Capitolo I - Sguardi

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«Io questo lo faccio a pezzi.»

La prima volta che gli occhi di Saelle incrociarono quelli del capitano Levi, sulle sue iridi verde smeraldo erano scritte a chiare lettere queste parole.

Era andata così: durante la difesa del distretto di Trost, non si sapeva come né perché, suo fratello Eren si era trasformato in gigante. Naturalmente, nonostante anche in questa forma lui avesse combattuto contro i giganti stessi, gli esseri umani presenti ne erano rimasti scandalizzati ed erano stati ad un passo dal massacrare Eren a cannonate. Per fortuna era intervenuto il comandante Pixis, che aveva convinto tutta l'armata a utilizzare Eren per chiudere la breccia aperta nel Wall Rose dal gigante colossale e dal gigante corazzato. In questo frangente, Saelle era stata separata da suo fratello e assegnata, assieme ai suoi compagni cadetti, a fare da esca per i giganti. Quello che era successo le era stato riferito dal loro amico d'infanzia Armin: Eren, trasformatosi in gigante, dapprima non era sembrato in sé, tanto che aveva attaccato Mikasa, la loro sorella adottiva; per fortuna Armin era poi riuscito a farlo ragionare e, come pianificato, Eren aveva raccolto un enorme masso e lo aveva utilizzato per tappare la breccia. Quando Armin era infine riuscito a estrarre Eren, esausto, dal corpo del gigante, si erano trovati entrambi in pericolo perché alla mercé di due giganti di oltre sette metri, decisi a mangiarseli entrambi. A quel punto, era arrivato il capitano Levi del Corpo di ricerca, che aveva atterrato in pochi secondi entrambi i giganti e salvato sia Armin che Eren. Saelle non aveva visto niente di tutto ciò, ma era ovviamente ben disposta verso il salvatore di suo fratello, chiunque egli fosse.

Quando il pericolo di veder cadere il Wall Rose era stato sventato, tuttavia, era riemersa in tutta la sua evidenza la questione di cosa fare con Eren. Pareva che il comandante Erwin Smith, a capo dell'unità di ricognizione del Corpo di ricerca, volesse averne la custodia, cosa che andava bene anche ad Eren; di tutt'altro avviso era però il resto dell'esercito, deciso piuttosto a uccidere il giovane, dopo averlo attentamente studiato.

Durante la seduta della corte marziale, presieduta dal generale Zachary, Eren era stato legato e messo a giudizio, come se fosse un criminale; sotto gli occhi terrorizzati di Saelle, i presenti discutevano su come sfruttarlo per degli esperimenti, studiarlo, vivisezionarlo e poi ammazzarlo. A quel punto, il capitano Levi era saltato al di là della tribuna e aveva iniziato a picchiare selvaggiamente il ragazzo, legato e impossibilitato a difendersi: lo aveva preso a calci, a pugni, lo aveva sbattuto a terra e picchiato in faccia col tacco degli stivali. Saelle e Mikasa stavano entrambe per intervenire, ma erano state fermate da Armin e dai loro compagni; da allora, però, Saelle vibrava di collera e indirizzava sguardi feroci al capitano, neanche volesse trapassarlo da parte a parte. Lui aveva avvertito addosso quegli occhi furenti, tanto che per un momento aveva girato le sue iridi color dell'acciaio su di lei, incrociando il suo sguardo.

«Ti faccio a pezzi.»

Il capitano ricevette a chiare lettere il messaggio, ma lo ignorò. Si rivolse invece a Nile Dawk, comandante del Corpo di gendarmeria, che gli intimava di fermarsi prima che Eren si trasformasse in gigante per vendicarsi di lui. Per tutta risposta, il capitano diede un altro calcio in faccia a Eren.

«Ma che cosa dici?» disse poi. «Se non ricordo male, volevate addirittura vivisezionarlo.»

Poi continuò: «A quanto ci risulta, dopo la trasformazione e prima che esaurisse le forze, Eren Jaeger avrebbe ucciso oltre venti giganti. E se vorrete affrontarlo dovrete poi anche tenere presente che conserverà anche tutta la sua intelligenza. Vi conviene pensarci bene. E parlo soprattutto a chi lo ha più maltrattato. Sarete veramente in grado di ucciderlo?»

Il comandante Erwin alzò la mano e si rivolse al generale.

«Signore, ho una proposta da fare. La capacità di autocontrollo di Eren dopo la trasformazione è ancora da determinare: pertanto lui resta un pericolo. Io propongo di affidarne la custodia al capitano Levi, che potrà condurlo con sé in ricognizione.»

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora