Capitolo LVI - Senz'aria

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Quando Levi riaprì gli occhi, ore dopo, si alzò immediatamente a sedere sul letto su cui si trovava disteso. Le pareti della stanza non gli erano familiari; doveva trovarsi nella caserma del distretto di Krolva. Una fasciatura gli avvolgeva il petto, dove l'artiglio del gigante gli aveva stracciato le carni, e aveva una benda sul capo, probabilmente perché cadendo a terra aveva battuto la testa.

«Capitano Levi, finalmente si è ripreso!»

Levi girò gli occhi alla sua sinistra: Sasha e Armin erano seduti lì accanto, con un'espressione rincuorata in volto.

«Come stanno Saelle ed Eren?» furono le prime parole che gli uscirono di bocca.

L'espressione serena di un momento prima sparì immediatamente dai volti dei due ragazzi. I loro sguardi, fattisi improvvisamente scuri, si abbassarono a terra, incapaci di incontrare quello del capitano. Levi ebbe un atroce presentimento. Il sangue gli si gelò nelle vene.

«Lei dov'è?» riuscì a chiedere, paralizzato dal terrore.

«Capitano...» tentò Armin.

«DOV'È?!»

«È... è qui, su questo piano.» gli fu risposto. «L'ultima stanza in... in fondo al corridoio.»

Levi non aspettò un secondo di più: quel tremendo, spaventoso presentimento gli aveva già afferrato lo stomaco. Si lanciò furiosamente fuori dalla camera, correndo a perdifiato lungo il corridoio.

«Saelle!» urlò, col cuore in gola.

Spalancò l'ultima porta a destra, che sbatté con un tonfo contro il muro, e si avanzò al centro della stanza.

Saelle non c'era.

O meglio, sì, c'era.

C'era stata.

Il suo corpo, ancora disteso sul letto, era stato interamente coperto da un lenzuolo bianco. Alcune ciocche dei suoi capelli bruni ne uscivano, sparse immobili sul cuscino.

Per Levi, fu come se cento lame gli si fossero infilzate nel corpo e lo avessero trapassato da parte a parte. Gli si fermò il cuore, gli si bloccò il respiro, gli si annebbiò la vista. I suoi occhi si svuotarono di ogni luce, di ogni sintomo di vita. Precipitò in ginocchio. La straziante sensazione di aver perso tutto lo investì e lo sommerse, tanto che boccheggiò, come se gli mancasse l'aria, come se stesse annegando. Non era la prima volta che la sentiva. E, di nuovo come allora, percepì l'inutilità della sua forza, la sua impotenza di fronte ad un destino che non poteva essere conosciuto né controllato... ma che aveva deciso, chissà perché, che lui doveva restare solo al mondo. Niente di quello che lui faceva sembrava permettergli di tenersi qualcuno accanto a lungo. Anche stavolta, l'aveva persa. Anche stavolta, quel terribile dolore da affrontare; e con cui convivere, per sempre.

Era talmente fuori di sé che non sentì nemmeno i passi che entrarono precipitosamente nella stanza, alle sue spalle.

«Capitano! Capitano Levi!»

La voce gli arrivò lontana, lontanissima, come venisse da un'altra dimensione.

«Capitano, ho sentito che mi chiamava, ma...»

Levi sgranò gli occhi ancora appannati.
Girò lo sguardo alle sue spalle.
E Saelle era lì. Le sue pupille si spostavano allarmate da lui caduto in ginocchio al corpo steso sul letto, intuendo cosa poteva essere successo.

«Levi, non è questa la mia stanza.» spiegò agitata, arrivando a sottolineare l'ovvio. «È quella di fronte. Ti ho sentito chiamarmi e... oh!»

Non riuscì a continuare, perché le braccia di Levi le avevano avvolto convulsamente il capo e ora le premevano il viso contro la sua spalla. Saelle rimase imprigionata in quell'abbraccio spasmodico senza riuscire a muoversi. La pelle di Levi era sudata, e gelida. Tremava. Il suo respiro affannato vibrava di tensione, come se cercasse a fatica di ritrovare l'aria.

La ragazza si sentì stringere ancor più forte.

«Ho creduto... Ho creduto che...»

Nella voce spezzata di Levi era rimasto un residuo del dolore che doveva aver appena provato, anche se solo per qualche secondo, ma inspiegabilmente vibrava anche di una collera feroce, intensa. Perché? A chi era rivolta, quella collera?

Finalmente, Saelle lo circondò a sua volta con le braccia.

«Sono qui, Levi.» gli disse, col volto ancora premuto contro la sua spalla. «Sto bene. Ho solo qualche graffio. Devi aver pensato che fossi nella stanza di destra perché è quella che occupo al castello; ma, qui, mi hanno assegnato quella di sinistra.»

Gli stava carezzando la schiena, lasciandosi stringere senza protestare. Pian piano, sentì il respiro del capitano farsi più lento e profondo e i nervi tesi del suo corpo rilassarsi. Pochi minuti dopo, anche la stretta del suo abbraccio si era allentata. Saelle lanciò un'altra occhiata sul letto, dove si vedevano sul cuscino ciocche di capelli di un colore molto simile a quello dei suoi.

«Una veterana dell'altra squadra di ricognizione che avevamo recuperato.» spiegò tristemente. «Non è sopravvissuta alle ferite.»

Non che a Levi non importasse della morte di un soldato, ma c'era qualcosa di più urgente che occupava i suoi pensieri: se Saelle stava bene, perché, quando aveva chiesto ad Armin e Sasha di lei e suo fratello, loro avevano fatto quell'espressione cupa? Si sciolse dall'abbraccio e guardò la sua sottoposta negli occhi.

«Saelle, dov'è Eren?»

Sul volto della ragazza comparve la stessa ombra scura che aveva visto poco prima sui suoi due compagni.

«È al piano inferiore.» rispose abbassando lo sguardo. «Ma... è messo molto male. Non si sta curando. Non riusciamo a capire il perché.»

«Cos'è successo?»

«Quando mi ha vista in pericolo, Eren si è trasformato di nuovo in gigante ed è corso a salvarmi.» Sul volto di Saelle comparve un sorriso triste, traboccante di sensi di colpa. «Doveva essere sfinito, ma è riuscito a tenere occupati i giganti che ci stavano assalendo, tanto da consentirmi di ucciderne alcuni. Erano troppi però, infine lo hanno assalito in gruppo e... e sono riusciti a strapparlo dalle carni del suo gigante. Quando è stato tra le loro mani, lo hanno... pressocché divorato.»

Le parole di Saelle tremavano di orrore al ricordo di quella scena. L'immagine di suo fratello che gridava in modo atroce mentre i suoi arti gli venivano strappati via, mentre il suo sangue scorreva e le sue carni venivano divorate, era destinata a perseguitarla per il resto della sua vita. Solo in quel momento Levi si accorse di quanto fosse rauca la sua voce. Quanto doveva aver urlato vedendo suo fratello fatto a pezzi?

«Io non... non riuscivo a raggiungerlo.» spiegò, con gli occhi vitrei. «Erano in troppi, davvero in troppi e lo stavano... lo stavano smembrando!»

Levi provò disgusto per sé stesso. Se Saelle ed Eren si erano messi in pericolo era perché lui si era fatto sconfiggere. Come diavolo erano riusciti i due ragazzi a uscire da una situazione come quella?

«Come hai fatto a salvarlo?» domandò con un filo di voce.

«Non sono stata io. Non appena ha capito cosa stava succedendo, Mikasa ci ha raggiunti: è stata lei a riuscire a strappare Eren dalle mani di quegli esseri orribili, usando l'ultima lancia fulmine che aveva. Mio fratello respira, ma non... non guarisce, non sta ricostituendo i suoi arti come ha fatto in passato. Forse le sue ferite sono troppo gravi o è troppo sfinito. Io non... non capisco. Non so cosa fare.»

I suoi occhi color smeraldo, ormai, erano colmi di lacrime. Levi strinse i pugni e rimase paralizzato, senza sapere cosa poter fare per consolarla. Lei, però, dopo pochi secondi gli fece un debole sorriso; si asciugò le ciglia umide con le dita.

«Ma sono felice che tu stia bene, Levi.»

Il capitano la considerò col suo sguardo d'acciaio.

«Andiamo da tuo fratello.» disse.

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*Angolo di Sirio*

Stelle mie, chi tra di voi ad un certo punto di questo capitolo ha pensato di venirmi a trovare a casa, prendermi a sassate in faccia e poi soffocarmi nel sonno con un cuscino?! Su la mano, fatevi sentire! 🤣🤣🤣

Perdonatemi, ma serviva uno scossone a questa storia... e a Levi, come vedrete!

Continuate a seguirmi! :-*

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora