Capitolo LXXX - Nessun rimpianto

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Quella notte iniziò con un bacio infinito, appassionato, dolcissimo che Levi e Saelle si scambiarono sotto a delle luci azzurre, su un ponte di legno decorato da vasi di fiori, con il fruscio dell'acqua che cullava il loro abbraccio. Levi trascinò la sua sottoposta con sé fino in caserma, premendola contro la parete e baciandola furiosamente ad ogni vicolo buio che incrociavano sulla strada. Alla base c'era ancora qualcuno in piedi che passava per i corridoi, quindi dovettero salire nascondendosi tra una scala e l'altra, nei ripostigli, agli angoli più lontani dalle luci, ma non smettevano di sfruttare ogni secondo per baciarsi. Saelle rideva come una pazza, sembravano due spie in uno spettacolo comico; perfino Levi ogni tanto rideva, trascinato da lei, dalla situazione e dalla gioia che entrambi provavano. Alla fine, riuscirono ad arrivare alla camera del capitano ed erano già entrambi nudi prima ancora di raggiungere il letto.

Si amarono per tutta la notte, ridendo, stringendosi, baciandosi, sussurrandosi parole sulle labbra che nessuno dei due aveva mai detto. A differenza dell'altra notte che avevano trascorso insieme, Saelle non faceva sforzi per cercare di non pensare al futuro, anzi, ci pensava eccome; e non aveva alcuna paura di quello che vedeva negli occhi di Levi, di quel bagliore che gli inondava le iridi quando la guardava. Era bellissimo quel sentimento, ora che aveva avuto il coraggio di affrontarlo. Se il giorno dopo fosse morta, se fosse morto Levi, se anche fossero morti entrambi, poteva lasciare questo mondo senza il rimpianto di aver avuto troppa paura per stare accanto all'uomo che amava.
Ogni minuto, ogni istante che le era concesso ancora in questa vita destinata a finire molto presto non poteva essere sprecato. Era sempre stato questo il segreto di Levi: fare esattamente quello che aveva deciso di fare, senza sprecare un momento a interrogarsi su cosa fosse giusto, sbagliato, doloroso, appropriato o conveniente. Solo così poteva affrontare la morte con alle spalle una vita che si era scelto minuto per minuto, senza alcun rimpianto, anche se il destino gli aveva più volte riservato solo dolore.

L'alba non li separò: la spedizione sarebbe iniziata al tramonto e non c'era alcuna fretta di lasciare la stanza o indossare la divisa. I due restarono abbracciati tra le lenzuola ascoltando i rumori della caserma che si svegliava e giocando a intrecciarsi le dita l'uno con l'altra.

«Io però comincio ad avere fame.» disse ad un certo punto Saelle, accostata al petto di Levi. «Forse dovremmo andare a mangiare qualcosa.»

«Hai sempre fretta di sgusciare via.»

La ragazza si sollevò su di lui, sorridendo.

«No, stavolta no.» Lo baciò. «Non vado da nessuna parte senza il tuo consenso, capitano.»

Levi la guardò: non ci poteva credere, lo aveva detto un'altra volta; sempre con quel tono per nulla malizioso, per nulla ammiccante, nemmeno dolce: solo così, come se fosse scontato. Adorava come lo diceva.

«Avevi già usato queste parole.» le ricordò lui.

«Davvero?»

«Sì, qui a Trost. Sulla terrazza.»

«Già, ora ricordo.» Saelle si sdraiò sul suo petto, ma alzò la mano a carezzargli i capelli. «Non mi pare di averti mai disobbedito su questo.»

«Non ho mai voluto che obbedissi.»

«Bugiardo...!»

Levi sorrise.

«D'accordo, come tuo capitano sì.» le disse. «Per tutto il resto, ho sempre preferito che scegliessi.»

«Ti ho scelto. Sono qui.»

Saelle si issò su un gomito; camminò con l'indice e il medio sul petto di Levi, arrivò alle sue labbra, gliele carezzò e poi andò a baciarle.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora