Capitolo LXXIX - Proprio per questo

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Saelle fu lieta di perdersi tra le vie di Trost, quella notte. Il distretto era piuttosto grande, ma c'erano numerosi punti di riferimento facilmente riconoscibili quindi, anche se non conosceva tutte le strade in cui passava, non si preoccupava affatto della possibilità di non riuscire a tornare indietro. La serata era davvero piacevole. Non c'era luna, ma numerose stelle avevano disseminato il cielo della loro luce argentea e intermittente; aleggiava un buon profumo di gelsomini, che arrivava dalle vasche fiorite che abbellivano i balconi e le piazze di Trost. Muovendosi per la città, Saelle cercava l'acqua. In questo distretto, gli ingegneri erano riusciti a convogliare le acque in alcuni canali che attraversavano la città e sui quali erano stati gettati piccoli ma graziosi ponti. Lei era riuscita ad avvertire uno scorrere d'acqua e stava cercando di raggiungere il canale da cui arrivava. Mentre si spostava tra le vie, oltre gli angoli, su e giù dalle scale e attraverso le piazzette, una figura la seguiva, a distanza, coperta dalla notte. Lei forse se n'era accorta, ma non ci badava: quella sera, non si sentiva per nulla in pericolo.

Finalmente, trovò quello che cercava: in un quartiere un po' periferico rispetto al centro, un grazioso ponticello di legno si gettava su un piccolo canale d'acqua. Delle lampade azzurre, lungo la riva, illuminavano la costruzione e il corso d'acqua in un adeguato gioco di colori; c'erano anche alcuni vasi di fiori agganciati al parapetto, a segno che doveva essere un luogo amato dagli abitanti per tranquille passeggiate o per ristorarsi dalle giornate di lavoro. Saelle si fermò lì: non c'era nessun altro. Si abbandonò con i gomiti sul parapetto e lasciò che le sue iridi seguissero quiete il corso incessante dell'acqua, che scorreva poco più giù sotto i suoi piedi.

Per diversi minuti, lo scorrere del canale fu l'unico suono che la ragazza udiva ed era una musica molto rilassante e piacevole. Venne però interrotta dal tacco di uno stivale militare, che suonò secco quando incontrò il pavimento di legno del ponte.

«Ciao, Levi.» disse Saelle senza spostare gli occhi dal corso d'acqua.

«Me lo ricordavo.» disse lentamente il capitano.

«Che cosa?»

«Che ti piacciono i fiumi.»

Lei sorrise.

«Davvero te lo ricordavi? Comunque questo temo che non lo sia: è solo un canale artificiale. I fiumi sono molto più belli di così.»

«Magari domani vedremo il tuo, quando arriveremo a Shiganshina.»

«Magari sì.»

La ragazza finalmente si sollevò e si voltò a guardare il suo capitano: le era rimasto a distanza e si era appoggiato con la schiena all'altro parapetto del ponte, con gambe e braccia incrociate come lo aveva visto fare molte altre volte. Le sue iridi, illuminate dalla luce azzurra delle lampade, sembravano quasi blu.

«Cosa ci facevi da solo in quel vicolo, Levi?»

Lui distolse lo sguardo.

«Non stavo origliando.» ci tenne a precisare. «Ero già lì prima che arrivaste voi.»

«Perché non eri con gli altri ufficiali? Perché eri lì da solo?»

«Lo sai il perché.»

Saelle lo guardò con un sorriso mesto.

«È vero, lo so.» rispose. «Il comandante Erwin ci ha detto che ha deciso di affidarti la fiala che può tramutare una persona in gigante. Dovrai essere tu a decidere quando e su chi usarla. Potrai salvare la vita ad una persona, ma la condannerai a portare con sé il potere e la maledizione dei giganti per tredici anni.» La ragazza sospirò, guardando a terra. «Ti ha assegnato un compito davvero crudele.»

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora