• Capitolo 53. •

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- Allora dove andiamo? – chiesi ancora mentre cercavo di raggiungerlo affannosamente, saliva velocemente e a fatica riuscivo a tenere il suo passo – Questa scala sembra infinita! – mi lamentai, lui sbuffò ridacchiando – Ci siamo quasi. -

Le scale finivano davanti ad una piccola porticina in legno chiaro, tutt'intorno una luminosità inspiegabile – Dove siamo? – chiesi ancora, lui aprii piano la porta e mi fece segno di precederlo. Davanti a me una stanza dal soffitto basso, semicircolare e piena di luce sembrava volermi abbracciare, la luce del tramonto tingeva le pareti di un pallido arancio e rendeva l'atmosfera del luogo estremamente intima. – Ti piace? – mi voltai raggiante verso Ellis – Sono delle stanze particolari che solo pochi possono utilizzare a proprio piacimento, ognuna di esse ha un'emozione o una sensazione particolare racchiusa e, chi può, può invocarle ed utilizzarle. – mi avvicinai a lui – E questa stanza cosa racchiude? -
- Cosa provi? – mi chiese lui posando delicatamente le sue mani sui miei fianchi, il mio cuore sussultò e il tramonto sembrò tingersi di un tono più scuro, mi voltai verso le finestre – Diciamo che ti ho lasciato molta libertà. – mi sussurrò all'orecchio baciandomi il lobo, il sole si infuocò – Per così poco? – sghignazzò lui – Così non vale – mi lamentai io – sono troppo esposta – finsi di rattristarmi ma il mio cuore batteva all'impazzata e quella stanza ne era la prova, il suo profumo mi invadeva le narici facendomi mancare il respiro, la testa girava leggermente e non potevo far altro che fissare le sue labbra – Lilith... - mi richiamò lui – Calmati. – rise riportandomi alla realtà, la stanza aveva le pareti rosso fuoco – Non è colpa mia! – mi voltai dalla parte opposta camminando verso le immense vetrate davanti a noi, rimasi estasiata dal meraviglioso panorama – Quanto siamo in alto? – chiesi osservando l'Accademia, ormai quasi un puntino – Parecchio, quanto basta affinché nessuno ci veda. – mi voltai nuovamente – E ci disturbi. – finii la frase al suo posto strizzando l'occhio.

Sentii nelle orecchie un forte rimbombo, percussioni che suonavano incessantemente, ritmo cadenzato e pressante quasi fosse una richiesta disperata d'aiuto da un uomo in agonia.
Il ritmo si fece sempre più forte e martellante, mi guardai attorno ma non vidi nulla a parte noi due – E' il tuo cuore? – chiesi cercando di capire da dove provenisse quel suono di percussioni, che sembrò di colpo accelerare – Quale suono? – il volto di Ellis si dipinse di rosa acceso, posandosi delicatamente sugli zigomi scolpiti, la sua aria colpevole mi fece sorridere – Anche io sono troppo esposto ora. – sorrise passandosi una mano fra i capelli.

Mi resi conto solo allora dell'imbarazzo che ci percorreva, eravamo stati poche volte soli ed era accaduto tutto sempre all'improvviso, come se fosse un fulmine che spariva così come era arrivato, sentivo il cuore battermi nel petto ed unirsi al suo che non faceva che rimbombarmi nelle orecchie, il sole era ormai rosso scarlatto e nella stanza riversava raggi caldi allungando le ombre e creando meravigliosi giochi di luce sul volto di Ellis

– Al diavolo. – lo sentii dire prima di vederlo afferrarmi il viso e avventarsi sulle mie labbra.
Mi spinse contro il muro, cingendomi in un abbraccio stretto e disperato, la mia testa si rovesciò in modo da lasciargli più libertà, le mie mani vennero solleticate da ogni sua ciocca dorata. Mi strinse i fianchi avido e mi baciò ancora, con più forza, le mie dita sfiorarono la sua mascella ed il suo collo, dove poi le raggiunsero le mie labbra. Lo sentii irrigidirsi ed una vena fece capolino sotto il mio bacio – Lilith... - mugolò, aveva il fiato corto e quel rosa sulle sue guance era ormai rosso vivo – Non riesco a non perdere la testa quando ti sono accanto. – mi passò una mano fra i capelli – Dio, come faccio? – poggiò la sua fronte alla mia, sembrava soffrisse – Ho fatto qualcosa di sbagliato? – chiesi preoccupata – Oh no, magari avessi sbagliato qualcosa. – mi baciò a fior di labbra, delicatamente – Purtroppo per me tu sei perfetta. – mi baciò ancora le labbra, lentamente, provocandomi un piacere straziante e brividi lungo tutta la schiena. Sentii la sua mano posarsi sulla mia gamba e risalire fin sopra la coscia, indugiare e continuare il suo percorso, cercai di non irrigidirmi, i suoi baci erano lenti, passionali, le sue labbra ormai conoscevano ogni millimetro delle mie. La sua mano intanto proseguì lungo il fianco e l'addome sempre più lentamente, fermandosi poco sotto il seno – Perdonami. – si allontanò da me con lo sguardo basso – Ellis ma cosa ti prende? – chiesi non capendo il suo comportamento ambiguo – Sai perfettamente cosa mi prende! – rispose lui con voce strozzata – Ma non posso. – mi avvicinai piano – Cosa c'è che non va? – lui abbassò il capo – Per tradizione la nostra stirpe deve restare pura fino al matrimonio, soprattutto l'uomo. Secondo la casata di mio padre questo indica purezza e forza d'animo, ed io per metà ho già mandato all'aria il mio onore. – si passò ancora una volta le mani fra i capelli – Quando mi guardi impazzisco, per questo ti chiedo di non farlo. Quando sono vicino a te non posso fare a meno di pensare a quanto saresti bella... - lasciò a metà la frase, facendo intendere a cosa alludesse – Vorrei odiarti come ho odiato l'immagine della tua famiglia, mi sarebbe stato tutto più facile. Ma poi ti ho vista ed ho letteralmente perso la testa. – sorrisi avvicinandomi, prendendo le sue mani e posandole sui miei fianchi – Questo vuol dire che sarò io a fermarti nel caso la tua forza di volontà venga meno. Questo sarà il nostro segreto. – mi baciò lo zigomo destro, indugiando con le labbra sua mia pelle che a quel contatto fu percorsa da nuovi e più forti brividi – Dove eravamo rimasti? – chiese sussurrando, presi il suo polso e portai la sua mano esattamente dov'era stata fino a poco prima, lo baciai delicatamente – Più o meno qui. – sorrise – Se ti dovesse succedere qualcosa nella battaglia... – lo baciai ancora, questa volta per farlo tacere – Non pensiamoci, non lasciamo che qualche pensiero negativo ci disturbi. -
- Hai ragione. – e riprese a baciarmi con foga.

- El... - sussurrai, il mio petto si alzava e abbassava freneticamente, le mie dita tenevano forte la sua camicia – Hai ragione. – mi baciò sulla fronte e si allontanò leggermente da me, per potermi guardare – Quanto tempo è passato? – chiesi osservando i suoi occhi azzurri – Troppo poco, direi. – sorrisi – Dovremmo tornare. – Ellis sbuffò – Guasta feste. – risi – Vorrei non esserlo, ma sta per venir meno anche la mia forza di volontà. -

Una volta in piedi ci avviammo verso la porta – Grazie dell'ospitalità. – disse Ellis prima di uscire. Una volta alla fine della scala vidi scomparire lentamente ogni gradino fino a che non ne rimase più nulla – Lilith! – mia madre corse ad abbracciarmi in lacrime – Credevo ti avessero presa, dove sei stata? – il suo sguardò si posò su Ellis poco distante – Ellis, c'è tuo padre. – Ellis sgranò gli occhi "Se ne accorgerà." Mi sussurrò nella mente, scossi la testa sorridendo incoraggiante – Vuole vederti. – insistette mia madre. – Potremmo accompagnarlo, sicuramente Ellis sarà provato dopo l'attacco al castello. – mia madre storse il naso per poi sorridere – Già, il castello. – il ragazzo mimò un grazie con le labbra, poi ci avviammo verso la Sala Comune dell'Accademia.

Al centro della grande sala un uomo molto alto e muscoloso ci dava le spalle, un lungo mantello bianco cadeva maestoso scivolando delicato sulla sua figura atletica. Quando si voltò riconobbi subito l'espressione spavalda che aveva da sempre contraddistinto il figlio, e gli stessi occhi da cui essere rapiti – Joel. – lo richiamò mia madre sorridente, lui rispose cordiale ma non appena vide il figlio il suo sguardò mutò in un misto di rigore paterno e sdegno – Come hai potuto? – chiese ed il mio cuore perse un battito – Affrontare un viaggio del genere, attaccare la tua casa e rischiare la vita senza avvisare tuo padre?! – corse ad abbracciarlo, dietro di lui Meralyn li guardava commossa – Tuo zio è un mostro, ma ahimè me ne sono accorto troppo tardi. Ha fatto in modo di rinchiudere sua sorella e schiavizzare me, vittima di un potente incantesimo velenoso, pur di raggiungere il potere. – l'uomo fece una lunga pausa – Sei sicuro di star bene? Sembri diverso. – Ellis si limitò ad annuire e lo sguardo del padre si posò su di me, che cercavo di dissimulare il più possibile – Tu devi essere Lilith. E' un piacere conoscervi. – mi porse la mano e, non appena la accettai, sfiorò le mie nocche con le sue labbra inchinandosi ma mantenendo in tutto questo una decorosa regalità – Ellis, dobbiamo parlare. – il suo sguardò sembrò mutare e farsi ancora più freddo di quanto non fosse, gli occhi ridotti a ghiaccio – Arrivo padre. – rispose Ellis sospirando – Meralyn, tesoro, converrebbe che ci fossi anche tu. – proseguì l'uomo. La madre di Ellis parve lievemente allarmata da una simile frase, ma sorridendo seguii i due lungo i corridoi – Dovresti riposare piccola mia, domani mattina hai un incontro con Hlif e domani sera dovrai partire. – mi sussurrò mia madre all'orecchio prima di accompagnarmi nella mia vecchia stanza.

L'ultimo dei Guardiani (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora