CAPITOLO XXXV

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L'aria è fresca, i grilli canticchiano la loro canzone, la loro strana melodia. È estate piena. Seduto sul dondolo sotto al portico si lascia cullare dal rumore della natura e dal vento che fa tintinnare uno scaccia pensieri penzolante da una trave. Si ricorda benissimo quando lo fece appendere a forza a suo padre, il quale cedette solo per amor di pace: era uno dei lavoretti che la maestra dell'asilo amava far fare come regalo di Pasqua dai bambini ai propri genitori. Lo fissa sorridendo. È una vita che è li appeso, eppure resiste. Era convinto che non appena lui avesse messo piede fuori di casa quell'obbrobrio sarebbe finito dritto nel bidone, eppure eccolo lì.  I suoi genitori non lo hanno tolto nonostante ormai sia un ammasso informe di pezzetti di plastica scolorita.
«Che fai? Sei alla ricerca di un po' di fresco?». È la voce bassa e dolce di sua madre quella che proviene dalle sue spalle.
Si volta e le sorride. «Più o meno. Non riuscivo a dormire».
«Fammi posto» dice lei sedendosi al suo fianco sul dondolo.
Per un attimo rimangono in silenzio entrambi. È un silenzio confortevole, non servono parole.
«Mi sei mancato Gigi» sussurra lei all'improvviso. «Questo non significa che io non sia consapevole che è più che giusto che tu sia lontano da me. È la tua carriera e io sono la persona più orgogliosa di te sulla faccia di questa Terra, ma mi manchi molto».
«Anche tu mamma, anche tu» si limita a dire appoggiando la testa sulla spalla di lei, che inizia ad accarezzarlo dolcemente come faceva quando era un bambino. «Tanto».
«Ti ho visto al concerto sai? In televisione. Eri perfettamente a tuo agio, sei fatto per fare questo nella vita e non lo dico perché sono tua madre ma davvero, hai qualcosa di speciale e la gente lo percepisce».
«Spero davvero di riuscire ad arrivare al pubblico. So che ancora ho tanto da fare ma sono fiero di quelle piccole ma grandi cose che ho costruito fino ad ora. Sento di essere nel posto giusto, che non mi manca nulla per essere felice. Vorrei solo avere te e papà più vicini».
«Sei sicuro di questo Gigi?» chiede lei in un sussurro. Luigi chiude gli occhi, si lascia cullare. «Si» risponde timidamente.
«Non ne sono così sicura».
«Va tutto bene ma».
Lei smette di accarezzagli i capelli e si scosta per guardarlo in faccia.
«I tuoi occhi parlano Gigi, lo dice anche una canzone».
«Mamma...» inizia lui con un tono di supplica, intuendo dove vuole arrivare.
«No, Luigi. Lo vedo che non sei felice, nonostante tutto. Lo vedo che ti manca qualcosa e so cosa, o meglio chi».
«Non voglio parlarne, ti prego».
«Fai l'uomo. Affronta le tue emozioni. Smettila di avere paura» ribatte lei dolce ma decisa.
«Mamma ...io...».
«Non c'è niente di male nell'aprire il proprio cuore a qualcuno. Può fare male, può andare tutto a rotoli, lo so: è la vita. Ma se non provi, cosa hai risolto? Niente. Ti ho cresciuto troppo bene perché tu abbia paura di qualcosa che potrebbe rivelarsi la cosa migliore della tua vita».
«è meglio per entrambi stare separati, sopratutto per Carola. Credimi. Le farei solo del male» risponde faticando a sostenere lo sguardo di sua madre.
«Non è vero. Queste sono solo scuse. Ti ho visto con lei, come sorridevi e come la guardavi. Una rapporto come il vostro, così profondo, non può farvi del male. Potreste soffrire, certo ma ricordati che amore e dolore sono due facce della stessa medaglia. Non hai mai amato se in qualche modo non hai sofferto. Il dolore passa, l'amore vero no, quello resta. Io quando vi guardo ne vedo tanto di amore: è qualcosa di puro quello che vi lega, senza tempo e senza forma». Amore. È strano sentire sua mamma parlare così ed associare quella parola a Carola. Amore. Non ha mai avuto il coraggio di chiedersi se la ama, non lo ha mai fatto perché le conseguenze potrebbero essere devastanti.
«Le farei del male...».
«Io non credo e poi ad ogni modo, lascia che sia lei a decidere se rischiare». Luigi sente lo stomaco sottosopra e fa fatica a respirare. È una chiacchierata surreale questa che sta avvenendo con lei.
«Ti prego mamma, è complicato...» sussurra trattenendo le lacrime.
«Mamma niente Luigi. Mamma niente. Ora ci dai un taglio, basta con le lamentele e le scuse campate per aria. Ci tieni a lei? Rispondimi si o no, ma si sincero».
Luigi si limita ad annuire, incapace di formulare una sola frase di senso compiuto.
«Sei pronto a vederla essere felice senza di te? Con un'altra persona? Sei pronto a non sentire più la sua voce? Vuoi davvero fare a meno dei suoi abbracci? Perché se non scavi a fondo dentro di te è questo che otterrai. Se per lei non provi nulla sei liberissimo di lasciarla andare ma se, come credo, non è così, allora amore mio, fai un passo verso di lei».
«Non posso» .
«Si che puoi, eccome se puoi e ti dirò di più, se non vai a fondo delle tue emozioni e un giorno scoprirai quanto a lei ci tenevi, rimpiangerai per sempre di non averlo fatto. Il rimpianto ti logora Luigi, ti mangia da dentro fino a toglierti la voglia di respirare». "Nemmeno ora ci riesco, se è per questo" pensa a testa bassa per non farle vedere le timide lacrime che stanno rigando le sue guance. «Ho paura».
«È normale Gigi, è normale. La paura fa bene, significa che hai qualcosa da perdere».
Sua mamma si avvicina, lo cinge in un abbraccio e lui si lascia andare in un pianto liberatorio.

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora