Soffro di vertigini e ho paura di cadere
Ma sono pronto a saltare se cadiamo insieme
Mi basta il tuo sorriso e crollano le mie difese
Se mi liberi dal mondo, dalle croci e le catene
Se vorrai saltare, baby, fammelo sapere
Che prendo la rincorsa, sì, così cadiamo insieme«Poteva andare peggio» scherza lui stringendo tra le mani il sacchetto del McDonalds con la loro cena.
«Decisamente, ma sono ancora offesa».
«È tardissimo, non abbiamo prenotato da nessuna parte: era da immaginarsi che sarebbe finita così» sorride dandole un buffetto sul piccolo nasino. «E fammi un sorriso piccola».
Imbronciata Carola è così buffa e così tenera da far paura.
«Mi rifiuto di cenare qui in mezzo alla strada» sbotta.
«Non è colpa mia se era disponibile solo da asporto».
«Lo so Gigino. Scusami, è solo che ci tenevo tanto a passare una serata romantica con te in un bel posto elegante, solo noi due e invece... eccoci al McDonalds».
«A me basta stare con te». Carola lo guarda dubbiosa, in cerca di ulteriori rassicurazioni.
«Sul serio» aggiunge lui. «Peró adesso ti prego, ceniamo perché sto morendo di fame».
Carola cerca di rimanere seria ma non ci riesce, glielo si legge in viso. Piano piano la sua espressione si fa più distesa ed il broncio sparisce.
«Ci sarebbe un posto effettivamente...» dice pensierosa.
«Adiamoci».
«Potresti soffrire un po' di vertigini però».
«Correrò il rischio» esclama incuriosito....
Carola gira la chiave nella serratura e la porta del palazzo si apre.
«Sono confuso» borbotta Luigi mentre lei sorride e lo invita ad entrare. «Dopo di lei mister Strangis».
«Ma vuoi dirmi dove stiamo andando?» chiede. Hanno camminato per dieci minuti abbondanti per poi infilarsi in un vicolo e ritrovarsi davanti a questo edificio dall'uso residenziale, a giudicare dai campanelli sulla colonna.
«Abbi fede» ribatte lei ammiccando.
«Io mi fido di te ma sono comunque confuso».
«Vieni, prendiamo l'ascensore» lo sprona e lui di buon grado la segue, prendendola per mano, alla ricerca di un contatto con lei.
Una volta dentro, Carola spinge il pulsante del settimo piano e si rivolge a lui: «Il cinquanta percento dell'impresa è riuscito con successo, ora resta l'ultimo step».
«Quale sarebbe?». Luigi comincia ad essere talmente curioso da essersi scordato della fame.
«Adesso vedrai».
L'ascensore si ferma, lei se lo trascina dietro voltando a destra e lungo un piccolo corridoio che termina con una porta in metallo grigio.
«Ok... ed è ... aperta!» esclama felice come una Pasqua. «Prego». Luigi molla la presa sulla mano di lei e varca la soglia, salendo una paio di scalini sconnessi con attenzione per non farsi male, vista la penombra nella quale si trovano. L'aria fresca gli colpisce il viso, segno che sono nuovamente all'aperto.
«Non male» sospira alzando la testa e perdendosi nella maestosità della tour Eiffel illuminata sullo sfondo, mentre avanza sul tetto dell'edificio.
«Eggià. Siamo un po' in alto» sorride Carola. «Ti piace?».
«Da morire».
«Vivevo qui una volta» sospira.
«Su questo tetto?». Carola gli tira una manata: «In questo edificio, scemo».
«Ora capisco perché avevi le chiavi».
«Le originali le ho restituite ovviamente, queste erano una copia. Non ero sicura che non avessero cambiato la serratura. In più quelle del tetto non le ho mai duplicate, per questo speravo che fosse aperta la porta» spiega mentre gli strappa dalle mani il sacchetto con i panini e si siede a terra, vicino alla ringhiera. «Abitavo al terzo piano. Quando ero triste o avevo bisogno di pensare salivo sempre quassù. In estate durante il giorno i condomini ci prendono il sole, è una cosa simpatica». L'immagine di una Carola sola e giù di morale a Parigi, durante gli anni dell'Accademia, lo uccide.
«Non è stato facile» mormora fissando il panorama davanti a lei.
Luigi si accuccia dietro di lei, permettendole di appoggiarsi al suo petto con la schiena. «Ero lontana da tutto e da tutti, mi mancavano i miei genitori ed in più non mi sentivo mai abbastanza brava. Ho pensato di mollare tante volte e in ognuna di queste venivo qua, respiravo affondo e mi dicevo che un giorno sarei stata grande e sarei stata felice. Oggi lo sono Gigi, qui con te. Sono felice».
Luigi la stringe in un abbraccio, tirandola a se ed affonda la faccia tra i suoi capelli profumati, mentre il silenzio della notte rimbomba come le note di una canzone d'amore e Parigi si fa custode del loro amore.
«Anche io» mormora.
Lei scosta la faccia e la volta verso di lui: è così bella. Se dovesse descrivere Carola con un colore sceglierebbe sicuramente il bianco. È pura Carola, delicata come le ali di una farfalla e tenera come una nuvola. È l'insieme di tutti i colori Carola, tutte le sfumature possibili che possono comporre l'essenza dell'amore
«Ti amo» sussurra guardandola negli occhi. «Da sempre, da quando ho posato il mio sguardo su di te per la prima volta».
«Menti».
«Tu credi?».
«Si».
«Allora vorrà dire che passerò il resto della mia vita a dimostrarti che è così».
Luigi le bacia delicatamente la fronte, racchiudendo in quel gesto tutto il senso di protezione che sente per lei. Carola si lascia cullare per qualche istante mentre lo sguardo di Luigi si perde ad osservare Parigi illuminata, poi alza il viso alla ricerca della sua bocca. Lo bacia, piano e dolcemente, senza fretta e pretese.
«Dimmi che sarà per sempre» gli chiede allontanando le sue labbra da quello di lui.
«Anche di più».
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IL MIO SBAGLIO SULLE OSSA
Fiksi PenggemarE se tutto non fosse così complicato come sembra? "Con fare deciso entra in stanza lasciandolo sull'uscio. «Che fai, hai intenzione di restartene lì a fissarmi allungo?». «Perché, cos'altro vorresti che facessi?» ammicca serio chiudendo la porta ma...