• Capitolo 8. •

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Guardai meglio la mia stanza, era tutta in legno scuro, presumibilmente mogano. Da piccola mamma mi aveva costretta ad imparare tutte le tipologie di legno e a riconoscerle "Così avrai una splendida casa e rispetterai l'ambiente" ripeteva.
La porta finestra era proprio difronte alla porta d'ingresso, sulla destra i due letti con un alto materasso e, più vicino all'ingresso, sempre sul lato destro, il bagno. Sul muro sinistro invece c'era un enorme armadio a quattro ante, lo aprii e sospirai perché mi ci sarebbe voluta una sedia per poter prendere e appendere i vestiti data la mia non considerevole altezza. Sempre sullo stesso muro, accanto all'armadio, una lunga scrivania sempre in mogano con una sedia dello stesso materiale era già piena di libri pronti per l'uso e un pc. Al centro della stanza c'era un tappeto vinaccia a forma circolare con una versione molto più complicata della comune rosa dei venti ricamata in oro. Andai sul balcone, che era a forma di semicerchio con una ringhiera di ferro nero opaco, e notai diverse piante sparse qua e là e due sdraio di vimini in un angolo. Rientrando dopo essermi riempita i polmoni d'aria pulita curiosai nel mio nuovo bagno; molto semplice, un lavandino con specchio, il wc e una vasca-doccia di quelle che si trovano anche negli alberghi con una tendina con raffigurate fate, sirene, maghi, angeli e demoni. Vicino alla porta c'era un armadietto dove poter sistemare tutto il necessario e i vari porta asciugamani. Tutto il bagno era tappezzato da mattonelle bianche e oro con dei sottili disegni formanti rune.

Ricordai solo allora della valigia e quando mi precipitai fuori dal bagno la trovai proprio lì, al centro del tappeto. La fissai stranita per qualche istante, sapevo fosse apparsa dal nulla, ma non sapevo chi l'avesse portata e soprattutto come avesse fatto ad entrare nella mia camera senza che io me ne accorgessi.
Mi chinai sulla valigia per sistemare ciò che avevo portato quando sentii bussare forte alla porta, guardai l'orologio; erano le sette e mezza, tempo mezz'ora e sarei dovuta essere in mensa.
Bussarono di nuovo, ancora più forte, una voce femminile che cercava di imitare un vocione maschile tuonò - Esci fuori con le mani in alto Lilith Light! - Pensai a qualche scherzo di cattivo gusto ma decisi di aprire ugualmente. Mi ritrovai difronte una ragazzina minuta dai tratti asiatici con un paio enorme di occhi blu, dello stesso colore dei capelli che arrivavano fino alle spalle lisci come spaghetti intervallati da qualche treccina arcobaleno. - Così posso abbracciarti! - Ululò appena mi vide con la sua vocina dolcissima, era più bassa di me ma rischiò di soffocarmi tanta era la sua forza.
- C-ciao anche a te... - risposi incredula e con un filo di voce, iniziavo a non respirare. Notai un ragazzo dietro di noi poggiato con noncuranza allo stipite della porta difronte che somigliava incredibilmente alla ragazza che mi stava abbracciando. Lui alzò gli occhi al cielo e disse seccato - Aki smettila, non vedi che la stai importunando? - E bussò con l'indice alla porta di Ellis, anche lui aveva gli occhi blu ma i suoi capelli erano neri.
- Non la sto importunando - rispose la ragazzina - Lei sarà la mia migliore amica per sempre! - Si voltò verso di me e mi tese la mano sorridendo - Piacere! Io sono Aki Saito, sono una guerriera e sarò la tua guardia del corpo! - Prima che potessi dir qualcosa in risposta Ellis uscì dalla sua camera con i capelli legati sopra la testa in una coda che si apriva come una piccola fontana, dei boxer con dei fiori hawaiani e una canotta bianca.
- Ma che diavolo succede?! Chi osa importunarmi? - Chiese seccato.
Dovetti coprirmi la bocca con la mano per non ridergli in faccia, ma il mio tentativo fu vano, un senso di rivincita mi pervase;  venivo additata come Terrestre ma perlomeno avevo buon gusto.
- Tutti a me capitano quelli strani... - Commentò il ragazzo dai capelli neri, che non si era ancora presentato, squadrando Ellis sbuffando.
- Questo è troppo! Non mi farò prendere in giro da una Terrestre né tantomeno da voi! - Urlò il principino cercando di chiudere la porta, azione impedita dal piede dello sconosciuto.
- Oh suvvia non litigate! - Sentenziò Aki rivolta verso i ragazzi, fulminò quello dai capelli neri e poi si diresse verso Ellis per stritolarlo in un abbraccio simile a quello riservatomi.
- Adoro le presentazioni! - Urlò ancora, iniziai a sospettare che quello fosse il suo normale tono di voce - Io sono Aki Saito e questo brontolone qui - Disse picchiettando sulla testa dell'altro, che sbuffò risistemandosi i capelli - È Arashi Saito, mio fratello gemello. Saremo le vostre guardie, i vostri protettori e i vostri amici per la pelle! - Concluse con un enorme sorriso, il fratello si sforzò di imitarla ma ne uscì fuori solo un ghigno forzato e la sorella scosse la testa arresa. Dopo poco il ragazzo finalmente prese parola - Piacere, Arashi. Forse dovreste sapere chi siamo. - Ellis annuì vigorosamente, visibilmente confuso, io invece risposi - Siete unicorni, vero? - Arashi sorrise - Visibilmente sorpreso, Lilith. - Mi squadrò tanto da farmi sentire in imbarazzo, Aki mi osservò ed intervenne per eliminare quel momento imbarazzante con la sua vocina squillante, le mie supposizioni sulla sua voce andavano via via confermandosi - L'avevo detto io che era un genio! Sì, noi famiglie di samurai o discendenti da samurai siamo tutti unicorni. Siamo silenziosi e velocissimi, ci mimetizziamo come fossimo camaleonti, dalla notte dei tempi siamo protettori e guardiani di templi ed esseri magici e umani. Ci distinguiamo per i tratti somatici simili e gli occhi blu. Siamo anche molto comodi per quanto riguarda i trasporti ma ehi, niente selle, briglie o calci nei fianchi! - Puntò il dito verso me e poi lo fece scivolare verso Ellis per farlo infine ritornare su di me, le sorrisi gioviale e notai che Ellis era sempre più confuso - Cosa c'è principe, troppe informazioni per uno in mutande? - Chiesi ironica. Mi divertiva poter gustare la mia vendetta, per quanto fosse una cosa sbagliata.
- Ascoltami bene piccola insolente, è già troppo farti respirare la mia stessa aria e non chiedere di farti cambiare stanza per la troppa vicinanza a germi terrestri. - Ellis si era ripreso e veniva verso di me con fare minaccioso, ormai ci divideva solo il suo indice puntato verso di me.
- Oh cielo... - Sentii sospirare Arashi mentre con una mano si massaggiava le tempie.
- Carini i fiori. - Risposi in tono di sfida indicando i boxer con un cenno del mento, non mi sarei fatta intimidire da uno che sapeva legarsi i capelli peggio di me.
- Tu non arriverai all'ora di cena! - Ringhiò Ellis portando le mani qualche centimetro più dietro rispetto ai fanchi dalle quali uscì un fumo nero sempre più denso.
- STOP! - Strillò Aki ottenendo l'attenzione di tutti - Ellis e mio fratello andranno a prepararsi nella camera di El, posso chiamarti così vero? Oh, ma certo che posso. Io e te invece - Mi guardò - Andremo in camera tua, devi assolutamente cambiarti. È quasi ora di cena e ho troppa fame per rimanere a digiuno, muoversi! - Batté le mani e mi spinse in stanza, lo stesso fece Arashi con Ellis.
Guardai un'ultima volta i due gemelli, erano così diversi fra loro; lei pareva uscita da un manga anni novanta con maglia corta, collana a girocollo e minigonna, lui invece da un concerto punk-rock con tutte quelle borchie e quelle catene. Lui sembrava freddo come il ghiaccio, lei era più che spumeggiante. Il sole e la luna insomma.
- So che da voi ogni nome viene dato secondo un motivo specifico e tutti hanno un proprio significato, qual è quello dei vostri nomi? - Chiesi ad Aki mentre preparavo tutto il necessario per una doccia veloce.
- Il mio luce, quello di Arashi invece vuol dire tempesta. - e mi sorrise dolce.

L'ultimo dei Guardiani (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora