Capitolo XLVII - Il cuore più forte del mondo

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Era calata la sera, ormai, in una giornata piena di rivolgimenti di cui l'unità Levi non sapeva praticamente nulla. In fuga e braccati dal resto dell'esercito, i ragazzi avevano trovato rifugio nella boscaglia fuori da Trost ma, come da ordini del capitano, non avevano intenzione di fare solo da prede e cercavano di ritrovare Eren e Historia. Grazie all'aiuto di Marlo e Hitch, due gendarmi che avevano incontrato nel bosco e che si erano sorprendentemente schierati dalla loro parte in difesa del Corpo di ricerca, l'unità aveva raggiunto uno dei presidi meno difesi della Gendarmeria e l'aveva attaccato. Avevano ferito molti dei soldati presenti, ma il capitano era riuscito a mettere le mani sul loro ufficiale in comando e se l'era trascinato nel bosco, deciso a fargli confessare dove fossero stati portati i suoi sottoposti rapiti. Levi non aveva alcuna intenzione di andarci leggero, se l'ufficiale non avesse parlato: Eren e Historia erano in pericolo e, secondo Hanji, Eren avrebbe potuto essere divorato se non l'avessero trovato in tempo. In più, Levi non tollerava di aver deluso Saelle: lei gli aveva affidato suo fratello e lui se l'era lasciato sfuggire. Doveva ritrovarlo. Subito.

«Basta! No!» gridò l'ufficiale sequestrato, sotto ai violenti colpi che stava subendo ormai da parecchi minuti dal capitano Levi.

«Dove sono Eren e Christa?» chiese Levi, per l'ennesima volta.

Il gendarme gli rise in faccia, nonostante respirasse a fatica.

«Mi fai ridere, lo sai?» lo provocò. «Che coraggio avete avuto! I soldati fermi al posto di controllo erano tutti novellini alle prime armi! Credete di essere degli eroi per aver messo al tappeto delle reclute?!»

I volti di Sasha, Connie, Armin e Jean si innervosirono, invece Levi gli indirizzò uno sguardo gelido.

«È vero, abbiamo fatto una cosa orribile.» commentò, ma poi gli diede un calcio in faccia e gli infilò lo stivale tra i denti senza alcuna misericordia. «Un po' come quella che sto facendo alla tua bocca. Immagino che ti convenga usarla finché sarai ancora in grado di parlare. Dove si trovano Eren e Christa?»

Dopo aver premuto ancora sulle sue gengive, ritirò la gamba e il gendarme sputò sangue e un paio di denti.

«Stai sprecando tempo!» gli urlò il gendarme in risposta. «Ciò che vi resta da fare è continuare a scappare all'interno di queste mura ricoperti di fango e feci! Se non vi arrendete, giustizieranno tutti i soldati del Corpo di ricerca che hanno arrestato, a cominciare dal massimo responsabile del Corpo, Erwin Smith!»

Stavolta, Levi lo schiaffò contro un tronco, gli prese il braccio, glielo torse sulla schiena e, con un colpo deciso, gli dislocò una spalla. L'ufficiale diede in un grido di dolore che echeggiò tra gli alberi.

«Fa' silenzio.» gli disse Levi, glaciale, stringendogli ancora il braccio. «Questo è per non aver risposto alla domanda di prima. Le vite del Corpo di ricerca hanno un ordine di priorità e ognuno di noi ha accettato questa regola.» Il capitano lasciò la presa e si rialzò. «Dimmi dove si trovano Eren e Christa.»

«Io-io non lo so!» gridò stavolta il gendarme, tra lacrime di dolore. «Non mi hanno detto dove li hanno portati! Kenny Ackerman è un uomo molto prudente!»

Levi sollevò le sopracciglia per un attimo, sorpreso; Mikasa gli indirizzò uno sguardo allarmato, che lui non ricambiò.

«Hai detto Ackerman?» chiese al suo prigioniero. «E questo sarebbe... il cognome di Kenny?»

«Esatto...»

«Lui è solito tenere per sé alcune cose, specie quelle importanti.» osservò il capitano. «Sei sicuro di non sapere dove si trovino?» Con due passi gli fu di nuovo sopra, minaccioso. «Vuoi che ti aiuti a ricordare?»

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora