• Capitolo 2. •

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La valigia era aperta sul pavimento e tutti i miei averi, dagli abiti allo spazzolino, erano sospesi a mezz'aria in attesa che li scegliessi per metterli in valigia.
- Tu puoi andare, tu torna al tuo posto! Mentre tu, caro jeans, aspetterai ancora un po'. - E mentre mi ergevo a giudice dei miei possedimenti la mia camera diventava la dimora del caos, non che non lo fosse già.
Avevo quasi finito quando mia madre bussò alla porta ed entrò, come al solito, senza aspettare la mia risposta.
- Ecco la divisa, questo pomeriggio una sentinella verrà a prelevarti. Non avrai intenzione di lasciare a casa questo splendido vestito vero? - Chiese indicando un abito da cocktail nero che mi aveva comprato qualche settimana prima.
- A cosa mi dovrebbe servire? - Ribattei prendendo il vestito e poggiandolo su di me osservandomi allo specchio accanto alla porta, sì era decisamente corto.
- Ma per trovarti un ragazzo! Stai per andare in una delle più prestigiose scuole del mondo magico, anzi la più prestigiosa, e vuoi privare quei ragazzi della splendida vista delle tue gambe? -
Beh, se per gambe splendide intendeva un incrocio fra un prosciutto e una gelatina, pensai, io le battevo tutte. Ero amareggiata, il mio corpo non era quello di mia madre, esile e slanciato, anzi, era piccolo e formoso. Non potevo certo definirmi grassa ma neanche magra, il seno, che non era grandissimo, era comunque abbastanza evidente, come anche il sedere e le gambe, purtroppo. Non ero alta ma nemmeno bassa, ero quella snervante via di mezzo che non ti dava la possibilità di categorizzarti.
- Lilith, devi ringraziare madre natura per questo corpo, miliardi di ragazze ucciderebbero per averlo. - Riprese mia madre facendo aderire la gonna alle gambe e costringendomi dolcemente a guardare il riflesso nello specchio. Poi lo prese, lo mise in valigia e, mentre la richiudeva, segno che avevo perso la battaglia, aggiunse - Dai provati la divisa. - Il suo tono amorevole infondeva sicurezza e autostima, ma era pur sempre mia madre e si sa che le madri sono di parte.
Mi cambiai dietro al separé orientale fatto di legno di ciliegio e carta di riso con motivi floreali, regalo di mia zia Beth dal suo viaggio in Giappone. Quando avevo otto anni, credevo bastasse nascondersi dietro un qualsiasi oggetto per diventare invisibile e quello era il nascondiglio perfetto.
Quest'estate ho scoperto che diventare invisibili è possibile e non è solo frutto dell'immaginazione di una bambina, e che non serve nascondersi dietro un oggetto per farlo.
Zia Beth era la migliore amica di mia madre, aveva lunghissimi capelli nocciola con riflessi di miele e vestiva sempre di verde dicendo che così sì sentiva più vicina a casa, forse anche lei era una fata, pensai. Non la vedevo dal suo ritorno dal Giappone e quel separé mi faceva sempre sorridere, riflesso dei sorrisi pieni d'affetto che mi regalava ogni volta che il mio sguardo s'incagliava nel suo.
Finito di cambiarmi mi diressi verso lo specchio dove mi attendeva mia madre che, vedendomi, iniziò a saltellare e a battere le mani felice.
Sia il blazer che la gonna, poco sopra il ginocchio, erano color crema con rifiniture in oro, la camicia a mezza manica era bianca e il colletto, con due clip dorate, incorniciava una corta cravatta anch'essa dorata. I calzettoni fino a metà polpaccio riprendevano il bianco della camicia e avevano ai bordi gli stessi dettagli in oro del resto della divisa, i mocassini invece riprendevano il crema del blazer e della gonna, non senza dei dettagli in oro.
- Questo colore mi fa sembrare una morta. -
Constatai guardandomi amareggiata
- Pff, sempre a lamentarti. Stai benissimo invece. - Rispose mamma scoccandomi un bacio sulla guancia.
Dopo pranzo feci un'ultima doccia veloce nel mio bagno, rimisi la divisa che avevo tolto per evitare che si macchiasse ed attesi la sentinella vicino la porta d'ingresso.
I miei genitori dissero che sarebbe arrivata per le tre ma già dalle due e mezza diedero il via a saluti e raccomandazioni.
- Mi mancherai tesoro. - esordì mia madre stritolandomi e cercando di trattenere le lacrime, papà si aggiunse all'abbraccio - Mi raccomando, soprattutto con i ragazzi, non tornare a casa con il pancione o con un bimbo fra le braccia. - lo guardai storto - Tra tutte le cose che avresti potuto dire ti è venuta in mente solo questa? - lui fece spallucce - Ti voglio bene e mi mancherai li aveva già presi tua madre. -
- Ci sono anch'io! - urlò Eliah lanciandosi dal divano poco distante da noi e finendo sopra le nostre teste - Mi mancherai brutta strega! - Squillò. Sapevo che era il massimo che potessi aspettarmi da lui così lo stritolai in un abbraccio riempiendolo di baci e divertendomi nel sentirlo urlare - No! Mi sta infettando coi tuoi germi da femmina, aiuto! - quando lo lasciai libero proseguì, strofinandosi con forza la guancia per ripulirla dai miei 'germi da femmina' - Mi scriverai qualche volta? - e i suoi occhioni verdi si fecero più da cerbiatto del solito.
- Certo che ti scriverà - rispose mamma al mio posto - basterà pensare ad una carta da lettera e a quello che vuole scrivere e le parole compariranno automaticamente. Poi andrà nella cassetta dedicata alla Terra e la spedirà. -
- Prima che me ne dimentichi - annunciò mio padre - Porta questa collana sempre con te quando sarai lì, non mostrarla mai a nessuno di cui non ti fidi pienamente. - Annuii mentre mi chiudeva al collo una catenina dorata con un ciondolo romboidale, con frecce verso l'interno e verso l'esterno tutte dorate, formate da una linea continua. Riconobbi nelle sue forme il nodo celtico chiamato ' Sostegno di Donough ' , che rappresenta una guardia verso le forze esterne ed è sorgente di pace interiore.
Accarezzai la collana che sembrava appartenermi da una vita, poco dopo sentimmo suonare il campanello. Aprii e mi ritrovati difronte un gigante tutto muscoli e divisa con i capelli a spazzola ai lati cortissimi, dai tratti nordeuropei. Sembrava un soldato.
- Lilith Light? - Chiese squadrandomi dall'alto dei suoi due metri abbondanti, io annuii, lui con un gesto meccanico prese la mia valigia e fece un cenno militare di saluto e congedo ai miei genitori che, dopo un ultimo abbraccio, mi lasciarono andare.
- Sono molto preoccupata. - Sussurrò mia madre all'orecchio di papà - Andrà tutto bene Aura, tesoro, nessuno se ne accorgerà. - rispose lui sussurrando ancora più piano per non farsi sentire.
Non ebbi il tempo di soffermarmi sulle loro parole così prive di significato che subito la sentinella parlò
- Si avvicini e mi tenga il braccio, si stringa forte. La prima volta potrebbe causarle nausea e giramenti ma solitamente passano dopo qualche minuto. - gli afferrai il braccio senza capirne il motivo e subito venimmo inghiottiti in un vortice elettrico di fumo denso biancastro e di scintille, lui era immobile mentre io a fatica riuscivo a star dritta, sballottata a destra e a manca. Quando il vortice decise di placarsi venimmo sputati, letteralmente, ai piedi di un'imponente struttura simile ad un castello che sembrava essere costruito in nessuna epoca in particolare, così ricco di dettagli appartenenti alle più disparate correnti, come se fossero stati aggiunti via via nel tempo. Era enorme e maestoso, dietro di esso si potevano scorgere vari castelli più piccoli collegati fra loro e a quello più grande e tutti, posti a ferro di cavallo, sembravano proteggere un giardino gigantesco, o forse un parco. Ai lati due alte torri sembravano fissarmi sospettose.
- Siamo arrivati signorina Light, mi segua, gli alunni del primo anno la stanno già aspettando. - annunciò la sentinella. Dopo avermi lasciato qualche secondo per osservare il luogo, riprese la mia valigia e iniziò ad incamminarsi verso il castello più imponente e io, che non potevo vantare una chissà quale lunghezza di gamba, dovetti quasi correre per stargli dietro.

L'ultimo dei Guardiani (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora