CAPITOLO LXXIX

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Marcello

Lo sguardo di Carola è vuoto. I pugni sono stretti sul bancone della cucina a tal punto che le mani sono quasi viola. Li ha notati Marcello, i segni dei lividi sui suoi piccoli polsi, a testimonianza della stretta forte di Giovanni su di lei. Quando ne parlarono, dopo il fatto, quella sera, Carola era scossa ma aveva affermato che non era niente di grave. Tutt'altre erano le condizioni di Luigi invece, che era visibilmente provato, e si capiva che stava stringendo i denti per non preoccupare lei. Marcello stesso aveva appoggiato Carola quando lei lo aveva spronato a fare un salto al pronto soccorso ma Luigi, nonostante la loro insistenza, aveva con fermezza chiarito che stava benissimo. «Sono solo un po' ammaccato» aveva scherzato con un sorriso non proprio sincero.
Se Carola in qualche modo si sente in colpa può capirla, anche lui quando aveva saputo cosa era successo, si era rammaricato per non aver insistito abbastanza, ma lei si sta distruggendo e non è salutare.
Sul bancone della cucina cade una goccia, una lacrima della ballerina, la quale continua a guardare fisso giù, il top in marmo scuro.
«Carola, mi guardi un secondo?» chiede dolcemente.
Lei non emette un fiato, con tutta risposta probabilmente stringe i pugni con più forza.
«Puoi anche decidere di ignorarmi, mi sta bene, ma di qui non me ne vado. Non ho intenzione di lasciarti sola».
La loro amicizia è cresciuta in fretta. Quando si sono incontrati per la prima volta quasi quasi lei non gli stava troppo simpatica, anzi la credeva una maniaca della perfezione. Provava e riprovava, lo stesso identico movimento durante le prove, anche se veniva eseguito in maniera ottimale, il tutto perché secondo lei «Poteva essere ancora migliorato». I primi passi insieme se li ricorda bene: la difficoltà nelle prese e nella coordinazione dei movimenti tra loro era notevole e lei, con tutta risposta era talmente severa con se stessa, da risultare quasi indisponente anche verso di lui, che si ritrovava a ripetere in loop come una trottola lo stesso movimento per ore ed ore. Piano piano ha però iniziato a capirla e ha scoperto quanta fragilità nascondeva dietro alla sua ansia da prestazione e a quella dannata ossessione per la perfezione che le tartassa il cervello. Ricorda quando per errore sbagliando una presa, per mancanza di coordinazione, poco ci manco che cadevano a terra entrambi: si guardarono e scoppiarono a ridere e fu in quella risata di gusto, da bambina spensierata, che Marcello scopri la vera Carola, quella dal cuore d'oro, dolce e sincera che alla fine dei conti sa anche prendersi in giro. Qualche giorno fa, quando lei lo ha presentato come il "suo migliore amico" a Luigi, si è sentito così orgoglioso che lei lo reputasse tale, che quasi il suo cuore perdeva un battito, e non importa quello che lei davanti a lui sta dicendo, Marcello la sua Giulietta non la abbonderà mai, neanche per tutto l'oro del mondo.
«Ma non capisci che in questo momento sono come un contenitore vuoto? Sono un dannatissimo giocattolo rotto Marcello. Il mio cuore è una poltiglia, un ammasso informe di frammenti che non si possono unire. È come questa maledetta bottiglia» esclama alzando la testa, mostrando gli occhi rossi ed indicando terra.
«... o come questo stupido bicchiere» aggiunge tirandolo a terra. «Guardalo. Come ti sembra? Aggiusta anche lui se sei in grado, forza ».
«Non voglio aggiustarti Carola. Voglio starti vicino, provare a supportarti».
«Bene , non puoi. Problema risolto» sbotta.
«Tu stai reagendo in questo modo, perché sei arrabbiata con te stessa e con il mondo. Va bene, lo accetto: sfogati, insultami, prenditela con me se ti fa stare meglio».
Lei con la mano chiusa colpisce fortissimo il bancone della cucina e strilla, Marcello non riesce a capire se per il dolore fisico causato dal colpo o per esternare la sua rabbia ed il suo dolore emotivo.
«Io... non doveva andare così... » comincia a balbettare mordendosi il labbro inferiore e muovendosi in maniera incontrollata. Marcello si avvicina piano, la raggiunge avendo cura di darle la possibilità di scostarsi se lei lo volesse.
«Vai, lasciami sola» mugugna senza però muoversi.
«No Carola. Non ti lascerò mai da sola. Non c'è nulla che tu possa dire che mi faccia uscire da quella porta» ribatte tendendo le braccia verso di lei e abbracciandola delicatamente, come se fosse un rarissimo fiore. Lei resta rigida per un po' poi si abbandona e accuccia la testa sul suo petto, proprio come in una scena del balletto, che hanno provato tantissime volte.
«Non merito di essere felice» sussurra lei facendogli accapponare la pelle.
«Non dirlo neanche per scherzo, tesoro» dice stringendola ancora più forte. «Le cose brutte succedono. Ci auguriamo che non capitino mai ma quando capitano dobbiamo prenderle di petto e reagire. Ti voglio forte Giulietta, ti voglio coraggiosa e decisa ad affrontare il tuo futuro, speranzosa che tutto possa andare per il meglio».
«Non andrà bene...» inizia scuotendo la testa.
«Non devi essere negativa ma ad ogni modo, anche se dovesse succedere l'irreparabile, quello che tutti ci auguriamo che non accada, tu devi essere forte. Sappi che non ti lascerò tregua, mi trasferirò qui se occorrerà: non manderai a puttane la tua vita. Affronterai il tuo dolore, lo vivrai a pieno esattamente come avresti fatto con il vostro amore e poi ti dirai che non puoi lasciarti morire anche tu. Sei più forte del dolore che senti nel petto, Carola. Sei più forte dell'inferno, del diavolo e di tutto il male del mondo. Tu supererai qualunque cosa, te lo prometto».

...

«Finiscila» le intima con un sorriso, ma con tono deciso Marcello. Lei guarda ancora la sua pizza, o meglio, quello che rimane, e si porta alla bocca l'ultima fetta, esattamente come aveva fatto con le nove precedenti, sempre su spinta di lui.
«Se continui a darmi ordini ritiro il permesso che ti ho accordato di restare qui a casa mia per oggi, e ti sbatto fuori» scherza sorridendo. Marcello le fa una smorfia, grato che lei si senta meglio a tal punto da scherzare con lui. Dopo la conversazione che avevano avuto in mattinata, Carola si era accucciata sul divano, davanti alla tv e non aveva proferito parola per ore, fino ad orario di pranzo quando lui le aveva chiesto se le andasse qualcosa da mettere sotto i denti.
«No» si era limitata a dire e lui non aveva insistito. Nel pomeriggio Marcello, che per solidarietà aveva digiunato anche lui, aveva deciso di mettersi a fianco a lei sul divano.
«Ora ti faccio vedere uno dei miei film preferiti» aveva esordito, strappandole il telecomando tra le mani. Dopo due ore di film, uno demenziale di quelli che non puoi guardare se non in un momento di stupidità totale, Carola sembrava un minimo più distesa, arrivando persino a comunicare con lui, anche se a monosillabi. La fatidica vera comunicazione era arrivata a cena, quando lui affamato aveva chiamato la pizzeria per farsi portare una pizza e Carola di sua spontanea volontà aveva chiesto per lei una "salame piccante e peperoni", avendo da ridire su quella scelta da lui, ossia una con pere e taleggio: «Io fossi in te mi vergognerei ad aver ordinato una pizza del genere».
Carola, terminata la pizza si rivolge a Marcello: «Comunque grazie».
«Di nulla» dice semplicemente. Non servono parole, si sono detti tutto quello che c'era da dire ed entrambi lo sanno.
«Non sono ancora riuscita ad entrare in camera da letto, da quando è ... insomma si è successo tutto quanto» confessa lei chiudendo il cartone della pizza e guardando a terra. Alza lo sguardo verso di lui ed aggiunge con un sorriso che nasconde tutto forche gioia: «Ho finito i vestiti puliti che avevo messo in lavatrice. Come vedi sono in condizioni pietose».
«Tesoro...» sussurra Marcello mettendole una mano sulla spalla minuta, ancora di più del solito. "È dimagrita in questi giorni" pensa.
«Ogni volta che mi affaccio a quella porta lo vedo cadere davanti a me» continua lei.
«Passerà, e quando lui si risveglierà sarà solamente un brutto ricordo». Marcello spera davvero che questo possa succedere, ma conosce troppo bene la sua Giulietta per non sapere che anche se le cose dovessero andare per il meglio, questa vicenda l'ha ferita nell'animo troppo per non lasciare degli strascichi.
«Si, forse hai ragione» biascica lei appoggiandosi alla sua spalla. Marcello resta in silenzio, incapace di esprimere a parole il desiderio di vederla stare meglio. Dopo un periodo di tempo indefinito è lei nuovamente a rompere il silenzio, con una richiesta: «Mi accompagneresti in ospedale domani?» chiede.
Marcello sta per rispondere quando il telefono di lei squilla. Carola allunga la mano sul tavolino davanti al divano per prendere il cellulare tra le mani, arriccia il naso confusa e risponde. Man mano che ascolta la voce dall'altro capo del telefono il suo sguardo si fa sempre più scioccato e lei diventa bianca come un lenzuolo.
"Ti prego, fa che non sia quello che penso...".

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora