CAPITOLO LXXI

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Ha cinque anni, fa freddo e qualche fiocco di neve cade bagnandogli il nasino congelato. Uno, due, tre: cadono tutti e si sciolgono come le sue speranze di restare ancora fuori a giocare con i suoi amichetti. L'altalena dondola piano, mossa dal vento gelido e fa un rumore un po' sinistro. Sembra di essere in uno di quei film horror che sua mamma gli vieta di guardare ma che alla fine ascolta di nascosto fingendo che non sia così. Ai piedi indossa un paio di scarponi da neve rossi che gli ha regalato sua zia lo scorso Natale, cominciano ad andargli un po' stretti ma gli piacciono troppo per buttarli. Fa un passo in avanti osservando rapito i suoi piedi sprofondare nella neve, poi alza piano lo sguardo ed i suoi amici sono tutti scomparsi. Si volta in direzione di casa, comincia a correre verso la porta, sfidando il vento gelido. Arriva all'ingresso, sale i gradini del patio e rischia di scivolare a causa del ghiaccio. Sua mamma si era raccomandata di stare attento, ma lui come al solito è stato sconsiderato. Fortunatamente si è prontamente aggrappato alla ringhiera in metallo che gli ha impedito la caduta; diversamente sua mamma lo avrebbe sicuramente rimproverato, se lo avesse visto dalla finestra. Gira la maniglia della porta ed entra in casa, un fortissimo tepore lo accoglie, invadendo tutto il suo essere. Si toglie i guanti verdi, guardandosi le piccole mani: sono viola per il troppo freddo, dello stesso colore dei bottoni di quella giacca vecchia che ha utilizzato per addobbare il pupazzo di neve che ha costruito con tanta cura poco fa. Chissà quando resisterà fuori, chissà se ha un'anima anche lui e in questo momento si sente solo. In un lampo si sfila anche gli scarponi, posandoli vicino all'ingresso, e procede verso il salotto.
«Luigi, sei tutto bagnato» esclama sua nonna portandosi le mani alla testa.
«Che stai facendo?» le chiede sorridendo.
Lei si toglie il grembiule rosso e lo posa sulla tavola da pranzo. «Ho messo in forno una torta alle mele e cannella, la tua preferita». Lui le corre incontro e la stringe forte: piccola e minuta com'è rischia di stritolarla.
«Piccolo il mio Luigi» sussurra lei accarezzandogli i capelli ribelli. All'improvviso lui si scosta. «Hai visto che bella la neve?» le chiede.
Nonna scuote la testa e poi scoppia a ridere. «Quanta fantasia che hai piccolo mio. Dai, vatti a mettere il costume, appena la torta esce dal forno andiamo al mare».
«No, nonna. Cosa stai dicendo? Sta nevicando» borbotta confuso e corre verso la finestra. Apre le tende e si affaccia. È piena estate: il sole gli colpisce il visino e nel giardino l'erba è quasi gialla per il troppo caldo. L'altalena non c'è più e al suo posto c'è parcheggiata una macchina nera, quella che suo babbo si è regalato il suo scorso compleanno. Si volta, richiamato da una voce maschile nota. «Non portati la chitarra però al fiume. Dobbiamo pescare» sorride il nonno con finta faccia severa. Getta uno sguardo ai piedi: non indossa più gli scarponi rossi da neve ma un paio di ciabatte colorate.
«Nonno, ma che ore sono?».
«È tardi, abbiamo promesso alla nonna di essere a casa per pranzo, se tardiamo ancora non ce la faremo mai».
«Va bene, allora andiamo» borbotta.
«Vai in soffitta a prendere la tua canna da pesca» lo incita.
«Mi accompagni?».
«Certo, io sono sempre con te».
Il nonno lo prende per mano e insieme si incamminano, salgono le scale e raggiungono la soffitta. Tossisce quando ci mette piede: nessuno ci entra mai ed è piena di cianfrusaglie. La mamma dice sempre ai nonni di buttare un po' di roba vecchia ma loro accumulano tutto. «Questa va bene?» chiede prendendo tra le mani una canna da pesca piccolina, appoggiata in un angolo.
«Perfetta» sorride il nonno orgoglioso. Luigi si guarda intorno, scorge sulla parete un insetto ed urla.
«È solo un grillo» ride il nonno.
«Ammazzalo» borbotta spaventato.
«No, non sai che non si uccido mai i grilli? Portano fortuna».
Il nonno prende tra le mani il piccolo insetto verde, dalle lunghe antenne e quello in risposta emette un suono quasi amichevole. «Scendi le scale, ti raggiungo subito piccolino» dice rivolto al bambino. Ubbidisce. Guarda attento gli scalini, passo dopo passo tocca terra ed alza lo sguardo in alto per chiamare il nonno. «Sono giù! Scendi» urla. Nessuna risposta. Preoccupato si guarda intorno: è al fiume, dove vanno sempre a pescare insieme la domenica mattina. Inizia a camminare nell'erba alta fino a raggiungere l'acqua: il vociare del rivo è rilassante e terapeutico. Sembra una canzone. «Attento a non cadere» intima con un sorriso il nonno, in tenuta da pesca.
«Mi salvi tu nel caso» scherza.
«Sei grande, ti salverai da solo e io, guardandoti sarò la persona più orgogliosa del mondo».
«Non sono grande nonno» borbotta.
«No? Io penso di sì» sorride teneramente. Luigi si guarda le mani, sono grandi, molto di più di quelle di un bambino. Le porta al viso: ha la barba. Confuso guarda il nonno tirare la lenza nel fiume e mettersi a sedere a riva, su un sasso pesante. «Tua nonna avrebbe voluto tanto una bambina, invece si è ritrovata in casa due uomini rozzi e amanti della pesca, ed ora ha anche un nipote, uguale a me. L'avrebbe chiamata Elena».
«Dov'è la nonna?» chiede.
«Sta preparando i panini. Tra un secondo sarà qui».
«Non la vedo però» borbotta guardandosi intorno.
«C'è anche se non la vedi, non ti perde mai di vista» sorride. «Ha abboccato!» esclama iniziando a muovere la leva del mulinello per accorciare la lenza.
«Tiralo su nonno! Dai è bello grosso sicuramente!» urla Luigi.
La lenza all'improvviso si rompe ed il nonno deluso lo guarda facendo spallucce. «Pazienza» borbotta.
«Ma no! Come pazienza! Era tuo! L'avevi preso!» esclama Luigi su tutte le furie, indispettito.
Il nonno si alza e si avvicina piano, fino a posargli una mano sulla spalla. «Capita. Non tutto può andare sempre bene piccolo. Devi imparare a scrollarti le cose di dosso ed andare avanti. Non focalizzarti su quello che va male, il passato è passato. Il futuro è tuo, lascia il passato agli altri». Luigi sta per ribatte quando
una voce dolce alle sue spalle chiede: «Cosa succede ai miei uomini?» .
«Nulla nonna, va tutto bene».
Lei li raggiunge e sorridendo gli allunga un panino per ciascuno. «Sarà meglio».
«Dov'eri andata?».
«Ero qui, amore».
«No, eri sparita» ribatte.
«Non avevi guardato bene. Io sono sono sempre vicino a te».
Lei gli mette una mano sulla vita e gli sorride.
«Perché ho la sensazione che tu mi sia mancata se sei sempre con me?» chiede lui assalito da un improvviso senso di nostalgia.
Lei guarda il nonno ed annuisce piano. «È intelligente il nostro piccolino».
«È forte» risponde lui, orgoglioso con sguardo d'intesa.
Luigi confuso si sposta e fa un passo indietro verso la riva. «Cosa mi state nascondendo?» borbotta mentre il cielo si fa sempre più cupo e le nuvole coprono il sole.
Il nonno lo guarda dritto negli occhi: «Ti vogliamo bene Luigi» mormora prima di dargli una spinta fortissima. Cade all'indietro e si ritrova in acqua. È gelida, gelida come la neve sul suo naso quando aveva cinque anni, è profonda, troppo, e c'è così tanta corrente che si dimena ma non riesce a stare a galla.
«Nuota amore mio» dice sua nonna a riva. La scorge mentre alza la testa in cerca d'aria, prima di cadere nuovamente a fondo. «Non ci riesco! Ho paura! Aiutatemi!».
«Nuota Luigi» ripete il nonno.
«Non ci riesco!» strilla mentre qualcosa gli stringe le caviglie e lo porta a fondo. L'aria nei polmoni finirà presto, la superficie si fa sempre più lontana, mentre scende sempre più giù. È buio pesto, i polmoni sono sempre più in sofferenza. Non può finire cosi, non può annegare in questo stupidissimo fiumiciattolo
di montagna, sconosciuto al mondo. Ha ancora tanto da dire e da fare. Apre gli occhi e pervaso da una scossa di energia inizia a nuotare, spingendo contro la corrente che vuole farlo affondare. Nuota Luigi, su sempre più su, verso la superficie dell'acqua, che si fa sempre più vicina, così come le voci dei nonni: «Nuota piccolo mio, non mollare mai».

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora