Capitolo XI - Senza cuore

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Mentre alcune squadre di ricognizione recuperavano i corpi dei caduti, Eren fu nascosto su uno dei carri e Saelle fu rapidamente curata: non era ferita in modo grave, ma aveva tagli e abrasioni su tutto il corpo a causa della caduta e del ruzzolamento a terra. Una compagna di un'altra squadra le bendò le ferite e le asciugò il viso dal sangue, mentre il capitano Levi sorvegliava attentamente. Sotto il suo sguardo, Saelle teneva il viso basso e gli occhi incollati al suolo; non aveva il coraggio nemmeno di guardarlo in faccia.

I corpi dei suoi compagni di squadra furono recuperati poco dopo, avvolti in delle lenzuola e allineati sull'erba. Solo quando vide i piedi di Levi spostarsi da di fronte a sé e allontanarsi, Saelle provò ad alzare un poco gli occhi: ma vedere il capitano Levi in piedi accanto ai cadaveri dei suoi sottoposti era una scena straziante, che le veniva solo voglia di cancellarsi subito da davanti. Eppure, non poteva. Vide Levi chinarsi accanto ad un lenzuolo dal quale si intravedevano fuoriuscire alcune ciocche di capelli rossi; il capitano estrasse un coltello, disfece un poco il lenzuolo e ritagliò lo stemma delle Ali della libertà dall'uniforme della sua sottoposta caduta; quindi richiuse il lenzuolo, dando un ultimo sguardo a quei corpi allineati sull'erba.

Arrivò l'ordine di ritirata: era necessario tornare il più rapidamente possibile entro le mura, perché certamente i giganti sarebbero tornati presto ad attaccarli. Il comandante Erwin venne informato che non era stato possibile recuperare cinque corpi. Diede l'ordine: riprendere la marcia e archiviare i cinque non recuperati come dispersi. Due soldati, due giovani reclute, protestarono vibratamente: il loro compagno e amico d'infanzia Ivan era stato ucciso a poca distanza da lì, volevano assolutamente recuperare il suo corpo e portarlo ai genitori.

«Che cosa sono questi discorsi?» intervenne il capitano Levi. «Una volta constatata la sua morte, non possiamo fare altro. Che ci sia o meno un cadavere da seppellire, la morte resta sempre la morte.»

«Che-che cosa?» balbettò uno dei due soldati, con gli occhi lucidi.

«Ho già ordinato che vengano tutti dichiarati dispersi, e di riprendere la marcia.» riprese il comandante Erwin. «Quindi la questione è chiusa.»

«Ma... ma voi due,» disse sconvolto il ragazzo «non possedete più neanche un briciolo di sentimento umano?!»

«Stai attento, Dieter!» gli intimò il suo caposquadra. «Adesso stai esagerando.»

L'armata si mosse tutta insieme a cavallo, circondando i carri, riattraversando le pianure percorse poche ore prima; Saelle galoppava assieme a Mikasa a poca distanza dal carro sul quale era nascosto suo fratello mentre, nel carro a fianco, c'erano i corpi dei suoi compagni. Riuscirono a cavalcare liberamente solo per alcuni minuti: poco dopo, alcuni giganti comparvero alle loro spalle, inseguendoli con crescente rapidità. Saelle si voltò a guardarli e vide, poco avanti ai mostri, le due reclute di prima che galoppavano il più velocemente possibile, stringendo sulla sella il cadavere di quello che doveva essere stato il loro amico Ivan.

«Ma quelli sono... Dieter?!» esclamò il caposquadra. «Quello stupido idiota!» e sparò un fumogeno rosso.

Uno dei giganti raggiunse i due giovani. Dieter schivò una delle sue mani pronte ad afferrarlo, ma il cadavere di Ivan gli scivolò dalla sella senza che lui potesse trattenerlo. Al suo amico che gli cavalcava a lato, però, le cose andarono molto peggio: fu preso e divorato in un baleno. Dieter diede in un grido raggelante, si sollevò sui cavi del dispositivo per il movimento tridimensionale e aggredì il gigante, tentando di ucciderlo; il mostro però schivò il suo attacco e riuscì ad afferrare il ragazzo.
Saelle non aspettò un altro istante. Non ne poteva davvero più, ne aveva abbastanza di morte e cadaveri per un giorno solo; era già in piedi sulla sella e, mentre il gigante si portava Dieter alla bocca, si lanciò in aria, aggirò il gigante e con un grido gli sferrò due profondi affondi alla nuca. Il gigante cadde a terra, fumante, e Dieter riemerse dal suo pugno. Era stordito e scioccato.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora