CAPITOLO LXXVII

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Madre di Luigi

Perdere un figlio è la cosa più dolorosa che un essere umano possa sperimentare. Lei, da madre lo ha sempre saputo, ma un conto è pensarlo, un conto è sperimentarlo in prima persona. Quando il medico l'aveva chiamata per dirle, in un italiano poco chiaro, di inflessione chiaramente francese, che Luigi era stato ricoverato per un'emorragia addominale si era sforzata di restare calma e concentrata, poi alle parole «Non sappiamo se ce la farà» era crollata. Non ricorda neppure cosa gli abbiano detto i dottori. Quando ha riaperto gli occhi era sul divano, con un mal di testa che le perforava il cervello e suo marito, con gli occhi lucidi che le teneva la mano. Ci aveva messo un po' per capire che non era tutto un brutto sogno ma era la realtà: suo figlio poteva morire, o forse aveva già lasciato questo mondo e lei non lo sapeva. Aveva guardato suo marito, in cerca di un segno e nel suo sguardo aveva trovato la sua stessa paura.
«Dimmi che non è vero...» aveva biascicato prendendo a piangere. Quegli attimi sono confusi per lei, ricorda solo che lui l'aveva stretta a se e insieme avevano pianto, senza troppe parole.
Preso il primo volo per Parigi, una volta atterrati con quei quattro bagagli in croce che erano stati in grado di fare, si erano precipitati in ospedale, dove i medici erano stati tutti molto gentili e comprensivi, cercando di superare lo scoglio linguistico. Il medico gli aveva spiegato per filo e per segno quello che era successo, i dettagli dell'intervento e del piano terapeutico, avendo però cura di ribadire che erano, si speranzosi che lui si potesse risvegliare, ma non potevano garantirle che sarebbe successo. «È rimasto incosciente per molto» avevano sottolineato più volte. Erano stati tutti molto disponibili, e avevano risposto a tutte le loro domande tranne ad una: come era successo? Nessuno sembrava sapere il motivo per cui il loro Gigi si trovava su un letto a lottare per vivere. «La lesione addominale e della milza è dovuta probabilmente ad un colpo, ma non abbiamo idea di quale oggetto contundente l'abbia provocata o chi possa averglielo inferto» avevano detto. L'unica cosa che però erano stati in grado di dirle era che il ragazzo era arrivato in ambulanza insieme ad una ragazza.
«L'infermiera del reparto ha detto che tra mezz'ora dobbiamo andarcene perché finisce l'orario di visita» esclama suo marito entrando in stanza. Lei sistema per la centesima volta in un'ora il lenzuolo a suo figlio e lo guarda, sperando che da un momento all'altro possa aprire gli occhi.
«Non c'è modo di restare più allungo?» chiede.
«Purtroppo no. È stata categorica».
«Mio figlio potrebbe morire qui solo...».
«Non ci pensare. Non dirlo nemmeno per scherzo. È forte: ce la farà».
Ammira molto suo marito per lo spirito positivo che si ritrova. Spera che Luigi abbia preso da lui e che in questo momento stia lottando e non si lasci abbattere.
«Secondo te lo sa che siamo qui?» chiede lei.
Suo marito si avvicina e prende la mano del figlio. «Penso di si».
«Faccio un salto in bagno. Torno subito» aggiunge lui, dopo un attimo ed allontanandosi verso la porta.
Lei resta con suo figlio, pregando un qualcosa di superiore per un aiuto. All'improvviso sente un rumore alle sue spalle, si volta pensando che sia suo marito ma si sbaglia.
«Tu devi essere Carola» sorride notando la ragazza castana fare capolino dalla porta. "È persino più bella di persona" pensa ricordandola dalla televisione. Lei fa un passo in avanti, le guance rosate dall'imbarazzo e annuendo porge la mano.
«Si, sono io. Molto piacere». Ha un bel sorriso, caldo e rassicurante, constata la donna trovandosela di fronte. Le stringe la mano la invita ad accomodarsi in stanza.
«Vieni, non stare laggiù».
«Non volevo disturbare» si giustifica lei.
«Ma che disturbo. Siamo tutti qui per lui e sono sicura che a mio figlio farebbe piacere averti qui in questo momento».
La ragazza si avvicina al letto e getta uno sguardo colmo di amore a Luigi. Sta soffrendo molto, glielo si legge in faccia, anche lei è vittima dello stesso dolore, un dolore diverso dal suo perché lei non è sua madre, ma è pur sempre simile, della stessa essenza: entrambe amano quel ragazzo, in modi diversi, ma lo amano immensamente.
«Ho saputo che era con te quando è stato male» dice calma, sperando di non essere troppo invadente.
Carola di tutta risposta annuisce e con la bocca piegata in una smorfia inizia a raccontare: «Gli stavo portando la colazione a letto quando me lo sono ritrovata in piedi. Si è voltato verso di me ed è crollato a terra».
«Povera piccola, deve essere stato terribile per te» sussurra la donna scorgendo gli occhi della ballerina farsi lucidi. Non osa immaginare come può essersi sentita in quel momento, il senso di impotenza che deve aver provato.
Carola non risponde, si limita ad fare una smorfia e a posare di nuovo lo sguardo sul suo ragazzo.
«Una cosa vorrei saperla però, sempre che tu sia in grado di spiegarmela. Ma come è successo? Come si è fatto male?» chiede.
«È colpa mia».
«Cosa..» inizia confusa la donna e Carola si spiega meglio: «Un ragazzo, quello che frequentavo prima di... si insomma prima di Luigi... mi ha aggredita perché non accettava che tra noi fosse finita. Luigi mi ha difesa e si è preso una ginocchiata nella pancia. Gli ho chiesto diverse volte di fare un salto al pronto soccorso e lui rispondeva sempre che non c'era bisogno perché stava bene».
«Tipico di mio figlio minimizzare il tutto per non fare preoccupare nessuno» sorride. Non è arrabbiata, e come potrebbe. Luigi aveva fatto solo quello che era giusto fare, proteggere la sua donna, e se era successo quello che era successo non era certamente colpa della ragazza. «Questo Giovanni si può rintracciare? Legalmente spero si possa fare qualcosa a questo punto» aggiunge.
«Certo, io posso fornire il nome e anche la mia testimonianza. Lo farei volentieri».
«Non ti devi colpevolizzare. Non è colpa tua. Chi ha sbagliato è quel tizio».
«Lo so ma...».
«Ciao» esclama improvvisamente suo marito avvicinandosi, interrompendo la ragazza.
Sorride e la presenta: «È Carola, la ragazza di nostro figlio».
Lui annuisce felice. «Sono contento di conoscerti di persona, finalmente».
«Piacere mio» esclama Carola tutta rossa in viso. Evidentemente questa situazione la mette un po' in imbarazzo.
«Avrei voluto conoscerti in un contesto diverso, comunque parlo a nome di entrambi quando dico che è bello sapere che Luigi ha aperto il suo cuore all'amore. Abbiamo sempre pensato che voi due aveste un legame speciale» confessa lui.
«Luigi mi ha parlato tanto di voi. Solo cose belle ad essere onesta e non lo dico per dire».
È davvero una brava ragazza, si capisce dal modo in cui parla, dalla dolcezza con cui muove le mani e dallo sguardo puro.
«Come in ogni famiglia ci sono degli alti e bassi. Noi abbiamo sempre cercato di fare di tutto per lui». La donna prende la mano di Luigi e la stringe forte. "Sono qui amore mio" pensa intensamente.

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora