Capitolo XXXVI - Corpo a corpo

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Sfortunatamente, quella notte Saelle non riusciva a prendere sonno. L'aver dormito nel pomeriggio doveva averle cambiato i ritmi del sonno, e comunque nei giorni precedenti aveva dormito talmente poco che ci aveva fatto l'abitudine, e ora non sentiva il bisogno di coricarsi. Starsene lì a letto a fissare il soffitto era logorante, tantopiù che l'agitazione del pomeriggio continuava ad assalirla. Nonostante apparisse calma e fiduciosa ai suoi compagni, dentro di sé era in fibrillazione. Era arrabbiata. Era arrabbiata con Zachary, che le aveva fatto quella proposta di lavoro assurda, a distanza per giunta; era arrabbiata con Levi, che non aveva tentato di trattenerla né le aveva chiesto di restare; soprattutto, era arrabbiata con sé stessa per essere arrabbiata per il motivo precedente. E, adesso, era furiosa per essere così stupida dal provare rabbia per cose simili. Basta, si alzò dal letto; indossò i pantaloni e il top neri che usava quando si allenava nella palestra allestita nei sotterranei del castello. Si diresse proprio lì, avendo cura di passare il più silenziosamente possibile per i corridoi. Giunta nei sotterranei, accese un paio di lampade e si diresse al sacco da pugilato. Lì a terra c'erano posate delle fasce di cotone, con le quali si avvolse i polsi e le nocche; poi cominciò a picchiare. Con la guardia alta, tirava alternativamente di dritto e di mancino sul sacco, a volte a ripetizione, a volte con lunghi affondi, diede anche qualche ginocchiata, continuando a saltellare sulle punte dei piedi nudi. Nel giro di mezzora, era sudata fradicia, ma si sentiva molto meglio. Pensò che avrebbe potuto continuare un altro po' e poi si sarebbe forse addormentata con maggiore facilità.

«Strano modo di passare la nottata.»

Saelle si allontanò di un passo dal sacco e lasciò ricadere i pugni lungo i fianchi; volse lo sguardo alla porta, dove si intravedeva una figura all'ombra posata con una spalla ad uno stipite. L'unica cosa che si distingueva chiaramente erano due occhi taglienti, lucidi come lame d'acciaio, posati su di lei.

«Mi dispiace averla svegliata, capitano.»

«Non l'hai fatto.» Levi emerse alla luce e si avvicinò a Saelle. «Cosa stai facendo?»

«Non riuscivo a dormire, quindi sono venuta ad allenarmi.» rispose lei, semplicemente.

«Fa' vedere.» le intimò Levi, indicando col mento il sacco.

Saelle tornò vicino al sacco e rialzò la guardia; ricominciò quindi a dare pugni all'inanimato bersaglio.

«Guardia più alta.» commentò perentoriamente Levi. Saelle alzò di più i pugni sul petto e riprese. Alternò qualche calcio laterale.

«Piega di più le ginocchia.»

Saelle obbedì e si concentrò sui calci; il sacco, però, rimbalzava sempre più forte ed era difficile riuscire a mirarlo con precisione.

«Aspetta, ti aiuto.»

Levi si sistemò dietro al sacco da pugilato e lo afferrò con entrambe le braccia, tenendolo adeso al petto. «Forza, ora.»

Saelle annuì; piegò il ginocchio sinistro e vi si sistemò in equilibrio, quindi prese a sferrare una serie di calci al sacco, sia coi piedi che con la gamba. Levi le dava brevi suggerimenti, che lei eseguiva immediatamente.

Qualche minuto dopo, il capitano lasciò la presa. Si chinò a raccogliere due fasce nere e cominciò ad avvolgersi le nocche.

«Il sacco non è un avversario degno. Sul tatami.» disse, indicando col capo uno dei tappeti al centro della palestra che servivano per l'allenamento di lotta corpo a corpo.

Saelle stava respirando affannosamente, ma non si ribellò. Si diresse sul tatami e si sistemò le fasce sui polsi. Quando si guardò alle spalle, però, per poco non le prese un colpo: Levi, dopo essersi sfilato gli stivali ed essere rimasto scalzo, si era tolto anche la maglietta. Saelle distolse lo sguardo e arrossì violentemente; fece ogni sforzo per non pensare al fatto che aveva immaginato la sua schiena e il suo petto nudi solo poche ore prima. Accidenti! Con tutti gli sforzi che stava facendo per cercare di non pensarci! Davvero lui non l'aiutava per niente! Di nuovo, la rabbia nei suoi confronti e per quello che provava, la invase: meglio così, ora avrebbe avuto occasione di sfogarsi. Quando Levi salì sul tatami, schioccando il collo a sinistra e poi a destra, Saelle aveva già alzato la guardia e lo stava trapassando con uno sguardo furente. Levi incrociò i suoi occhi per un momento, poi prese posizione.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora