo, quando apprendo che la mia zona è tutto sommato a posto.
"Non è ancora arrivata la parte peggiore." Asserisco involontariamente a voce alta.
"Eh esatto. Non hanno ancora mostrato la cucina." Concorda con me Cavalletta.
Ma non dovevamo ignorarci?
La parte della cucina è vomitevole e, anche se so che non spettava a me pulire, mi sento colpevole perché, piuttosto che lasciare quel casino, mi ci dovevo mettere io mettere a posto il tutto. Mi fanno fastidio tutti i Che schifo, che sento pronunciare dai miei compagni, perché, come fa notare Albe, non dobbiamo sorprenderci di questo spettacolo, visto che è un disordine, che c'è sempre. Succede, poi, quello che temevo: cominciamo ad incolparci a vicenda. Inder prende ad incolpare Albe per il casino del suo bagno. Sorrido, invece, per la discussione tra Luigi, Alex e Lda.
"Beh la nostra stanza era abbastanza in ordine." Osserva Luigi.
"La nostra sì." Concorda Lda.
"Ma il bagno no. C'erano tre asciugamani per terra." Apprezzo l'onestà di Alex.
"Gli asciugamani per terra li lascia sempre, Luca." Dice Luigi.
"No, io no. È il tappeto quello." So che Lda si sta arrampicando sugli specchi ma mi esce una leggera risata.
"Sì, ci sono tre tappeti in bagno." Scherza Alex.
Prevedo anche l'inizio della parte del moralismo: Elisabetta e Flaza iniziano, infatti, a riprendere tutti, affermando che non c'è nulla da ridere e che, se ognuno facesse la propria parte, non arriveremmo a questi punti. Apprezzerei anche il loro discorso, se non fosse che almeno Flaza è parte stessa del problema. La verità è che ognuno di noi ha una parte di colpa ed è inutile, quindi, puntare il dito contro o elevarsi al ruolo di maestri. Arriva un altro messaggio dalla produzione, che ci comunica che verranno sorteggiati due ballerini e due cantanti, che andranno in sfida.
"Guai in Paradiso." Scherzo.
Carola ride amaramente alla mia battuta.
"Che ne pensi?" Mi domanda.
"Non penso niente. Penso che ce lo meritiamo. Se dovrò andare in sfida, ci andrò."
Probabilmente ho un tono arrendevole ma è la verità.
Nicol comincia a lamentarsi perché lei è una delle più ordinate e giustamente ritiene assurdo il motivo, per cui rischia di finire in sfida. Inizia il finimondo e tutti prendono ad attaccarsi e incolparsi l'uno l'altro. Alla fine qualcuno propone di stilare noi quattro nomi di persone da mandare in sfida e la produzione accetta la nostra decisione. Qua si ha un'altra ondata di discussioni perché Nicol, Flaza ed Albe sostengono di non volersi prendere la responsabilità di mandare qualcuno in sfida ma dovrebbe essere la gente stessa, che è colpevole, ad offrirsi volontaria. Ammiro il loro pensiero ma purtroppo è irrealistico; come molti fanno notare, nessuno si farà mai avanti e, soprattutto, ognuno di noi ritiene di aver fatto più degli altri. È un cane che si morde la coda.
Mentre tutti litigano fra di loro, prendo a sistemare il disordine in cucina insieme a Flaza, che mi stupisce per questo suo atteggiamento. Ritengo che sia inutile stare a parlare e l'importante sia rimediare almeno alla baraonda in casa. Percepisco, però, la rabbia ribollire dentro perché le persone, che, secondo la divisione dei turni dovrebbero sistemare, stanno a guardarci. Conto fino a dieci e tento di mantenere la calma.
"Non capisco dov'è l'ingiustizia." Afferma Luigi.
"Non mi sento di fare dei nomi. So che è giusto quello che proponete voi ma non ce la faccio." Nicol ripete per l'ennesima volta.
"Facendomi i nomi, mandiamo in sfida chi non fa niente. E non è solo la tua decisione ma la decisione di tutti." Le spiega lui.
Ho sempre apprezzato il suo modo di ragionare dai discorsi, che mi arrivavano tramite Carola.
Nicol pare, comunque, rimanere ferma sulla sua posizione.
Quando è il momento di scrivere quei nomi, mi ripeto continuamente di non andare a preferenze ed essere semplicemente obiettiva. Mi sento terribilmente in colpa quando scrivo le persone, che per me dovrebbero andare in sfida, e sento salirmi un magone. Chiudo in fretta il mio bigliettino per non vedere più la mia lista. Quando è il momento di sapere i più votati, ci raduniamo sulle scalinate ed io mi metto vicino a Christian. Quando scopro che i più votati sono Matti e Christian, desidero essere da tutt'altra parte tranne che lì. Sento i sensi di colpa salirmi di nuovo come prima perché so di essere in parte responsabile per la sfida dei miei amici e di una loro eventuale uscita dalla scuola. Scaccio via questo pensiero perché non potrei reggere di non averli più al mio fianco, di non avere più con me Chri...
Ho ottenuto zero voti con mia sorpresa. Le persone, forse, sono state davvero sincere; anche perché, se si fosse andati a simpatia, avrei già perso in partenza, visti i miei pochi amici. Non faccio in tempo a risollevarmi l'umore che mi ritornano immediatamente i sensi di colpa, appena Chri mi chiede di parlare con lui in cerca di conforto. Carola sapientemente corre via in giardino con Serena, prima che il ballerino riesca a chiederle qualsiasi cosa. Mi ritrovo, così, in camera con Mattia e Christian, dovendo ascoltare il loro sfogo e rimanendo in silenzio per il mio logoramento interno.
"A me girano proprio perché, se me ne dovrò andare, sarà perché qualcuno ha detto che io non pulisco." Si lamenta Mattia.
"Menomale che dovevamo essere onesti e non andare a simpatie..." Sbuffa l'altro.
"Io chi più chi meno ho legato con tutti. Mi fa davvero male vedere che opinione hanno di me..." Continua il ballerino di latino.
"Qua, fra, bisogna stare simpatici, altrimenti si è fregati..." Christian è nero.
Passano ancora qualche minuto a lamentarsi e, poi, Chri sembra ricordarsi della mia presenza nella stanza.
"E tu non dici niente?" Mi domanda.
"Io..." Non so che parole dire.
"Non mi dire che dai ragione a loro."
"Chri, senti..." Le parole mi muoiono in bocca.
"Non mi dire che anche tu ci hai votato."
"Io..." Non riesco nemmeno a guardarlo negli occhi "Ci eravamo detti di non andare a preferenze."
"Secondo te, quindi, io non faccio niente qui dentro?" Percepisco la rabbia nella sua voce.
"Chri, sono una delle persone con cui passi più tempo insieme e ti avrò visto prendere una scopa in mano massimo una volta." Provo ad essere il più onesta possibile.
"Eri una delle poche persone, su cui pensavo di poter contare, ma mi sbagliavo." Guardo negli occhi Chri e vedo solo delusione.
Mi sbagliavo. Bastano queste due semplici parole a spezzarmi.
Mi alzo, correndo verso la mia camera e buttandomi sul letto. Le lacrime cominciano a scendere in fretta sul mio viso e non riesco a placarle in nessun modo. Bagno in fretta parte del cuscino e mi rifugio sotto le coperte. Nella testa mi risuonano le parole di Christian e non riesco a scacciarle nella mia mente. I miei occhi vedono solo la sua faccia delusa. Mi scendono altre lacrime e non c'è modo di frenarle. Mi sbagliavo è la sola cantilena, a cui riesco a pensare.

Vedo una bambina con i capelli biondi e le trecce, che mi chiama ripetutamente.
"Cesca, Cesca andiamo a giocare." Mi sta tirando per la mano per il parchetto.
"Ali, non così che mi fai male." La ammonisco.
Lei mi lascia subito la mano.
"Andiamo sull'altalena?" Le chiedo.
"SIIIII!" Mi risponde felice la mia amica.

Sono passati alcuni anni e vedo sempre la stessa bambina ma molto più grande. È diventata ormai un adolescente.
Ci troviamo nello stesso parco. Sulla stessa altalena
"Pensavo di potermi fidare di te ma mi sbagliavo." La sua voce trasmette solo delusione.


Mi sveglio di soprassalto, non capendo minimamente dove mi trovo. Ci metto un paio di secondi a realizzare di trovarmi ad Amici. Capisco di aver fatto un incubo e alcune lacrime mi scendono appena mi tornano in mente quelle immagini. Guardo l'orologio e capisco che sia arrivato il momento di usare i telefoni. Apro Whatsapp svogliatamente e d'istinto vado a cercare una chat.
"Leo posso chiamarti?" Digito prima di pentirmene.
Ricevo una chiamata da parte sua in risposta.
"Hei ciao. Come stai? Sto ricevendo una chiamata direttamente da Amici?"
Ha la stessa voce solare di sempre.
"Leo, era lì." Sento le lacrime scendere più incessantemente "Era proprio lì di fronte a me."
Non ha bisogno di ulteriori spiegazioni per capire a chi mi riferisco.
"France, è solo frutto della tua immaginazione."
Altre lacrime mi rigano il volto.
"Leo, ti dico che era lì con me." Insisto.
"France, fidati di me. Non è vero."
"Ma Christian ha detto..." Non riesco a terminare la frase.
"Ma Christian il tuo amico? Che c'entra? No aspe, che ha detto?"
"Ha detto che mi sbagliavo." Pronuncio quelle parole a bassa voce.
Penso che lui non mi abbia sentito, visto che dopo cala qualche secondo di silenzio.
"Ah ora capisco." Mi fa comprendere di avermi sentito "Senti, France. Va tutto bene. Devi solo fidarti di me. Respira con me."
Comincio a respirare a fondo con lui, come ero abituata a fare ogni volta che finivo in questa situazione.
"Brava, continua così." La sua voce è delicata e dolce.
Piano piano il mio pianto si placa e riprendo poco a poco coscienza della realtà.
"Va meglio?" Mi chiede lui al telefono, quando capisce che non sto più piangendo.
"Sì." Mi limito a dire.
"Menomale." Pare essere più sollevato.
"Grazie." Aggiungo.
"Sai che non devi ringraziarmi."
"Dovevo invece." Affermo.
Segue un minuto di silenzio, in cui nessuno dei due sa cosa dire.
"Promettimi che non lo dirai a nessuno." Gli dico.
"Francesca..." Sospira.
"Se tieni ancora un minimo a me, promettimelo."
So di sbagliare a fare leva sui suoi sensi di colpa ma solo così posso averla vinta.
"Lo prometto." Si arrende.
"Bene. Ora dovrei andare." Voglio chiudere questa chiamata il prima possibile.
"Beh sì giustamente hai da fare... Allora ciao." Percepisco il dispiacere nella sua voce.
"Ciao." Lo saluto per, poi, chiudere subito la telefonata.
Riapro Whatsapp e comincio a rispondere a vari messaggi, che non avevo ancora guardato. Decido, poi, di dare risposta a quei messaggi, che avevo ignorato fino ad ora.
"Grazie per prima e per i complimenti." Invio come primo messaggio.
"Comunque, Leo, ho solo il telefono mezz'ora al giorno, per cui non potrò farmi sentire molto." Mando anche il secondo.
"I complimenti sono tutti meritati e, come ti ho detto prima, non devi ringraziarmi." Risponde al mio primo messaggio.
"La prendo come una promessa che mi scriverai." Risponde al secondo.
Noto che la mezz'ora a nostra disposizione è terminata. Chiudo, perciò, in fretta il telefono per ributtarmi a dormire.

Quella macchia nera sul bianco [Alex Wyse-Amici 21]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora