Capitolo VI - Morso

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All'arrivo del caposquadra Hanji, Eren e Saelle passarono con lei ad un tavolo la notte intera, a farsi spiegare tutti gli esperimenti che lei aveva fatto negli anni sui giganti e le conclusioni che ne aveva tratto. In realtà, non scoprirono nulla che non ci fosse già nei testi che avevano studiato durante l'addestramento cadetti, ma almeno servì loro a comprendere un po' di più la strana ragazza con gli occhiali, che aveva dedicato anni a odiare i giganti senza trarne nulla e quindi aveva tentato una strada diversa, quella della conoscenza, e ne stava ricevendo molte più soddisfazioni. Al momento, Hanji stava facendo esperimenti su due giganti catturati da poco, uno da cinque e uno da sette metri che lei aveva buffamente chiamato Sonny e Bean. Su di essi, Hanji stava ripetendo gli esperimenti già fatti e confermando le sue deduzioni, per poi tentarne di nuovi.

Sfortunatamente, assieme alle prime luci dell'alba, arrivò una pessima notizia: i due giganti, durante la notte, erano stati uccisi. Tutta l'unità Levi, assieme a quella della caposquadra Hanji, si fiondò nel luogo in cui i due erano stati rinchiusi per esaminare la situazione, ma non è che ci fosse molto da fare: le due creature erano state colpite profondamente con un taglio alla nuca, l'unico modo che si conoscesse per ucciderli, visto che erano creature in grado di guarirsi da qualunque altro tipo di ferita; ora, i loro corpi si stavano decomponendo rapidamente in una nuvola di fumo. Mentre Eren e Saelle osservavano perplessi la scena, una voce arrivò alle loro spalle:

«Tu che cosa ci vedi, Eren? Chi è il nostro nemico?»

Era il comandante Erwin: fissava intensamente i due cadaveri e stringeva le mani sulle spalle di Eren. Saelle lo guardò un momento negli occhi, due occhi azzurrissimi ed estremamente acuti, poi tornò a guardare i corpi dei giganti con una nuova, inquietante sensazione addosso. Chi poteva essere stato? Qualcuno dell'esercito, senz'altro: nessun altro poteva sapere che i giganti erano qui. Ma era chiaro che, nonostante il profondo odio che l'umanità nutriva per questi esseri, almeno questi due erano estremamente utili all'umanità stessa; dunque, chi li aveva uccisi, compiva semplicemente una vendetta personale o, piuttosto, cercava di ostacolare l'umanità? Esseri umani che ostacolavano altri esseri umani? Per quale scopo? E, soprattutto, per conto di chi?

Il capitano Levi strappò Saelle dalle sue riflessioni.

«Venite via. Ormai non c'è più niente che possiamo fare.» ordinò ai due ragazzi.

«Sì, capitano.» risposero loro, seguendolo nel rientro, ma senza riuscire a togliersi di dosso quella nuova, fastidiosa sensazione che ci fosse qualcosa di incredibilmente sbagliato.

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La mattina seguente, Hanji cominciò a coordinare gli esperimenti su Eren. Scelse un vecchio pozzo interrato nelle campagne, vi calò il ragazzo e gli chiese di trasformarsi in gigante, ritenendo che, se anche avesse perso il controllo di sé, il pozzo sarebbe comunque stato utile a contenere la sua forza. Eren doveva aspettare che gli altri si allontanassero, attendere il segnale di un fumogeno e poi autoinfliggersi del dolore: solo così, aveva scoperto, riusciva a trasformarsi. Hanji e Levi presero le debite distanze dal pozzo; Saelle, accanto a Erd, osservava da ancora più lontano, tesissima. Aveva sentito che, se Eren non si fosse riuscito a controllare, il capitano intendeva amputargli tutti gli arti per renderlo inoffensivo; questo, nella migliore delle ipotesi. Tutti i componenti dell'unità tranne lei, infatti, erano eventualmente ben preparati ad ucciderlo.

Il segnale di fumo fu lanciato, ma dopo alcuni minuti sembrava che nessuna trasformazione fosse avvenuta. Saelle non sapeva se sentirsi sollevata o ancora più inquieta. Levi tirò fuori Eren dal pozzo: il ragazzo non era riuscito a trasformarsi, ma nel tentativo di farlo si era morso entrambe le mani così profondamente e violentemente che erano coperte di sangue. Oltre a non riuscire nella trasformazione in gigante, le sue ferite, che Hanji gli bendò immediatamente, non guarivano. Fu proposta una pausa: i ragazzi si sedettero ad un tavolo per bere un tè. Eren era afflitto.

Ogni minuto che mi resta, Levi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora