• Capitolo 50. •

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Sempre lo stesso sogno.
Quella notte non poteva finire in modo peggiore.

Correvo lungo quel lungo corridoio, le solite grida di aiuto, il solito scalpiccio degli stivali da soldato, le solite finestre alte lungo il lato sinistro. Correvo fino alla solita porta bianca con le rifiniture in oro, le urla della donna provenivano da lì – Ci sei quasi Lilith, ti prego aiutami! – urlava disperata, i soldati si avvicinavano sempre di più. Li vidi, il corpo era umano, ma il volto era macerato e dilaniato da orripilanti ferite infette, gli occhi cavi e la bocca, sostituita da una grande voragine di sangue, spalancata producendo suoni immondi – Scappa, vai via! Non lasciare che ti prendano! – urlava la donna. Poi i tremori, le esplosioni, i vetri infranti sul mio corpo.

Mi svegliai di soprassalto, sudata e spaventata da quanto questa volta il sogno fosse sembrato reale. Dalla finestra un timido raggio di sole penetrava basso, stava albeggiando e sicuramente non sarei riuscita ad addormentarmi di nuovo, così decisi di andare in cucina, magari un bicchiere d'acqua fresca mi avrebbe fatto bene.

Scalza scesi silenziosamente le scale, godendomi il fresco del pavimento rigenerandomi ad ogni passo. Alcuni bicchieri giacevano al centro del tavolo tondo rovesciati, in attesa che qualcuno li utilizzasse. Ne presi uno e, aprendo piano il rubinetto, lo riempii di acqua gelida e bevvi piccoli sorsi. I sogni sono solo sogni, pensai, e non c'era motivo di restarne così coinvolta emotivamente, io non avrei mai visto quel castello né sentito le urla di quella donna e i vetri di quelle finestre non mi avrebbero mai sfiorato perché quelle finestre esistevano solo nella mia mente, non erano reali.

Un fruscio mi fece voltare.

Seduto dall'altra parte della confortevole cucina, con la schiena poggiata al muro, Ellis mi guardava con occhi stanchi – Cosa c'è? – chiesi avvicinandomi a lui preoccupata –Non farlo. – mi intimò lui, sentii gli occhi bruciare – Perché non dovrei? – chiesi ancora – Perché ti odio. – ribatté lui e il bruciore si trasformò in lacrime calde che scesero a tutta velocità rigandomi le guance.
Mi avvicinai a lui seppur contro la sua volontà e mi ci sedetti accanto, lo fissai piangendo e sapevo che nella sua mente scorrevano le immagini della mia conversazione con Jud della sera prima – Non avrei motivo di manipolare i miei ricordi. – dissi infine.
Lui mi asciugò col pollice le ultime lacrime intrappolate sotto le mie ciglia – Credo di aver fatto ancora una volta la figura dell'idiota. – cercai di sorridere, seppur gli angoli della bocca tremavano e nella mente mi rimbombavano le sue parole.

"Dimenticatene, ero solo arrabbiato e volevo ferirti." Mi sussurrò nella mente scacciando via i miei ricordi.

- Non volevo che Jud vincesse, ma per vincere intendo che Jud fosse in grado in uno schiocco di portarmi via te. Diamine Lilith non ho mai fatto tante stupidaggini per nessuno! Ho finto di avere una ragazza inesistente, ti ho bendata su un tetto solo per poter stare con te e ho dovuto tirar su una messinscena lunga settimane solo per metterti in salvo. – ascoltavo senza sapere cosa rispondere, perché in questi casi non puoi controbattere nulla. Lo guardavo mentre i raggi del sole si riflettevano sui suoi capelli illuminandoli, sembravano ancora più morbidi di quanto non fossero visti così. Ed i suoi occhi, mi guardavano come se esistessi solo io al mondo ed ero profondamente imbarazzata da tanta bellezza e attenzione puntate su di me, due voragini azzurre, più chiare al centro, come un vortice d'acqua inarrestabile, che trascina tutto ciò che trova sul suo percorso, lo trascina a fondo facendolo agonizzare intrappolandolo nella sua morsa. La sua bocca sospesa a metà, leggermente socchiusa, in pacata attesa della mia mossa, ma se avesse continuato a guardarmi così, perfetto com'era, non avrei proprio fatto nulla.

- Lilith? – mi richiamò, io scossi leggermente la testa – Lo sai che non amo quando mi fissi. Ad essere sincero neanche quando attenti alla mia vita ma... - non lo lasciai finire e lo abbracciai, scoppiando in lacrime senza un apparente motivo. Lui mi accarezzò la testa, soffermandosi su alcune ciocche iniziando ad arrotolarsele fra le dita – Andrà tutto bene. – sussurrava vicino al mio collo, mi baciava delicatamente il lobo lasciando che mi sfogassi, forse ne avevo solo bisogno – So che è dura per te, nell'arco di un anno hai dovuto sopportare così tante cose, io sarei scappato via al primo intoppo te lo assicuro. Ma tu sei rimasta anche quando non volevi farlo, stai combattendo una battaglia che non ti è mai appartenuta. Quando penso che in soli tre mesi hai preparato un esame di ammissione, battendomi tra l'altro, rabbrividisco. Tu sei una roccia, ma sono sicuro che anche le rocce piangono e ogni volta che ne avrai bisogno potrai venire da me e piangere tutto il tempo che vorrai, io ti abbraccerò come sto facendo ora e se la Terra dovesse sgretolarsi poco male, io rimarrei così, io non ti lascio. – alzai lo sguardo – Ellis io... - provai tra i singhiozzi, che cercavo di soffocare per non far rumore, lui mi interruppe con un bacio salato delle mie lacrime e dolce di tutti i sentimenti che ormai avevano finalmente deciso di liberarsi.
Smisi di piangere e mi avvicinai ancora di più a lui, avvicinando i nostri corpi. Lui mi strinse forte e mi baciò con più trasporto, disperato e timoroso che quel bacio potesse finire ed io non lo fermai. Sentivo le sue mani sui miei fianchi, i pollici solleticarmi le costole, sentivo i suoi capelli fra le mie dita sfuggirmi delicati.
- Dovremmo riposare. – disse una volta che la passione decise di scomparire – Siamo svegli da troppo tempo – Fra poco si sveglieranno tutti. – notai guardando l'ora – Vieni in camera dai, solo qualche ora. – si imbronciò dolcemente e a quel viso d'angelo non potei dire di no. Sgattaiolammo silenziosamente nella sua stanza per addormentarci abbracciati, nessuno avrebbe potuto rovinare quella giornata così magnifica, niente e nessuno.

L'ultimo dei Guardiani (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora