Capitolo XXX - Una missione per Saelle

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Connie e Jean non scesero per pranzo: dovevano ancora riprendersi dal brevissimo incontro di lotta avuto poche ore prima. Il capitano Levi era molto responsabile nei confronti dei suoi sottoposti, ma non era proprio il caso di provocarlo, perché non ci andava affatto leggero.

Saelle era di turno alle stalle, ma dopo pranzo il capitano le chiese di salire nel suo studio.

«Ho una missione da affidarti.» le disse, sedendosi alla sua scrivania.

«Sì, signore.» rispose subito lei.

«Un rapporto con quanto ci ha riferito Historia delle sue relazioni con la famiglia Reiss è già pronto qui su questa scrivania. Dovrai consegnarlo direttamente nelle mani del generale Zachary, all'Alto comando della capitale, a Mitras.»

A... Mitras? Saelle non era mai stata nella capitale in vita sua e, francamente, non aveva alcun desiderio di allontanarsi da suo fratello e dalla sua unità. Tuttavia, non era nella posizione di discutere gli ordini.

«Signorsì.» rispose.

«Non ho ancora finito.» continuò il capitano. «Quando sarai dal comandante supremo, ti metterai a sua disposizione per tutto il tempo e tutti gli incarichi che deciderà di affidarti. È chiaro?»

Stavolta, Saelle rimase un tantino perplessa.

«Sì, signore.» rispose, titubante. «Ma non capisco che cosa può volere da me il generale.»

Levi abbandonò la guancia contro le nocche della mano.

«Pare che il comandante Pixis gli abbia parlato di te. Il tuo intuito sulla questione di Reiner e Berthold lo ha molto colpito; inoltre, le tue imprese a Trost e il tuo sacrificio a Stohess meritano un encomio: forse il generale vuole vederti anche per questo.»

La sua sottoposta fece una smorfia infastidita.

«Se qualcuno merita un encomio, quello è lei, capitano, non io.»

«Non ha importanza. Il generale vuole conoscerti, quindi mettiti a sua disposizione.»

«Sissignore.»

«Partirai domani in mattinata. Raggiungi Trost e fai rapporto a Erwin. Lui ti affiancherà una scorta che ti guiderà a Mitras.»

«Per quanto tempo crede che dovrò stare via?»

«Francamente non lo so. Immagino una settimana, ma potrei sbagliarmi.»

Saelle iniziò a torturarsi le dita. Levi alzò un sopracciglio.

«Ti preoccupi per tuo fratello?» chiese il capitano.

«Lo ha detto lei, signore, che potrebbe essere un bersaglio.»

«Per ora non c'è motivo di allarmarsi. E comunque Eren è sotto la mia responsabilità.»

La ragazza, quindi, annuì.

«Mi fido di lei, capitano.»

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La mattina seguente, tutti i membri dell'unità si radunarono in cortile per salutare la loro compagna in partenza. Sasha si era raccomandata perché Saelle le portasse qualche prelibatezza dalla capitale e stava già sbavando all'idea di quello che avrebbe gustato al suo ritorno. A Mikasa la partenza della sorella non piaceva per niente, ma al solito se ne stava sulle sue non mostrando niente di quello che provava. A sembrare più abbattuto era il fratello, che temeva per l'incolumità di Saelle.

«Non preoccuparti per me.» gli disse lei, mettendogli le mani sulle spalle. «Preoccupati di te, piuttosto. Dai retta al capitano e non fare stupidaggini in mia assenza, d'accordo?»

Lo abbracciò. Sulle sue spalle, Eren le rispose:

«Sì. Tu fa' attenzione, però.»

Lei si sciolse dall'abbraccio, gli fece un gran sorriso e poi montò a cavallo.

«Arrivederci a tutti.» li salutò, agitando la mano.

Inaspettatamente, il capitano Levi la raggiunse conducendo con sé il suo destriero nero.

«Ti accompagno fino alla fine del bosco.» disse.

Salì a cavallo e si rivolse ai suoi sottoposti.

«Tornerò tra un'ora. Nel frattempo, iniziate con le vostre mansioni: Armin, distribuisci tu i turni. In mia assenza, sarai tu al comando.»

«Signorsì!» rispose Armin, col pugno al cuore e una certa tensione nel volto.

«Andiamo.» disse quindi Levi a Saelle. Partirono entrambi al galoppo, ma solo lei si voltò un'ultima volta a guardare i suoi compagni, alcuni dei quali ancora agitavano la mano in saluto verso di lei.

Percorsero il bosco in silenzio, galoppando l'uno accanto all'altra tra il riverbero del sole che filtrava tra le foglie degli alberi. Saelle non poté fare a meno di pensare a quando avevano cavalcato insieme in una foresta solo poche settimane prima, ignari che di lì a pochi minuti avrebbero perso quasi del tutto la loro squadra; la ragazza ricordò che, in quel momento in cui doveva decidere se spronare suo fratello a fidarsi dei suoi compagni o a combattere da solo, a convincerla per una risoluzione era stato incontrare gli occhi di Levi. Si volse quindi a cercare quegli occhi: differentemente da quella volta, in cui lei galoppava alle sue spalle, ora erano l'uno accanto all'altra e lei poteva guardarlo in volto. Come allora, Levi cavalcava guardando avanti. Nessuno dei pensieri che potevano attraversargli la mente in quel momento era accessibile per lei: sembrava che lui fosse sempre distante, sempre concentrato su qualcosa che a lei sfuggiva, sempre chiuso in sé stesso. Eppure, quegli occhi color del cielo in tempesta avevano cominciato ad essere un punto di riferimento per Saelle. La loro calma, determinazione, profondità le infondevano una sicurezza che lei spesso non sentiva di avere; è vero, talvolta erano feroci, altre volte freddi, altre addirittura inquietanti, ma il loro magnetismo non smetteva mai di attirarla. Perché? Da quando il capitano Levi aveva iniziato ad essere così importante per lei?

Levi dovette percepire che gli occhi di Saelle erano posati su di lui, pertanto girò le iridi e i loro sguardi si incrociarono.

«Cosa c'è?» chiese il capitano.

«Niente.» si affrettò a rispondere la sua sottoposta, che tornò subito col volto in avanti.

Poco dopo, arrivarono alla fine del bosco. Le vaste pianure che circondavano il distretto di Trost si stendevano davanti a loro. Levi rallentò il galoppo e si fermò sotto ad uno degli ultimi alberi; Saelle gli si fermò accanto.

«Da qui in avanti, sarai da sola.» disse il capitano. «Buona fortuna.»

«Grazie, signore.» rispose lei.

Lo guardò un'altra volta negli occhi ma stavolta, quando lui rispose allo sguardo, lei non distolse il suo. Rimasero in silenzio uno negli occhi dell'altra per un tempo troppo lungo perché non significasse nulla.

«Le affido mio fratello, capitano.» disse infine Saelle.

«Sì.»

Saelle partì al galoppo senza dire altro, ma, mentre attraversava le pianure, sentiva addosso la fastidiosa sensazione che avrebbe dovuto dire qualcos'altro, anche se non aveva idea di cosa fosse.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora