• Capitolo 29. •

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Rimuginai tutto il pomeriggio su ciò che avrei dovuto dire ad Ellis quando me lo sarei trovato difronte, preparavo mentalmente discorsi che poi scartavo una volta terminati, ero così presa da non sentire cosa dicevano i professori né tantomeno i miei amici a cena.
- Lil, ci sei? - chiese Jud scuotendomi e facendomi riemergere dai miei pensieri - Sembra che tu sia su un altro pianeta, non vorrai mica farmi ingelosire, sai che il mio unico desiderio è essere il tuo chiodo fisso. - mi sorrise dolce e speranzoso. Ricambiai con un sorriso poco convinto immersa nei miei dubbi.
- El, possiamo parlare? In privato. - chiesi, non sopportavo sentirmi così, per me era fondamentale la chiarezza, niente sfumature o scale di grigi.

O dentro o fuori, o bianco o nero.
O luce o buio.

Lui annuì e si alzò in silenzio, lo seguii a passo svelto per i corridoi, fino a che non si fermò alla fine dell' Ala Rame, lontano da occhi indiscreti. Si voltò verso di me e ci sedemmo per terra, uno affianco all'altro senza nemmeno il coraggio di guardarci, non avevo mai provato tanto imbarazzo nello stare accanto a qualcuno, iniziai a pensare che forse quella conversazione era sbagliata, che dovevo lasciar correre e dimenticare l'accaduto.

- Riguardo alla scorsa sera... - iniziai poco convinta il mio discorso che si era magicamente dissolto nella mia testa, lasciandomi a corto di idee.
- Prima che tu possa arrivare a conclusioni affrettate - mi interruppe lui - devo dirti una cosa. - il mio cuore iniziò a battere irrazionalmente.
Quali conclusioni affrettate? Cosa pensava che io stessi pensando?

- Dimmi. - la mia voce non era che un sussurro, mi spostai una ciocca di capelli troppo ribelle per star dietro le orecchie, era quasi bionda, in contrasto col mio colore castano.
- L'altra sera - si schiarì la voce e nascose il viso fra le gambe - Noi due siamo amici, vero? - chiese infine. Lo osservai interdetta, la sua posa innaturale e così poco spavalda mi preoccupava, non sembrava l'Ellis che avevo conosciuto il primo giorno in Accademia - Certo, ma cosa c'entra? - lui sospirò, senza mostrare il suo viso, ancora prigioniero delle sue ginocchia - L'altra sera ti ho baciato, lo ammetto. Ma, non ero intenzionato a baciare te. - si scompigliò i capelli continuando a tenere il capo chino - Vedi, ero convinto che tu fossi un'altra, una ragazza che mi piace parecchio. - ci fu un lungo momento di silenzio, sapevo mi stesse guardando, così decisi di non assecondare lo strano scricchiolio che sentivo all'altezza del petto. Inspirai impercettibilmente - Ma certo, noi due siamo solo amici. - sorrisi - Allora dimmi, chi è la fortunata? - lui alzò finalmente il viso ma si voltò dalla parte opposta alla mia, come se fosse in cerca di chissà quale rivelazione - Si chiama... Lively. Lively... Fire. - allungava le finali trascinandole con la voce - Sì, Lively Fire. -
- Mai sentita. - dissi, ma pensai non fosse un caso data la mia brevissima permanenza nel Mondo Magico - E com'è? - lo sentii sorridere - Ti basta sapere che è bellissima, quando cammina i suoi capelli danzano accompagnati dai suoi fianchi e dal resto del corpo, è così leggiadra che nemmeno la senti arrivare e ti sembra una ninfa, apparsa per far gioire i tuoi occhi. Non perdo nemmeno tempo a descriverti il suo viso, sarebbe così riduttivo e sprecato da poter essere definito peccato capitale, ha tratti così minuti ed eleganti, così ben assortiti fra loro che non puoi far altro che sorridere ammaliato appena la vedi. - risistemai nervosamente la ciocca dietro l'orecchio, anche se non ce n'era bisogno. Lo scricchiolio al petto aumentava sempre di più e ai lati dei miei occhi avanzava il nero, lento ed inesorabile - Te la farò vedere appena ne avrò la possibilità. - annuii impercettibilmente, dovevo assolutamente calmarmi.
- Bene, direi che abbiamo chiarito. - disse lui poggiando una mano sulla mia gamba, quel contatto mi provocò mille scintille che cercarono di contrastare il nero che si stava impossessando di me, senza riuscirci.

Quando provai ad alzarmi le mie gambe si rivelarono inspiegabilmente deboli ed Ellis dovette portarmi di peso fino alla mia stanza e, una volta sulla porta, disse - Chiamo le altre, non vorrei che ti sentissi male come l'ultima volta, sei molto debole. - annuii e sorrisi, volevo rimanere sola,vedevo solo strane ombre allungate danzare e fluttuare davanti ai miei occhi.

Volevo rimanere sola, senza di lui.

Quando Marina e Aki arrivarono ero distesa scompostamente sul letto fissando il soffitto con occhi spenti.
- Allora com'è andata? - chiese Marina eccitata, voltai lentamente la testa verso la loro direzione e, ancora in preda alle allucinazioni e inseguita dalle ombre, raccontai la nostra piccola conversazione nei minimi particolari.
- Stronzo. - commentarono in coro - Bugiardo. - sussurrò Benu che sembrava dormire, tutte ci voltammo a guardarlo, lui si tirò su e disse - Più ne sento parlare più penso che indossi una delle più spesse maschere mai fabbricate, Milady non ci perda tempo.- guardò l'orologio appeso difronte al suo letto - Si è fatto tardi, signorine. E' ora di ritirarvi nelle vostre stanze e riposare, il domani è già vicino. - bevve la sua consueta tazza di tè ed esortò il più educatamente possibile le ragazze a lasciare la stanza, così da lasciarmi riposare, dato che non riuscivo a riprendermi e la situazione non sembrava migliorare. Quando fummo soli mi aiutò a cambiarmi e, una volta sotto le coperte disse - Credevo che l'amore fosse solo cieco, ma mi rendo conto che è anche molto stupido. Buonanotte Milady. -

Non capii, ma ero troppo debole per chiedere spiegazioni ed il nero non accennava ad andar via.

L'ultimo dei Guardiani (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora