Capitolo LXXII - Senza Levi

532 23 5
                                    

Levi era ancora sdraiato sopra a Saelle ed entrambi respiravano affannosamente. Mano a mano che l'adrenalina si abbassava e  che l'ossigeno tornava a riempirle i polmoni, Saelle sentì come se il cervello ricominciasse, secondo dopo secondo, a funzionare. La lucidità e il raziocinio ripresero il controllo della sua mente e, mentre il suo corpo si raffreddava dal calore rovente che l'aveva elettrizzata fino a pochi minuti prima, una sensazione di terrore gelido iniziò a devastarle il petto. Cosa, cosa avevano appena fatto?! Non poteva credere di essersi lasciata trascinare fino a quel punto! Non aveva deciso, stabilito, giurato a sé stessa che Eren doveva essere l'unica cosa importante nella sua vita? Mentre le parole, i sospiri e il corpo di Levi sostavano ancora concreti sulla sua pelle, il suo cervello riprese a ragionare e sentì enormemente il peso delle conseguenze di ciò che era appena accaduto.

Levi respirava ancora sul suo collo quando Saelle lo prese per le spalle, lo sospinse leggermente perché si allontanasse e si rimise seduta. Il capitano le guardò il viso e capì subito che le cose non sarebbero più andate come voleva lui.

«Non avremmo dovuto farlo.» gli disse lei, guardandolo senza rabbia ma con una terrificante serietà.

«E questo cosa vorrebbe dire?» replicò Levi, sentendo già una nuova e sconosciuta angoscia montargli nel petto e smorzargli il respiro.

«Che abbiamo fatto un tremendo sbaglio.»

Il capitano corrucciò la fronte.

«Come può essere uno sbaglio?»

«Ci siamo lasciati... trascinare. Non avremmo dovuto. Non dovrebbero accadere cose simili in un'unità dell'esercito.»

Levi si sentì prendere da una collera mista a terrore che non sapeva da dove uscisse: in realtà, non era altro che l'angoscia che lo stava arpionando al cuore.

«Che cosa stai dicendo? Lo capisci cos'è successo qui? Io... non ho pensato che a te per notti intere!»

«Levi...»

«E non dirmi che non hai pensato a me anche tu!»

«Capitano.» lo fermò Saelle facendogli segno di non dire altro. «Quello che vuoi non ha alcuna importanza.»

Lui si sentì agghiacciare.

«Come... può non averne?»

Saelle si rimise i pantaloncini e si alzò.

«Domani partirai per la missione che ti ha affidato il comandante Erwin.» disse. «Il tuo dovere ti chiama, così come il mio chiama me. Restare separati per qualche giorno ci farà solo del bene. Quando tornerai, riprenderemo a comportarci come un ufficiale e la sua sottoposta. Come dovrebbe essere.»

Scese dal tatami senza dire altro e si incamminò verso le scale.

«Potrei non tornare affatto.» ringhiò Levi, solo per provocarla.

Lei ne fu colpita, invece: arrestò un momento il passo. Non si voltò. Strinse i pugni. Dopo qualche istante, riprese a camminare, lentamente, e valicò la porta. L'ombra la inghiottì.

---

La mattina dopo, all'alba, Levi raggiunse le scuderie, guidò il cavallo fino al cortile e montò in sella, pronto a partire per raggiungere Trost, dove lo aspettava il comandante Erwin per dare avvio alla missione. Nonostante fosse molto presto e lui non avesse chiesto nulla, alcuni dei suoi sottoposti si erano comunque alzati per venire a salutarlo: c'erano sia Eren che Armin, e anche Sasha e Connie.

«Le auguro buona fortuna, capitano.» gli disse Eren, sinceramente addolorato di separarsi dal suo superiore senza poterlo accompagnare.

«Grazie.» rispose lui brevemente. Non voleva, ma non riuscì a trattenersi dallo spiare un momento di più il portone, per vedere se qualcun altro stava arrivando per salutarlo. Armin seguì il suo sguardo: sfortunatamente, non c'era nessuno in vista.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora