CAPITOLO XLVIII

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Carola

«Le punte... dove sono?» borbotta in preda al delirio. «Abbiamo fatto tardi».
Giovanni fa capolino dalla porta della cucina: «Ti avevo detto che finivo io di sistemare e lavare i piatti ma non mi hai dato retta» sorride.
«Non startene lì impalato, aiutami a cercarle!» sbotta lei ravanando nel divano. «Ho appoggiato tutto qua ieri sera».
«Mmm... forse laggiù?» dice Giovanni divertito, senza muovere un muscolo.
«Dove?!».
«La» indica con l'indice il borsone su cui lei pochi attimi prima aveva riposto le sue punte, che tanto sta cercando.
Indispettita si avvia in quella direzione e Giovanni la segue.
«Tutto bene Caro?» chiede accarezzandole la nuca.
Lei scuote la testa: «Si, sono solo... è tardi. Non voglio ritardare ad allenamento».
«Ok. Ti aspetto per cena?». Giovanni è visibilmente dispiaciuto dal suo atteggiamento e lei se ne accorge, quindi cerca di rimediare. Gli da un bacio a stampo veloce sulle labbra e prima di uscire risponde con un sorriso: «Certo».
Hanno passato due belle serate insieme e averlo vicino è piacevole solo che si sente un po' sottosopra per tutta la situazione che si è venuta a creare, in più ieri sera lui le aveva pure chiesto per la prima volta da quando si conoscono di Luigi.
«Quel ragazzo che ti è passato a trovare, chi è?» aveva detto con tono indefinito.
«Nessuno. Lo conoscevo tanto tempo fa. Era una vita che non ci si vedeva».
«Come vi siete conosciuti?».
«È una storia lunga Gió, non mi va di parlarne» aveva sbottato lei voltandosi dall'altra parte del letto, verso il comodino.
Lui fortunatamente non aveva insisto e lei era rimasta per un tempo indefinito immobile, a fissare la parete mentre lui, accoccolato a fianco a lei, respirava piano.
Con forza spinge il portone del suo palazzo e si getta in strada, prendendo a correre più che a camminare, in direzione della palestra. Dopo una decina di minuti raggiunge il resto dei ballerini della compagnia in sala.
«Ciao splendore» la saluta Matilde.
«Hei. Marci?».
«Sala due».

...

«Il ristorante in cui siamo andati ieri sera era terribile. Quello all'angolo vicino al bar dove facciamo aperitivo di solito, presente? Non ci mettere mai piede».
Carola sorride: «Non pensavo di farlo, ha dei prezzi folli».
«Fosse solo quello... mi hanno servito un pezzo di carne bruciata».
«Comunque, hai visto il mio fermaglio? Quello rosso con gli strass... a forma di farfalla» cambia argomento lei.
«Quello della terza scena?».
«Si».
Marcello scuote la testa. «No. Hai provato a chiedere con gli addetti o le donne delle pulizie a fine spettacolo?».
«Si, non l'hanno trovato. Ho chiesto questa mattina» risponde rassegnata.
«È solo un fermaglio, la costumista te ne troverà un'altro. Non ti preoccupare» sorride lui posizionandosi alla sbarra. Carola lo segue a ruota, imitando i suoi movimenti.
«Lo so. Ci ero solo affezionata».
«Sarà finito sotto qualcosa ... tu e la tua mania di tirare le cose via quando ti cambi» .
«Hai ragione, mi sta bene» ride. «Qualcuno me lo ha rubato» scherza.
«Certamente e chiederà il riscatto».
«Fino a 100 euro ci posso stare, oltre no. Mi dispiace».
Marcello si gira, ripete gli stessi movimenti anche con la gamba destra e così fa la ballerina.
«Oppure il ladro in questo momento è alla ricerca della sua Cenerentola per tutta Parigi, la donna del fermaglio rosso. Sta girando tutta la città, andando di casa in casa per...».
«Ma quanto sei scemo?» chiede Carola ridendo. «Stai proprio male eh».
«Sono un romanticone. Credo nell'amore».
«Non dicevi così qualche settimana fa».
«Si, ammetto che ero diventato un po' cinico» risponde. Carola non può vedere il suo volto ma è abbastanza certa che i suoi occhi siano diventati un po' più tristi. "Forse non avrei dovuto" pensa. Poco dopo il trasferimento con la compagnia a Parigi per il tour in Europa, il fidanzato di Marcello lo aveva lasciato, dandogli come unica spiegazione che non aveva intenzione di portare avanti una storia a distanza, in quanto prima che si sarebbero ritrovati nella stessa città sarebbe passato troppo tempo. Il ballerino non l'aveva presa affatto bene, aveva provato a fargli cambiare idea, rassicurandolo che le cose avrebbero potuto funzionare con un po' di impegno da ambo le parti, ma non c'era stato verso. Da quel momento, proprio quando Carola iniziava la sua rinascita e smetteva di piangere, Marcello si tramutava nella versione umana del grich, solo in modalità "odio l'amore" invece che "odio il natale".
E ora? Chiodo scaccia chiodo non funziona mai, eccetto quando il secondo è migliore del primo: Marcello aveva incontrato un ragazzo tranquillo che aveva saputo curare le sue ferite. Ad oggi Carola ha di nuovo il suo amico, ma è consapevole che il ricordo di Mattia è ancora vivido nella sua mente e ci vuole ben poco a capire quando in qualche modo gli passa per la testa: i suoi occhi si spengono per un attimo, diventando scurissimi e la bocca si incrina in un mezzo sorriso che nasconde una ferita profonda ancora aperta.
«A te come sta andando con Giovanni?».
Carola si volta solo per un secondo, per non interrompere la serie delle posizioni da eseguire in successione. «Non me lo chiedere».
«Ahia, guai in paradiso? Mi era parso di capire che gli avresti dato una chance».
«Esattamente, e l'ho fatto è solo che... ».
«Non dirmi che pensi ancora a lui» sbotta Marcello interrompendola.
«Forse. Si è presentato alla mia porta l'altra sera» confessa.
«Cosa?! Non mi avevi detto niente brutta stronza» sbotta giocoso, incredulo fermandosi di colpo.
«Scusa».
«Si, si , ti scuso basta raccontami tutto subito, seduta stante».
«Non c'è niente da dire Marci. Mi ha trovata con Giovanni e l'ultima cosa che gli ho detto, prima di voltargli le spalle è stato "addio Luigi"».
«E...?».
«E è finita. Devo dimenticarmi che tutto ciò sia accaduto»


Hei! Purtroppo ho finito i capitoli che mi ero preparata ed in vacanza sto facendo fatica a scrivere per la mancanza di tempo. Se qualche giorno non pubblicherò spero che mi perdoniate!
-Eli

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora