Capitolo XIX - Caduta

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«Dov'è Armin?» chiese Saelle con un tono di estrema urgenza nella voce. «Devo parlare con lui! Subito!»

Levi sentì una stilla di sudore scivolargli dalla fronte.

«L'ho visto nella sua stanza pochi minuti fa.»

Saelle schizzò come una saetta su per le scale, seguita da Levi. In due minuti era arrivata alla stanza del suo amico d'infanzia.

«Armin!»

La porta era aperta e lui era seduto alla scrivania a leggere un libro; Saelle entrò di corsa, col fiatone e un'espressione stravolta in volto.

«Che-che succede?» chiese Armin, stupito e preoccupato.

«Armin, quel giorno al campo di addestramento cadetti...» disse Saelle tra un respiro affannato e l'altro. «Il giorno prima della prova di equilibrio di Eren, ti ricordi? Abbiamo chiesto aiuto a Reiner e Berthold.»

Il ragazzo sbatté le palpebre perplesso, senza capire quale fosse il problema, ma cercò di concentrarsi su quanto gli diceva Saelle.

«Sì, io... io mi ricordo.»

Nel frattempo, era arrivato anche Levi, che sostava vicino alla porta.

«Quella notte, ci hanno portati tutti e tre sulla collina, a vedere la luna.» continuò la ragazza, con una strana inquietudine negli occhi. «E abbiamo parlato dei motivi per cui volevamo entrare nell'esercito. Berthold ci ha detto che voleva sopravvivere, che desiderava ottenere un incarico nella Gendarmeria per restare nei territori interni.»

«Sì.» le disse Armin, ricordando. «Io gli ho detto che tenere alla propria vita non era affatto un istinto da disprezzare e infatti...»

«Ma Reiner!» lo interruppe lei. «Reiner ci ha detto... lui ha detto...»

Armin indagò quelle iridi burrascose che cercavano disperatamente aiuto; vi legò i suoi occhi azzurri, vi rimase alcuni istanti e poi, come se fosse stato contagiato, sentì le sue stesse pupille dilatarsi nell'angoscia che iniziò ad invaderlo.

«... ci ha detto che voleva tornare a casa!»

Io invece farò ritorno alla mia terra. 

Dentro di me non desidero altro. 

E ci riuscirò. A  qualunque costo.

Rimasero fissi l'una nell'altro per alcuni interminabili secondi. Poi Saelle schiuse le labbra, tremando all'idea di fare quella domanda.

«Tu-tu credi che...?» provò a dire.

Armin non disse nulla e deglutì.

«Oi, si può sapere di che cosa state parlando?» si intromise Levi, che non stava capendo nulla. «Chi è questo Reiner? E perché è di una qualche importanza che voglia tornare a casa sua?»

Armin girò i suoi occhi azzurri su di lui con raggelante gravità.

«Perché Reiner e Berthold» disse lentamente «provengono dalla stessa terra di Annie.»

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Quindici minuti dopo, Armin, Saelle e Levi erano di fronte al comandante Erwin e ad Hanji Zoe a cercare di trarre qualche tipo di conclusione.

«E come potete dire» domandò il comandante «che quei tre provengono dallo stesso luogo?»

«Sono stati loro a dircelo.» rispose Armin. «Berthold Hoover ci aveva raccontato che il suo villaggio, lo stesso da cui proveniva anche Reiner Braun, si trovava sulle montagne ad est del Wall Maria e che era stato attaccato dai giganti penetrati da Shiganshina senza che la popolazione fosse avvertita, causando una strage. Tempo dopo Annie ci disse che anche lei proveniva da quelle zone.»

«Forse Annie Leonhart ha mentito.»

«Potrebbe essere.» osservò Armin. «Ma Reiner e Berthold non l'hanno mai smentita.»

Erwin si portò una mano al mento, riflettendo.

«E quei tre vi sembravano molto uniti?»

«No... no, non direi.» disse Armin. «In realtà si parlavano pochissimo. Dopotutto Annie parlava poco in generale. Però, ecco... Berthold la seguiva spesso con lo sguardo.»

Armin cercò con gli occhi Saelle, come a cercare un sostegno, ma lei non disse una parola e teneva gli occhi incollati al suolo; aveva la stessa faccia di una che si è appena frantumata al suolo.

Il comandante incrociò le braccia sul petto.

«Non sono elementi sufficientemente sicuri per accusare qualcuno.» osservò.

«Noi non... non intendiamo accusare i nostri compagni!» si affrettò a dire Armin. Anche Saelle si irrigidì e strinse i pugni. «È solo che... quella frase di Reiner ci è sembrata strana, a ripensarla adesso.»

«Oppure ci sono altri motivi per cui avete dei sospetti su Braun e Hoover?» chiese ancora Erwin, scrutandoli coi suoi occhi glaciali.

«No.» Stavolta Armin rispose con decisione. «Sono stati dei compagni molto leali. Con tutti noi.»

Erwin lanciò un'occhiata a Saelle, ma lei teneva ancora lo sguardo a terra; si rivolse quindi al caposquadra Hanji.

«Hanji, cerca di rintracciare i documenti anagrafici delle tre reclute.» ordinò. «Cerchiamo di sapere se davvero c'era un legame tra Leonhart, Braun e Hoover. Forse,» aggiunse «questi due ragazzi sanno qualcosa di Annie che noi non sappiamo. Potrebbero aiutarci a capire.»

«Sissignore.» rispose la caposquadra. Diede anche lei uno sguardo ai due cadetti, poi si avviò verso la porta, facendo un cenno a Levi, che se n'era stato in disparte e silenzioso. Mentre Hanji usciva, incrociò un soldato della squadra di Erwin che arrivava correndo dal corridoio con l'espressione di uno che ha appena visto l'apocalisse.

«Comandante! Comandante Erwin!» urlò prima ancora di entrare nella stanza. Quando si fermò sulla soglia, Hanji si era voltata a guardarlo incuriosita e tutti gli occhi dei presenti erano su di lui già con un brutto presentimento. «Comandante, il Wall Rose è caduto!»

Saelle sentì una fitta allo stomaco e un brivido gelido correrle giù per la schiena; istintivamente, volse gli occhi al capitano Levi, ma anche lui sembrava per un momento paralizzato dall'orrore. Erwin si alzò di scatto in piedi, ma non sapeva che dire.

«I giganti...» disse ancora il soldato, con la voce che gli tremava «i giganti sono entrati.»

Armin uscì di corsa dalla porta. Quando arrivò alla stanza dei fratelli Jaeger, aprì la porta senza neanche bussare e guardò i suoi due amici con gli occhi allarmati: Mikasa sedeva accanto al letto e teneva la sua sciarpa rossa tra le mani, carezzandola; Eren, dietro di lei in piedi, la guardava accigliato.

«Eren! Mikasa!» urlò il ragazzo. «Ho una notizia terribile! I giganti sono oltre il Wall Rose!»

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora