CAPITOLO IV

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Esausto si scosta da lei e guarda per un secondo il soffitto bianco della stanza. Appoggia la sua testolina sul suo petto, inondandolo del profumo alla menta dei suoi capelli lunghi biondi.
«È stato bello» sussurra con un filo di voce.
«Si» si limita a dire lui, accarezzandole la schiena nuda.
«Parli poco tu eh».
«Il giusto» ribatte con un sorriso.
«Ah sei strano Gigi».
«No, non è vero Rose». Lei si volta guardandolo in faccia. Un lieve bacio sulle labbra e gli sorride. «Solo mia madre mi chiama Rose, i miei amici mi chiamano Rosi».
«Ok Rosi».
«E tu, come ti devo chiamare?».
«Luigi va benissimo» sorride lui confuso da questa conversazione.
«Ma no, è troppo formale».
Lui ride: «E come mi dovresti chiamare scusa? È il mio nome».
Lei fa una smorfia «Ci penserò» dice riaccucciandosi tra le sue braccia per qualche istante prima di sollevarsi di nuovo di botto. «Ci sono» esclama divertita.
«Sentiamo» ribatte curioso mettendosi su un fianco per guardarle il viso.
«Gigino».
«Non chiamarmi così» si rabbuia improvvisamente alzandosi dal letto, mettendosi seduto sul bordo voltandole le spalle per non guardarla.
«Scusa. Mi sembrava carino... »biascica lei evidentemente a disagio a causa del suo repentino cambio d'umore. «Tutto ok?».
Sente i suoi occhi azzurri sulla schiena nuda. Rimane qualche istante seduto a fissare la finestra. Si prende la testa tra le mani e strizza gli occhi. "Diamine".
«Luigi, parlami. Per favore».
«Voglio che tu te ne vada» bisbiglia tra i denti con un filo di voce. «Vai via».
«Cosa ti ho fatto si può sapere? Perché sei arrabbiato? Qualsiasi cosa sia successa ti chiedo scusa...».
«Per favore. Vattene voglio stare da solo» ribatte con tono ancora più deciso. Sente una mano sulla sua spalla e con un movimento la scosta subito. «Mi hai sentito?».
«Si che ti ho sentito ma non capisco perché tu sia passato da quello a questo. Spiegami cosa ti ho fatto» insiste Rose lasciando trapelare un filo di tristezza. Non vorrebbe trattarla così, non se lo merita ma non sopporta la sua vista in questo momento. La vuole fuori da quella stanza subito. «Santo cielo, se ti dico di andartene, tu te ne vai!» sbotta furioso alzandosi dal letto e voltandosi furioso verso di lei indicando la porta. Lei sgrana gli occhi sconvolta dal suo raptus di rabbia. «Io...»biascica a disagio abbassando la testa per non incontrare il suo sguardo.
«Vai via». Luigi prende i suoi vestiti dal pavimento e si dirige in bagno. «Tirati dietro la porta. Non voglio trovarti qui quando uscirò». Si veste trafilato poi si siede sul bordo della vasca da bagno incapace di controllare quello che gli sta succedendo. Si odia per come l'ha trattata, non se lo meritava, ma è più forte lui, lei ha rovinato tutto. Dopo un attimo sente la porta della stanza chiudersi e capisce che finalmente Rose ha tolto il disturbo. Si alza e torna in camera: la stanza gira vorticosamente. Va verso la porta finestra che da sul balcone, in cerca di una boccata d'aria ma poi si ricorda che è chiusa e serve la maniglia apposita, mai ritirata in reception. La sensazione che gli opprime lo stomaco impedendogli di respirare non accenna ad andare via. Non scema. "Maledizione" pensa colpendo il vetro con il palmo della mano e appoggiando la testa. "Non ci pensare, non ci devi pensare". Più facile a dirsi che a farsi. La sua mente è un groviglio indistinto di pensieri, il suo petto una giungla di emozioni. L'unica cosa che vorrebbe fare in questo momento è l'unica che si era ripromesso di non fare mai. Aveva resistito in maniera perfetta, perché Rose aveva dovuto rovinare tutto? Perché? Perché ogni minima cosa deve ricordarle lei? Fuori è buio pesto, le stelle non si vedono a causa del cielo coperto e in strada, vista l'ora, non passa neanche un'auto. Improvvisamente gli viene in mente casa sua: anche il suo quartiere è così tranquillo, questa non sembra Roma per il silenzio che c'è. Avrebbe davvero bisogno di tornare dalla sua famiglia, riabbracciare suo padre e sua madre, stringerli forte e sentirsi dire che andrà tutto bene. Perché è tutto così complicato? Perché è quello che ha scelto per se stesso, è questa la verità. Semplice e cruda. Lui ha scelto questa vita e ora deve farci i conti, conviverci. Chiude gli occhi cacciando via il pianto che si fa strada dal suo cuore alla sua gola e ai suoi occhi. Non dece crollare. Si dirige verso il frigo bar e prende una birra. È fresca ma non basta a calmargli l'animo inquieto. Si scola anche la seconda in un baleno. Già va meglio, ma non abbastanza, quindi si butta sulla bottiglia di vodka alla pesca. Sta per aprila quando si ferma di botto: annegare nel l'alcool non è la soluzione. Ma quale dovrebbe essere la soluzione? Maria, la produttrice e presentatrice del programma Amici, una volta gli ha detto di non rinnegare le emozioni, anche quelle apparentemente più sbagliate, perché pure quelle definiscono chi siamo. «Lo sai che non posso lasciarmi andare» aveva ribattuto lui, e lei, con fare protettivo gli aveva messo la mano sulla spalla dicendo: «Non puoi, o non vuoi? Di cosa hai paura Luigi?». Questa domanda ogni tanto gli passa per la testa, ma non si è mai riuscito a dare una risposta. Ripensa a Maria, alla sua forza, alla sua capacità di comprendere. «In bocca al lupo per saper trattenere l'amore» gli aveva detto in finale. Amore. Amore.
Si volta e guarda il telefono dall'altra parte della stanza, sul comodino. È come una calamita in questo momento. "No" pensa mentre le gambe si muovono da sole verso l'aggeggio infernale. «Non devo » borbotta crucciato mentre cerca il suo nome in rubrica. Niente da fare, amiamo quello che fa male.
«Gigino» .

Hei! Qualcuno indovina chi è all'altro capo del telefono? A prestissimo il nuovo capitolo per scoprirlo! Se vi va lasciate una stellina o un commento che mi fa piacere sapere cosa pensate 😽
- Eli

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora