• Capitolo 19. •

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Quando riaprii gli occhi ero in un letto che non mi apparteneva.
- Dove sono? - chiesi a me stessa stordita, solo in un secondo momento misi a fuoco tutti i corpi che si affrettavano verso di me occupando gran parte della visuale.
- Sei una pazza! - scattò Aki che camminava avanti e indietro per la stanza coi pugni sui fianchi - Per tutte le dinastie come ti è saltato in mente di scatenare tutto quel putiferio!? Per colpa tua Ellis... - non la lasciai finire che subito mi liberai delle coperte e saltai giù dal letto, il mondo aveva improvvisamente preso a girare - Ditemi dov'è Ellis. - sussurrai aggrappandomi alle sbarre in ferro di quello che capii essere un letto.
L'ultima volta che l'avevo visto un uragano lo stava trascinando via.
Due forti braccia mi presero per le spalle e mi costrinsero a ritornare sotto le coperte - Dove credi di andare? Hai bisogno di riposo. - mi voltai e vidi la sentinella che mi aveva scortata in accademia la prima volta stringermi ancora le spalle nella sua salda presa, mi divincolai e mi affrettai verso la porta che sembrava quella d'uscita traballando per i forti giramenti.
- Tesoro. - una mano familiare si posò sulla mia spalla e dal tono capii che non avrei potuto vincere quella battaglia. L'unica cosa che sapevo era che non sapevo assolutamente niente, e volevo vedere Ellis. - Devi riposarti, non preoccuparti per lui. - zia Beth sembrava sempre leggermi nel pensiero, mi riaccompagnò verso il letto, aiutandomi a stendermi - Sta bene? - chiesi preoccupata, tutto ciò che ottenni da lei fu un sorriso.
- Ha fatto un volo da non so quanti metri! - sbottò Aki, il fratello prontamente le tappò la bocca con una mano e mi sorrise cordiale.
I miei occhi si spalancarono, il mio ritmo cardiaco accelerò velocemente - Come è potuta accadere una cosa simile? - chiesi a me stessa mettendomi le mani fra i capelli,questo andava contro ogni logica e contro ogni magia.
Io non odiavo Ellis, ero solo molto arrabbiata con lui per quello che mi aveva detto e per il suo comportamento ambiguo, non avevo fatto nulla di male. Era stato il vento, e poi i fulmini, loro l'avevano trascinato fuori dalla sua stanza, io non avevo fatto nulla.
Il mio corpo dondolava avanti e dietro cercando delle risposte che il mio cervello non era in grado di dare.
Sollevai lo sguardo e vidichi mi circondava scambiarsi fuggevoli sguardi complici. Marina, che fino ad allora era rimasta in silenzio e in disparte, si avvicinò al letto e mi strinse la mano sedendosi accanto a me, zia Beth si schiarì la gola.
- Vedi Lilith, la tempesta di ieri sera, l'hai provocata tu. - il mio ritmo cardiaco diminuì drasticamente.
Sentivo il sangue fuggire via dal mio viso lasciandomi impallidire, mi girava la testa e il mio stomaco aveva deciso proprio ora di fare bungee jumping. Aki e Marina mi aiutarono a stendermi e mi spiegarono che ieri, per la prima volta, si era manifestato il mio personalissimo potere ; la manipolazione di tutto ciò che mi circonda in base ai miei stati d'animo. Un potere enormemente potente, a detta di zia Beth, ma anche estremamente pericoloso se non controllato, tanto che, accecata dalla rabbia e dal dolore, le mie emozioni si erano riversate sull'intera atmosfera, inondando di lacrime e urla il mondo e scagliandosi contro chi secondo me era il colpevole di tutto, ovvero Ellis. Se non fossi svenuta chissà cosa sarebbe successo e chissà fin dove i miei poteri si sarebbero spinti, mi ripeteva Aki preoccupata.
Nella mia mente ronzava un solo pensiero: dovevo vedere Ellis e spiegargli che non volevo fargli del male, io non lo odiavo.
- Ma quale significato hanno i colori che spesso mi accecano? - chiesi soprappensiero immersa in mille e confuse domande che continuavano a ronzarmi attorno, quasi materialmente tangibili, da quando avevo aperto gli occhi.
- Semplice. - intervenne zia Beth - Anche voi non magici attribuite dei colori alle emozioni. Ogni emozione ha un proprio colore e, finché non imparerai a controllare il tuo potere, avranno il sopravvento su di te e ti accecheranno, ti annebbieranno la vista e si insinueranno fra le pieghe del tuo cervello scegliendo al posto tuo. -
Marina e Aki restarono con me per tenermi compagnia e farmi svagare un po', capii di essere nell'ala destinata all'infermeria. Mi dissero che dopo il mio svenimento di ieri sera la tempesta, compreso l'uragano che era entrato nella camera di Ellis, cessarono di colpo svanendo nel nulla e che loro avevano visto tutta la scena poiché avevano aperto la porta per portarci fuori, dato che era stato dato lo stato d'emergenza che non avevamo sentito poichè stavamo urlando così forte da non aver sentito la sirena. Ogni volta che chiedevo di Ellis però, entrambe sviavano il discorso.
Ad ora di pranzo anche loro dovettero andar via scusandosi e dicendo che tutti i ragazzi si sarebbero dovuti trovare in mensa quel giorno per fare la conta dei danni e capire il da farsi, si raccomandarono come se fossero due madri affettuose ed uscirono salutandomi.
Approfittai del deserto nei corridoi dovuto all'ora di pranzo per sgattaiolare via e cercare Ellis.
Girovagai per tutta l'ala cercandolo, ma in cuor mio speravo che non si trovasse lì ma in mensa con tutti gli altri. Tutte le porte erano spalancate tranne una, che era semichiusa e dalla quale usciva una debole luce chiara.
Quando entrai nella stanza notai subito il ragazzo biondo dai lineamenti perfetti e con una fasciatura sulla testa che riposava beato, mi venne un tuffo al cuore, ero stata io a ridurlo così? Mi avvicinai silenziosamente e, sedendomi sul letto, notai graffi e lividi sul viso e sul braccio, mentre l'altro era tutto fasciato, dal busto in giù era coperto da un lenzuolo bianco. La luce filtrava dalla finestra ed era smorzata dalle bianche tende che fluttuavano, rendendo tutto un po' più surreale, come se stessi vivendo un sogno, di quelli che ti fanno sorridere ma non riesci mai a capire se stai vivendo davvero. I raggi baciavano i suoi zigomi delicatamente, facendone risaltare la forma scolpita assieme al naso perfettamente ad elle, le labbra rosee semiaperte di tanto in tanto facevano fuoriuscire respiri sonori.
Rimasi estasiata da quella figura angelica, quasi troppo preziosa per essere reale.
- Smettila di fissarmi. - disse lui, ma le sue labbra non si mossero. Spalancai gli occhi, mi sa che dei due la botta in testa l'avevo presa io.
- Non fare quella faccia. - continuò - io so solo entrare nella testa degli altri, non creo mica uragani cercando di uccidere compagni di corso. -
- Questa è violazione della privacy! - dissi - E per quanto riguarda l'uragano... Scusami. - sussurrai - Però sappi che sono ancora arrabbiata con te. -  ero arrabbiata ma allo stesso tempo mi sentivo tremendamente in colpa per averlo ridotto così.
- Arrabbiata? - proseguì lui nella mia testa - Mi hai lanciato fuori dalla finestra dal quarto piano, ho un braccio rotto e, se non fossi caduto su un groviglio di rovi, oltre hai graffi avrei zero polso. Credo tu ti sia vendicata abbastanza. -
Forse complice la stanchezza, ma risi sommessamente coprendomi la bocca con la mano. A quel suono gli occhi di Ellis si aprirono delicatamente - Buongiorno. - sussurrò muovendo lentamente le labbra.
Quel saluto era così intimo, quasi fosse un segreto immensamente importante che era dato solo a me sapere, così dolce e semplice, e per un attimo non potei fare a meno di pensare a quanto quelle labbra fossero belle e a quanto fosse bello lui, sfiorato dai raggi solari.
- Ho detto smettila di fissarmi. - disse lui voltando lo sguardo e provò a tirarsi su, ma non appena la sua testa si staccò dal cuscino una smorfia di dolore gli si dipinse sul volto - Che male... -
- Dovresti riposare. - dissi sistemandogli istintivamente il cuscino sotto la testa, non mi ero nemmeno accorta di essermi avvicinata così tanto a lui.
- G-grazie. - ringraziò sorpreso, e avrei giurato di vedere le sue guance tingersi di rosso per una frazione di secondo.
Parlammo per lunghissimi minuti, riuscimmo a chiarirci e a chiederci scusa a vicenda, ridemmo degli strani pigiami che offriva la scuola ai malati, bianchi con assurdi ghirigori dorati - Certo, tu staresti bene con qualsiasi cosa. - ammise lui soprappensiero.
Arrossii di colpo.
- Cosa ci fai qui?! Fila in camera tua a riposare! - Un'infermiera molto simile ad una colonna greca mi tirò su dal letto di Ellis sul quale mi ero stesa e mi trascinò fino alla mia stanza, per poi adagiarmi sul letto con la leggiadria di un bisonte.
- E non esca più senza il mio consenso. - mi rimproverò.
- Non penserai che ti lasci sola così, vero? E poi, ho bisogno di qualcuno che mi tenga compagnia. - mi sussurrò Ellis facendo entrare la sua voce nella mia testa.
Era una sensazione così intima e meravigliosa che non potei far a meno di assecondarlo con un sorriso, mi sistemai fra le coperte e mi feci cullare dal suono improvvisamente dolce della sua voce.

L'ultimo dei Guardiani (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora