Capitolo LXVII - Cuori sotto la luna

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Era notte fonda e Levi non riusciva a dormire. Aveva provato a stendersi a letto e a rilassarsi, come gli aveva insegnato a fare Saelle pochi giorni prima, ma stavolta non funzionava affatto. Mancava lei. Mancava il suo profumo, il tamburellare calmo del suo cuore, mancavano le sue braccia che lo stringevano. Adesso poi, dopo quel momento di tensione che c'era stato tra loro prima di cena, calmarsi era ancora più difficile. Maledizione! Come aveva fatto quel giorno a restare tutta una notte abbracciato a quel corpo senza... adesso che ci ripensava, non sapeva decidere se era stato un santo o un vero idiota. Dio, quel corpo... ricordava centimetro per centimetro le curve su cui aveva posato gli occhi, i bottoni della camicetta slacciati, la trasparenza del tessuto sul suo seno quella volta in cui l'aveva sorpresa semi nuda nella sua stanza: il ricordo gli ribolliva ancora dentro. Ecco perché non dormiva: invece che calmarlo, pensarsi nuovamente abbracciato a lei lo stava mandando in fibrillazione.

Non seppe neanche lui spiegarsi quali pensieri e quale temerarietà lo fecero lasciare il suo letto, uscire dalla sua stanza al secondo piano, scendere le scale fino al primo, arrivare in fondo al corridoio est e bussare alla porta di destra. Quando si rese conto di quello che aveva fatto, ormai aveva già bussato.

Saelle socchiuse la porta e si trovò davanti Levi col viso stravolto: era pallido e sfinito. Eppure, i suoi occhi mandavano i medesimi lampi infuocati che gli aveva visto addosso poche ore prima.

«Capitano Levi, che succede?» sussurrò la ragazza inquieta, attraverso la fessura.

«Non-non riesco a dormire.» rispose lui, più stupito di lei dall'essere lì. «Scusami. Potresti tenermi... un po' qui con te?»

Saelle aprì di più la porta per osservarlo meglio: sembrava sul punto di crollare.

«Da quant'è che non dormi?» domandò.

«Tre giorni.»

La ragazza agghiacciò dalla sorpresa: accidenti, se non ci avesse pensato un gigante, Levi sarebbe morto per mancanza di riposo prima o poi. Nonostante la confusione che l'agitava in quel momento, si tirò da parte e lo lasciò entrare nella sua stanza, chiudendogli la porta alle spalle. Nella camera c'era una diffusa luce di luna, che proprio in quel momento si affacciava alla finestra. Saelle non indossava che un paio di pantaloncini e una camicetta da notte bianche che riverberavano la luce perlacea della luna; si avvicinò alla finestra per tirare le tende e cercare di limitare la luminosità nella stanza. Il capitano seguì i suoi movimenti dalla porta, con iridi brucianti che lei non vide, ma che si sentì addosso.

La ragazza si sdraiò a letto e fece cenno a Levi di raggiungerla; lui la seguì e le si sdraiò accanto. Si misero nella stessa posizione di quando lei lo aveva fatto addormentare: lui si era accoccolato sul fianco sinistro di Saelle, con la testa sul suo cuore, e lei gli carezzava le spalle, tenendo la guancia posata sui suoi capelli. Malgrado la posizione, però, c'era qualcosa di irrimediabilmente diverso rispetto a quella volta; Saelle non sapeva spiegarsi cosa. Qualcosa nella luce della stanza, forse? O nel letto, che era più piccolo? O magari nell'aria, che vibrava diversamente: c'era una tensione diversa tra loro due, palpabile, intensa. L'ultima volta, era stata sua l'idea di farlo addormentare accanto a sé, aveva pensato che fosse la cosa giusta da fare in quel momento e, in effetti, aveva funzionato. Adesso era stato lui a presentarsi alla sua porta. Certo, era sfinito, era evidente; ma c'era qualcosa, qualcosa nei suoi occhi vibranti e infuocati che le aveva messo addosso un'inquietudine che pochi giorni prima non c'era.

Levi capiva bene che Saelle non poteva non essersi accorta che l'atmosfera era decisamente cambiata tra loro. Non sapeva neanche lui con che scopo era arrivato fino a quella camera, ma non aveva alcuna intenzione di tentare di rilassarsi e tantomeno di mettersi a dormire. Finalmente quel corpo il cui pensiero lo tormentava da giorni ora era lì, sotto di lui; tra il suo orecchio e il tamburellare del cuore di Saelle c'era la curva del suo seno, morbido e caldo sotto la sua guancia; il suo profumo era ovunque intorno a lui, inebriante e meraviglioso. E i suoi capelli, la sua pelle, le sue labbra erano a pochi centimetri dalle sue dita, dalla sua bocca.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora