Capitolo XLIX - Scontro alla caverna dei Reiss

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Arrivarono alla cappella dei Reiss pochi minuti dopo e, come previsto da Hanji, sul pavimento c'era una botola.

«Eren e i nemici sono qui sotto.» disse la caposquadra, accucciandosi vicino alla botola assieme a Levi. «Spero che la conformazione del terreno sia come ci aspettiamo.»

Saelle era a poca distanza da loro, aiutava a Armin e Moblit a mettere a punto i congegni che avevano preparato per distrarre i loro avversari.

«Spero sia valsa la pena di allungare il tragitto per preparare quei regalini.» commentò il capitano.

Armin terminò di legare un sacchetto pieno d'olio all'ultimo apparecchio.

«Ecco fatto!» disse. «Perfetto, qui è tutto pronto.»

«Eccellente.» gli rispose il capitano; poi, si rivolse a tutti i suoi sottoposti. «E adesso rispondetemi: siete tutti pronti a sporcarvi le mani?»

Saelle lo guardò: era vero, lei era stata addestrata ad ammazzare giganti, non esseri umani; ma quelli lì sotto volevano uccidere suo fratello e lei aveva un unico scopo nella vita: fare in modo che lui sopravvivesse. Non disse nulla, ma nei suoi occhi color smeraldo c'era già scritta la sua risposta. Levi guardò i suoi occhi, poi quelli di tutti gli altri, che se ne stavano silenti ma determinati.

«Sembrerebbe di sì.» commentò.

Scesero tutti nella botola, dove si trovava un atrio con un gran portone di legno: sicuramente, la grotta che la famiglia usava per i suoi riti era al di là di esso. Levi e Hanji si diedero un ultimo cenno di assenso, poi il capitano spalancò il portone con un calcio, mentre la caposquadra fece precipitare di sotto dei congegni su ruote e carichi di polvere da sparo, che scivolarono giù da una scalinata che sembrava di cristallo. Levi guidò la squadra di corsa giù per le scale; Sasha era già armata di una freccia infuocata e con essa colpì il primo dei loro marchingegni, che esplose provocando una fitta nube di fumo nero. Levi e Mikasa approfittarono della copertura per lanciare i cavi dei dispositivi per il movimento tridimensionale e sollevarsi in aria. La grotta era sorretta da grosse colonne, anch'esse dall'aspetto cristallino; Levi le percorse veloce come un fulmine, mentre gli altri coprivano la sua traiettoria sparando dei fumogeni.

«Trentacinque nemici posizionati sui pilastri davanti a noi!» sentirono gridare il capitano. «Proseguiamo con l'operazione: li uccideremo tutti qui e adesso!»

Saelle non aspettava che quest'ordine: assieme a Connie, Jean e Hanji si sollevò in aria e, sfruttando il denso fumo che non permetteva ai gendarmi di mirare correttamente, andò in attacco, mentre Sasha e Armin facevano esplodere altri sacchi d'olio e polvere da sparo e sparavano fumogeni per coprire i loro compagni. Le pistole anti-uomo che i gendarmi avevano in dotazione erano davvero pericolose, ma Armin aveva ragione: li costringeva a sparare i pallettoni sempre nella direzione in cui lanciavano il rampino per spostarsi in aria, quindi li lasciava scoperti alle spalle. Saelle cercò copertura tra le colonne e, quando vide un nemico librarsi in volo, lo inseguì: quando fu a portata, gli trapassò la schiena con la sua lama.

Uno sparo la fece voltare: un altro gendarme l'aveva individuata. Lasciò scorrere il cavo che la reggeva e scivolò rapidamente in basso; un secondo colpo la mancò per un pelo.

«Ora, però,» disse tra sé e sé «devi ricaricare.»

Non aspettò che il nemico ci riuscisse: gli piombò addosso e lo trafisse allo stomaco.

Un fumogeno verde sfrecciò al suo fianco: lei inseguì la traiettoria, sfruttando il fumo per coprire i suoi movimenti. Attaccò altri due, tre, quattro gendarmi. Finirono tutti la loro vita trapassati dalle sue lame, oramai imbrattate di sangue.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora