• Capitolo 20. •

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Passammo tutto il weekend in ospedale, io a causa del forte stress che il mio corpo era stato costretto a subire mentre Ellis a causa del braccio e delle colpo alla testa. Avendo perso il nostro primo fine settimana libero, nel quale non c'erano lezioni e gli alunni avrebbero potuto girare il Mondo Magico liberamente, io e lui eravamo quasi sempre soli in istituto, tranne per le brevi visite dei ragazzi, tra cui Aki che ci portava bustine di zucchero decorate a mano da lei stessa.
- Se vi regala dello zucchero dovete essere davvero importanti per lei. - scherzava Arashi.
Durante le ore passate da Ellis, poiché l'infermiera si era arresa alle mie continue fughe da lui e mi aveva lasciato libertà assoluta, escogitammo un ottimo metodo per la telepatia e scoprimmo di avere un sacco di cose in comune, ad esempio che le nostre madri, assieme a zia Beth e alla madre di Marina, erano molto legate fra loro e, parole di Ellis, se la mia famiglia non fosse fuggita sicuramente saremmo amici da sempre, come era successo con Marina.
- Non ti vergogni più di me? - chiesi sbadigliando alle tre di sabato notte.
Lui mi guardò stupito - Non mi sono mai vergognato di te, non volevo che i miei amici ti facessero del male. Così preferivo far credere a tutti, compresa te, che ti odiassi e così ti allontanavo. - fece spallucce sbadigliando.
Cominciai a vedere tutto rosa, sbattei le palpebre più volte per far ritornare i colori originali, avrei dovuto controllare sul libro che mi aveva regalato zia Beth a cosa corrispondesse quel colore.
La mattina dopo mi svegliò un rumore sommesso, come un brontolio.
Quando aprii gli occhi la prima cosa che vidi fu Ellis beatamente addormentato accanto a me, un braccio attorno alla mia spalla e le mie gambe allacciate attorno alla sua vita, mi stropicciai gli occhi confusa.
- Ehm... Non sapevo di dover portare la colazione per tre. - farfugliò imbarazzato qualcuno sulla porta.
- Oh cavolo! - urlai spaventata e, sbilanciandomi, caddi rovinosamente per terra impigliata fra le coperte, provocando un tonfo terribile.
- Buongiorno. Come mai sei per terra? - chiese Ellis mezzo addormentato.
Mi scostai nervosamente i capelli dal viso e provai a liberarmi dalle lenzuola.
- Ho portato i cornetti! - esultò il ragazzo di prima e, avvicinandosi, mi tese la mano - Scusami, non volevo spaventarti, se ti va possiamo dividere il mio cornetto, spero ti piaccia il pistacchio. - sorrise. Guardandolo meglio capii che avrebbe potuto spaventare qualcuno solo a causa della sua infinita bellezza, con i suoi capelli rosa chiaro che ricadevano spettinati sul volto che muoveva in continuazione nella speranza di sistemarli e con quegli occhi che avrebbero potuto gareggiare col blu di quelli dei gemelli. Era sicuramente più alto di Ellis di qualche spanna e, da come aderiva la camicia al petto, ugualmente atletico. Avevo definitivamente perso l'uso della parola. Annuii timidamente ed accettai la mano, ancora frastornata sia dalla caduta che da lui.
- Io sono Jud Escota, sono un mago puro, magia nera. - disse fiero e mi sorrise nuovamente, la mia vista si annebbiò di rosso, ma non quello che già conoscevo, un rosso più denso, come fosse sangue.
- Comunque, non posso accettare. - dissi quando riuscii a riprendermi - quel cornetto è tuo, l'hai comprato per te. - e cercai di sorridere senza sembrare troppo stupida.
Lui prese il cornetto, lo divise e me ne offrì la metà più grossa - Non sarei un gentiluomo se non offrissi la colazione ad una delle ragazze più attraenti che io abbia mai conosciuto. Anzi, la più attraente. - sorrise lascivo.
Ellis ci richiamò con un colpo di tosse - Ci sarei anch'io eh. - sembrava accigliato.
- Tieni musone! - Jud si sedette sul suo letto e gli porse il pacchetto bianco contenente il cornetto rimasto - Il tuo preferito. - aggiunse.
Ellis si illuminò - Albicocca! - e scavò nel sacchetto per prendere l'unico cornetto e addentarlo come fosse un bambino di tre anni, non potei non sorridere a quella scena.
Poi, rivolgendosi a me disse - Lil, questo è il mio migliore amico Jud. Io, lui e Marina ci conosciamo da sempre, suo padre era molto legato a mio zio. -
Non osai chiedere perché Ellis avesse detto "era".
- Lil? - scattò Jud - Tu sei la Terrestre? - mi osservò per qualche secondo e io non potei che abbassare lo sguardo, sopraffatta dal suo. D'un tratto si fiondò verso di me e mi abbracciò - Finalmente ho il piacere di conoscerti! Marina mi aveva accennato della vostra amicizia ma non riuscivo a crederci, sapessi quante ne ha dette Olivia sul tuo conto! - rise di gusto, anche la sua risata era perfetta. - Ora posso dire per certo che è gelosa, non potrebbe mai competere con una bellezza come la tua. - mi diede un buffetto sulla guancia e i suoi occhi si trasformarono in qualcosa di strano ed indecifrabile, per un momento ebbi quasi paura, frastornata dal repentino cambio di colore degli occhi del ragazzo che mi avevano improvvisamente capovolto l'intestino.
- Ottimo questo cornetto! - urlò Ellis facendoci girare verso di lui, Jud gli lanciò un'occhiataccia strana, quasi di sfida.
- Lil - proseguì Ellis - ti va di uscire fuori e passeggiare un po'? Siamo malati mica reclusi. - Jud stava per dire qualcosa ma lo interruppe - Jud, non mi avevi parlato di un pranzo con i tuoi oggi? Non vorrai far tardi. - e sorrise nel modo più falso che avessi mai visto, Jud di rimando lo guardò storto e con un sorriso forzato andò via.
Che strana definizione di amicizia.
Mentre camminavamo verso il parchetto deserto, come il resto dell'istituto, sentii Ellis brontolare - Fa sempre così quando ci sono ragazze del genere intorno, fa tutto il carino mister perfezione. - stavo per chiedergli cosa intendesse quando notai che la sua bocca non aveva prodotto alcun suono.

L'ultimo dei Guardiani (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora