Capitolo 155

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Cirillo fece molta attenzione ad evitarlo, e decise che per quel giorno avrebbe chiuso la questione. Henry la seguiva a distanza senza però perderla di vista. Se Cirilla organizzava l'incontro con il magnante degli Ovibos, lui rimaneva in un angolo a leggere però controllava sempre che i toni fossero civili e gentili.

Aveva imparato che quando una ragazza era arrabbiata la cosa più sbagliata che si possa fare era lasciarla sola e farla sentire come se non fosse importante. Henry le fece percepire che c'era nonostante il broncio, e notò come lei lo cercasse con la cosa dello sguardo. La cosa lo fece molto sorridere.

L'indomani sarebbe dovuta andare a dare la prima lezione ai nuovi volontari che sarebbero diventati i nuovi medici di Mane. Cirilla era eccitata e contenta, non vedeva l'ora di insegnare. Aveva anche chiesto al suo popolo dopo un giro nel villaggio, di presentarsi al castello se erano malati o feriti.

Avrebbe sottoposto gli adepti ad una prova per vedere se avevano la stoffa.

Non smetteva di parlare a Mathias delle cose che aveva intenzione di fare. A Henry dispiaceva, perché gli sarebbe piaciuto essere reso partecipe, Cirilla aveva un entusiasmo contagioso. Ma la ragazza era determinata nella sua missione e allora ogni volta che lui provava a chiederle qualcosa, girava il capo rispondendogli solo con un sì o un no.

Adorava giocare così.

Quella sera, Cirilla, avvolta nelle soffici stoffe premaman non si recò nelle loro stanze ma per dimostrare il suo scontento, optò per la sua vecchia camera. Henry la attese per molto tempo poi vedendo che non si presentava, la cercò per trovarla sul piccolo letto rosso ricoperta di lettere.

"Ecco dov'eri." Affermò raggiungendola ma senza sedersi su quel tappeto di carta.

La ragazza lo ignorò continuando a guardare un foglio e a sorridere.

"Cosa legge la bellissima regina di Mane?" scherzò spostando i fogli per mettersi accanto a lei.
"Innanzitutto, chi ti da il permesso di starmi vicino?"

Henry la guardò con quegli occhi da cucciolo smarrito e lei non ebbe la forza di cacciarlo via. Così ricominciò a non prestargli attenzione. L'uomo tentò di prendere una delle lettere ma Cirilla lo schiaffeggiò.

Henry guardò dalla spalla di Cirilla e notò che erano le lettere di suoi genitori. Che si scrivevano ogni sorta di dolcezza quando erano lontani.

"Tuo padre doveva amarla molto." Disse Henry per cercare di trovare qualcosa per smuovere Cirilla. In sostanza, voleva farle pietà così che lei gli avrebbe rivolto la parola.

"Sì."

Stava leggendo a mente una parte dove sua madre stava scherzando sui nomi che avrebbero dato al pargoletto. Se fosse stato un maschio voleva chiamarlo Alexander, il suo stesso nome al maschile. Suo padre era molto d'accordo e diceva che se fosse stato anche solo bello la metà di lei, nessun altro nome sarebbe stato appropriato.

Henry notò però un taccuino scribacchiato sulle gambe di Cirilla. Era la sua scrittura quella lì e non poté non farci cadere l'occhio.

Era una lettera anch'essa e sembrava indirizzata a nessuno in particolare. Henry cercò di carpirne il significato ma Cirilla la seppellì tra la montagna di fogli notando che aveva catturato la sua attenzione.

"Perché non vuoi farmela leggere?"

"Perché è una cosa molto personale."

"E io non posso saperlo?"
"No." Henry sospirò. Alla fine era giusto che avesse i suoi spazi e dato che anche lui aveva dei segreti, non poteva proprio lamentarsene.

"Ti ho detto che mi dispiace Cirilla."
"A dire il vero, non lo hai detto." Commentò secca lei dandogli le spalle. "Hai solo detto che non sono affari miei e basta. Come quando ti ho chiesto della guerra. Nemmeno lì ero meritevole della verità."

[3]Stjerne - La dea delle stelle [hs] - AU - MatureDove le storie prendono vita. Scoprilo ora