Capitolo LXV - Luminoso risveglio

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Quando alcune ore dopo Levi si risvegliò, ebbe immediatamente la chiara percezione di due cose così diverse dal solito che gli fecero spalancare le palpebre. La prima era che nella sua stanza c'era luce; era la luce ancora fioca dell'alba, ma al giovane capitano non capitava di svegliarsi senza il buio da anni. Solitamente, si addormentava a notte fonda e dormiva appena un paio d'ore; quando il sole faceva capolino all'orizzonte, lui era già sveglio da un pezzo; spesso era già sceso per la colazione, a volte si era addirittura già allenato. Aprire gli occhi e vedere la luce entrare dalla finestra era un'esperienza che aveva quasi del tutto dimenticato.

La seconda era che c'era un corpo sotto di lui; un corpo morbido, caldo e che emanava un lieve ma dolcissimo profumo. Saelle era ancora lì, sul suo letto. Levi alzò il capo giusto un poco, quel che bastava per poterla guardare. Dormiva ancora. Durante il sonno, aveva abbandonato la testa di lato e aveva lievemente schiuso le labbra; anche le sue braccia non avvolgevano più Levi e una mano era abbandonata lungo il fianco, mentre l'altra era andata a posarsi sul cuscino, molto vicina alla sua bocca. Aveva leggermente piegato le gambe e col busto si era probabilmente mossa un poco, perché la sua camicetta, ancora slacciata di due bottoni di troppo, si era tutta spiegazzata. Non che si vedesse qualcosa di sconveniente: solo che, ruotando assieme al busto, il tessuto si era avvolto più strettamente attorno al suo corpo, rendendone più percepibili i contorni; dal torace nudo, si scorgeva appena il principio di una delle curve del suo seno. I suoi capelli erano sparsi disordinatamente su tutto il cuscino, ma alcune ciocche le erano scivolate sulle spalle, sul petto, sulla guancia.

Dio. Era la creatura più sensuale su cui Levi avesse mai posato gli occhi. Ogni centimetro del suo corpo disteso e mollemente abbandonato tra le lenzuola emetteva una carica erotica tanto più impressionante quanto era inconsapevole, visto che lei dormiva. Levi spese diversi minuti a considerare coi suoi occhi color dell'acciaio ognuno di quei centimetri, sentendo risvegliarsi dentro di lui delle vibrazioni che non ricordava di aver mai provato, ma che stavano decisamente agguantando buona parte della sua mente. Quanto avrebbe voluto baciarla... era impossibile, naturalmente, non doveva farlo, per un sacco di ottime ragioni. E poi una delle mani di lei era posata vicino al viso, se avesse voluto baciarla avrebbe dovuto spostargliela e l'avrebbe senza dubbio svegliata. Però, chissà cosa si provava ad assaggiare con la bocca quel corpo, quel corpo che era lì, proprio sotto di lui, ad un palmo dalle sue dita, quella pelle dolce e morbida che sprigionava un lieve tepore, che si alzava e si abbassava al ritmo del respiro, che profumava di lei e, insieme, anche di lui, che le era stato stretto addosso per tutta la notte. Quale sensazione avrebbero potuto provare le sue labbra, al contatto con quella pelle?

Dio, ti prego, un bacio. Un bacio solo, uno solo...! Non serviva che fosse sulla bocca, andava bene uno qualunque di quei centimetri di pelle divina... non sarebbe stato lungo, solo un momento, solo un istante, un bacio solamente, per assaporarla una volta, una sola, non avrebbe mai chiesto nulla di più...

Saelle finalmente mosse le palpebre. Nel sonno, aveva sentito qualcosa sfiorarla e, anche se non ne aveva coscienza, pian piano si risvegliò. Quando aprì gli occhi, le sembrò che il soffitto fosse un po' diverso da quello che ricordava della sua stanza; poi mise a fuoco la figura che era lì accanto lei, accovacciata sul letto, e che la guardava: era il capitano Levi. Qualcosa di nuovo e di vibrante nelle iridi del suo superiore la spinse a sollevare il capo e a darsi un'occhiata; il ricordo di quanto era accaduto la notte appena trascorsa le si riversò tutto nella mente in un istante. Si fece rossa come la brace.

«Ah!» gridò, rizzandosi a sedere sul letto e stringendosi la camicia sul torace con una mano. «Ca-capitano Levi! Mi dispiace!» farfugliò, imbarazzatissima. «Io non... non intendevo passare qui la notte, davvero! Scusami!»

Levi la considerò con la sua solita fredda calma.

«Non ti scusare.» le disse. «Ci sei riuscita. Mi hai fatto addormentare.»

«S-sì. È vero. Bene.»

Dicendo questo, Saelle si alzò dal letto e, dando le spalle a Levi, si riabbottonò frettolosamente la camicia fin sotto la gola.

«È così che hai insegnato a Mikasa a superare le sue notti insonni?» le chiese il capitano.

«Sì.» Saelle si voltò a guardarlo, più serena. «Non è altro che una tecnica di rilassamento per distendere il corpo e concentrare la mente su qualcosa di ritmico, come il respiro o il battito del cuore. Aiuta ad allentare la tensione e a frenare i pensieri.»

«Erano anni che non dormivo tante ore di fila.» disse ancora Levi, guardandola. «Ti ringrazio.»

La ragazza si allacciò le mani dietro alla schiena, come una scolaretta, e gli fece un sorriso smagliante.

«Non c'è di che!»

«Ora però è meglio se torni alla tua stanza.» le suggerì il capitano. «Avrai bisogno di cambiarti, immagino.»

«Sì, certo.» Saelle si diresse alla porta e mise la mano sulla maniglia ma, prima di uscire, si volse ancora un momento a guardare il suo superiore.

«Ci... ci vediamo tra poco.» gli disse con un timido sorriso che nessuno le aveva mai visto fare, dolce e incerto, che sembrava cercare in lui una conferma di complicità.

Levi lo trovò irresistibile. E fece una cosa incredibile: sollevò un solo angolo della bocca, in un sorriso che rivolgeva per la prima volta solo ed unicamente a lei. Era un sorriso a metà, però era un sorriso; ed era incredibilmente affascinante.

«Sì.» le rispose, con quel lieve sorriso ancora sulle labbra. «Ci vediamo tra poco.»

Sulle iridi smeraldo di Saelle si accesero un milione di bagliori luminosi. Uscì dalla stanza di Levi e si diresse alla sua camera quasi saltellando, allegra al limite del ridicolo. Nel tragitto, le venne di sfiorarsi con le dita un punto della pelle sul torace, alla base del collo, dove la curva della spalla incontrava la clavicola: chissà perché le sembrava che qualcosa l'avesse toccata, lì; ma probabilmente era solo un'impressione.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora