Capitolo XLIV - Sempre più buio

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Lo stesso giorno, nel tardo pomeriggio, Saelle era già all'archivio reale e non poteva sapere che, nonostante il piano congeniato con Levi, la Gendarmeria centrale era comunque riuscita a rapire suo fratello e Historia, ad uccidere i sottoposti del caposquadra Hanji e a mettere seriamente in pericoloso il capitano e i suoi compagni.
Saelle aveva faticato molto, nelle precedenti settimane, nell'entrare sempre più in confidenza con Francis Kurt, il custode dell'archivio, ed era finalmente riuscita a convincerlo a farle visionare alcuni codici relativi alla storia della famiglia Reiss. Ce n'erano a decine, ma a furia di spulciare Saelle aveva individuato quelli che sembravano più antichi e, con il pretesto di una curiosità storica, aveva ottenuto il permesso di Francis di dar loro una veloce lettura.

Chiusa in una sala di consultazione, verso sera, scorrendo uno di questi testi, finalmente Saelle posò lo sguardo su un'informazione che sembrava degna di nota: circa cento anni prima, la famiglia Reiss aveva cambiato cognome. Come a dire che, proprio nel periodo in cui l'umanità si rinchiudeva volontariamente dentro alle mura, i Reiss avevano abbandonato il loro nome originario e ne avevano preso uno nuovo e fittizio, Reiss appunto. Saelle rifletté attentamente su questa notizia, valutando che per una casata nobiliare il nome rappresenta la sua storia, il suo potere, il suo prestigio: doveva davvero esserci una ragione molto, ma molto rilevante per spingere questa famiglia a lasciare il sul. La ragazza credette di avere in mano la prova che i Reiss, un tempo, erano i Fritz, ovvero la vera casa reale. Solo il tentativo di proteggere sé stessi e i loro futuri eredi poteva averli spinti ad abbandonare il loro vero nome. Inoltre, solo una ragione come questa poteva spiegare come, improvvisamente, Historia fosse divenuta tanto importante da meritarsi la protezione del Culto delle mura: visto che lord Reiss non aveva altri figli, Historia avrebbe potuto essere l'unica legittima erede al trono.

Saelle abbassò lo sguardo sul volume dalla custodia rossastra che conteneva questa informazione e capì che doveva portarlo fuori dall'archivio e farlo arrivare al comandante Erwin. Il problema era come fare: era un documento privato, se anche Francis le aveva permesso di visionarlo non le avrebbe mai consentito di portarlo via con sé. Agì quasi senza pensare: uscì di corsa dalla sala, cercando di muoversi rapidamente ma silenziosamente tra gli scaffali, e cercò, nella sezione dell'archivio aperta al pubblico, un libro della stessa dimensione e con lo stesso colore di copertina di quello che le interessava. Trovatone uno che faceva al caso suo, un banale trattato sull'agricoltura, lo gettò a terra nell'angolo più polveroso dell'archivio, lo calpestò e lo trascinò sul pavimento finché non fu discretamente coperto da una patina grigiastra e terrosa. Tornò nella sala di consultazione, prese un fazzoletto, lo bagnò con un po' d'acqua e si mise a pulire la copertina del codice della famiglia Reiss. Ci mise un po', ma alla fine il risultato era discreto: ad uno sguardo distratto sembrava più nuovo di quello raccolto pochi minuti prima. Infine, quasi d'istinto, infilò tra le pagine un fascicoletto piuttosto fino, che aveva letto di sfuggita pochi minuti prima e che le era sembrato importante, anche se non aveva ancora avuto il tempo sufficiente di rendersi ben conto del perché.

Un suono di passi fuori nel corridoio la avvisò che il suo tempo era scaduto: infilò il libro inutile tra quelli polverosi dei Reiss e depose il vero codice antico su una sedia accanto a lei. Si sedette, prese un altro volume e si mise a sfogliarlo con un'espressione estremamente annoiata. La porta si aprì.

«Ehi, hai fatto?» Francis la osservava dalla porta. «È ora di chiudere. Trovato qualcosa di interessante?»

Saelle stiracchiò le braccia in alto e sbadigliò vistosamente.

«Macché, una noia mortale. Matrimoni, figliolanze, parentado, possedimenti, castelli e bla bla bla. Li credevo più avvincenti.»

«Che cosa ti aspettavi da una famiglia di idioti come quella?» le sorrise il custode, malizioso.

«Hai ragione tu, come sempre.» gli rispose lei, sullo stesso tono.

«Li rimetto sotto chiave, allora.»

«Certo, fai pure. Ah, una cosa soltanto.» aggiunse Saelle. «I libri della sala qui accanto sono liberi per il prestito, vero? Posso prenderne uno?»

Francis sbatté le palpebre, perplesso.

«Sì, quelli sono documenti pubblici, chiunque può leggerli e chiederne il prestito. Quale ti interessava?»

«Questo.» rispose la ragazza, prendendo con una mano il libro dalla copertina rossastra discretamente lucida che aveva sulla sedia accanto.

«Devo indicarlo nella scheda dei prestiti. Che libro è?» Francis si mosse di un passo verso di lei per prenderlo: Saelle però se lo passò sull'altra mano, lo aprì, scorse un paio di pagine bianche con espressione noncurante e finse di leggere quanto vedeva sulla prima pagina scritta:

«Coltivazione delle erbe medicinali: trattato di agricoltura farmaceutica per principianti, del professor Oratio Estal.»

«Ti interessi di agricoltura, adesso?» chiese stupito il custode.

Saelle gli girò un'occhiata significativa.

«Non mi interessa l'agricoltura. Mi interessa qualcosa che concili il sonno.»

Francis scoppiò a ridere.

«Sei davvero un bel tipo, tu!» sghignazzò, con le lacrime agli occhi. «D'accordo, prendilo pure, spero ti garantisca sonni profondi. Riportalo tra un paio di settimane, però.»

«Altrimenti cosa fai, mi denunci?» La ragazza chiuse il libro con un tonfo e ci giocherellò, passandoselo da una mano all'altra come se fosse la cosa meno importante che le fosse mai passata per le mani. «Capisco che questo capolavoro assoluto della letteratura scientifica sia un cimelio irrinunciabile per questo archivio. Chissà come se la prenderebbe lo stimatissimo professor Estal se finiste per perderlo...»

«E smettila.» bofonchiò Francis. «Adesso vai, devo chiudere.»

«Signorsì, signor custode.»

«Stammi bene.»

«Grazie, anche tu.»

Saelle sgusciò via dalla sala di consultazione come se niente fosse e percorse il corridoio d'uscita con studiata lentezza, ma in realtà il cuore le batteva all'impazzata: come fu fuori dalla porta dell'archivio reale, nascose il volume nel mantello e corse via nella notte appena calata, che si faceva sempre più buia.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora