CAPITOLO LXII

1.3K 50 2
                                    

"Quanto al tuo volto, io non cerco più di scoprirlo, ormai non mi danno più fastidio nemmeno le tenebre della notte: ho te, e tu sei la mia luce."

La Monnalisa lo scruta con fare interrogativo, scavando nei suoi occhi con quel sorriso beffardo di chi sa ma non proferisce parola. Venti muniti di fila ed ora è li davanti a lei a meravigliarsi di quanto assurda sia la mente umana e di quanto sia potente l'arte. "È solo un quadro" pensa, eppure lei lo scruta, indaga alla ricerca di cosa è fatto il suo essere.
Il ragazzo e la ragazza dietro di lui, cominciano a spazientirsi, si capisce dal modo in cui parlano sbuffando e dal fatto che si fanno sempre più vicini alla sua schiena. "Me ne vado" pensa irritato, gettando però un'ultima occhiata alla donna nel quadro che sembra seguirlo andare via. "Inquietante".
Dopo essere stato all'arco di Trionfo ed aver visto la cattedrale, o meglio, quello che l'impalcatura consente di vedere in quanto a causa di un incendio deve essere rimessa a nuovo, si era recato al museo. Mezz'ora di coda per scoprire con sua gioia, origliando le conversazioni di due ragazzi italiani, in vacanza, che passando dall'entrata dentro al centro commerciale con cui il museo è collegato, sarebbe entrato senza aspettare più di cinque minuti. Accaldato, aveva trovato ristoro nell'aria condizionata del Louvre, forse un po' alta ad essere sinceri, e aveva preso a camminare tra le sale, cercando di non perdersi. Sinceramente non sapeva cosa aspettarsi ed era rimasto piacevolmente stupito dalla moltitudine di opere d'arte che quel complesso ospitava. Si era perso nella sezione dei pittori rinascimentali, osservando quelle immagini nel limbo tra sacro e profano, ammirando La Vergine delle Rocce di Leonardo, lo Schiavo morente e quello ribelle di Michelangelo e molte altre, cercando di carpire quanto più possibile il significato nascosto dietro alla tela. Luigi è estraneo all'arte, o meglio la apprezza molto ma non ha le competenze per definirsi critico, assolutamente. Di una cosa e certo però: pittura e musica alla fine, anche se molto diverse, sono uguali nel fine, ossia arrivare al destinatario dell'opera, ascoltatore o osservatore che dir si voglia. Prosegue nel lungo corridoio, osservando a destra e sinistra le opere, rapito dai colori, quando una voce alle sue spalle attira la sua attenzione.
«La Gioconda non è qui, caro il mio Gigino».
«Mi sono perso allora, mi aiuti a trovare la strada?» sorride lui andandole incontro. Carola si è cambiata prima di uscire dalla palestra, indossa una maglietta azzurra corta, che le lascia scoperto l'ombelico, un paio di shorts di jeans e dei sandali rossi alla schiava, che risaltano le sue caviglie snelle e i polpacci longilinei.
«Solo in cambio di un bacio» scherza.
«Anche due» risponde Luigi posandole una mano sul fianco e con l'altra alzandole il mento per baciarla. È un bacio dolce, lento e delicato quello che si scambiano ma a Luigi fa perdere la testa comunque. Si staccano e si guardano negli occhi per poi sorridere all'unisono.
«Come mi hai trovato?»chiede.
«Mi hai scritto che eri nella stanza della Gioconda, li non ti ho trovato quindi ho ipotizzato avessi continuato la visita» spiega lei. "Sensato".
«In verità qui credo di esserci già passato» constata guardandosi intorno, senza staccare la mano dal fianco di lei.
«Hai visto la sezione della Grecia classica?».
«Le statue? No, non ancora».
«Allora andiamo lì, è la mia preferita» esclama accarezzandogli il volto e facendo un passo indietro. Lo prende per mano e Luigi si lascia trasportare via. È strano come un gesto così semplice e a tratti banale lo renda così felice: fatto con lei ha un sapore diverso. È come se assieme alle loro dita si intrecciassero anche i loro respiri e i loro destini.
Chiacchierando Carola conduce Luigi tra le sale, lungo i corridoi e le scale, fino ad arrivare alla sezione dell'arte greca, dove le statue di marmo bianco la fanno da padrone. Lei camminando gli indica le sue preferite e gli da qualche indicazione sull'autore e sul senso dell'opera. Luigi la ascolta rapito, con un sorriso stampato in volto e il cuore leggero. Il tempo passa e neanche se ne accorge, ogni tanto fa qualche battuta e lei ridendo gli tira una manata e appoggia la testa sulla sua spalla in maniera affettuosa.
«E questa è assolutamente la mia preferita» dice fermandosi davanti ad una statua di marmo bianco, raffigurante un uomo alato che sorregge tra le braccia una donna semi distesa, che inarca la schiena e si tende verso di lui per baciarlo.
«Amore e Psiche» continua lei rapita, continuando a osservare l'opera.
«È di Canova» constata Luigi lèggendo la targhetta.
«Si, ma la storia l'ha scritta un certo Apuleio».
«Davvero?».
Luigi si volta per un secondo e guarda Carola sorridere guardando la statua.
«Si. Vuoi sentirla?» chiede girando il volto ed incontrando il suo sguardo.
«Certo».
«Psiche era una principessa ed era bellissima, bellissima tanto che Venere divenne gelosa di lei e chiese ad Amore, che sarebbe Cupido, di maledirla in modo che lei si innamorasse dell'uomo più brutto del pianeta. Quando però lui la vide, incantato da cotanta bellezza si distrasse e rimase vittima di una delle sue stesse frecce. Abbandonata dai suoi genitori, dietro consiglio dell'Oracolo, Psiche viene portata da Amore nel suo palazzo, di nascosto da Venere e le fa promettere che non cercherà mai di vedere il suo volto. Ogni notte lui le fa visita e consumano il loro amore, dando sfogo alla passione, ma Psiche non conosce l'identità del suo amante. Tuttavia, presa dalla curiosità, una notte decide di venire meno alla promessa fatta e con una lanterna si avvicina per vedere il volto di Amore e, folgorata dalla bellezza, si distrae e lui si sveglia. Amore fugge via e lei farà di tutto per ritrovarlo, persino chiedere perdono a Venere, la quale la illude assegnandole tantissime prove impossibili da superare. Con coraggio e grazie ad una serie di aiuti, lei riesce nelle imprese: pensa che scenderà persino agli Inferi, pur di ricongiungersi ad Amore. Qui, come richiesto da Venere chiede a Proserpina un po' della sua bellezza, ricevendo in cambio un'ampolla che deve rimanere chiusa. La curiosità ha la meglio purtroppo e disobbedisce: un sonno profondissimo le invade le carni e lei cade addormentata. È Amore, intervenuto in suo soccorso, a riuscire a svegliarla e, con il consenso di Giove, a portarla nell'Olimpo, facendola diventare immortale». Luigi ascolta la sua Carola ed il trasporto che mette nel raccontargli quella leggenda, pensando di essere un uomo fortunato ad averla al suo fianco.
«Canova ha immortalato il momento prima del bacio» aggiunge.
Luigi osserva rapito la delicatezza con cui Amore stringe Psiche, le sfiora le carni e la sorregge tirandola a se. È un mix di erotismo e dolcezza: desiderio ed anima si congiungono ed è l'estasi dell'essere.
«È bellissima» sussurra, sentendosi partecipe del senso dell'opera.
«Già».

Spero che questa piccola parentesi "storica" vi sia piaciuta! Quando sono stata al Louvre mi sono innamorata di quest'opera e mi sono appassionata alla leggenda dietro di Amore e Psiche🥹 la conoscevate? Un bacio,
Eli

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora