Capitolo V

170 28 114
                                    

Quanto tempo era passato da quando era lì, inerme sul freddo pavimento delle segrete della fortezza di Gerusalemme? Non sapeva dirlo con certezza.

La fortezza dove abitava Re Amalrico. Lui non scendeva quasi mai nelle celle, a trovare i suoi prigionieri. Raramente assisteva alle esecuzioni o alle torture che venivano inferte ai poveri malcapitati. Di solito erano veloci nelle torture o nelle punizioni. Per esempio, a chi rubava veniva tagliato un braccio o semplicemente una mano. Le adultere venivano lapidate. Questo ultimo pensiero fu il suo "buongiorno" non appena aprì gli occhi.

Un misto di sudore e sangue entrò nelle sue narici, provocandole la nausea. Cercò lentamente di mettere a fuoco la cella, completamente inghiottita dal buio. Solo attaccate al muro c'erano delle fiaccole che non facevano molta luce. Maddalena era distesa su della paglia quando si svegliò del tutto, cercando di ricordare ciò che era successo e perché si trovava lì. Al solo pensiero sentì una fitta di dolore proprio lì, sulla nuca, a ricordarle brevemente ciò che era successo il giorno prima. Spostò i capelli rossi ad un lato, mettendo una mano proprio in quel punto. Quando mise alla luce delle fiaccole le sue dita, in effetti, erano sporche di sangue ancora fresco. Non doveva essere lì da molto quindi. Una fitta di dolore allo stomaco la invase all'improvviso, costringendola a portandosi una mano proprio alla bocca dello stomaco, come se questo gesto potesse bastare a calmare la sua fame. Deglutì, cercando di placare la sua sete con la saliva che riusciva a produrre, ancora per poco se sarebbe stata lì senza neanche una goccia d'acqua a dissetarla. In quei brevi minuti di oscurità e pieno silenzio pensò a cosa potesse essere successo. Chi aveva osato denunciarla per un tale crimine? Crimine, che per altro, non aveva assolutamente commesso. Suo padre stava bene? Sua zia? Il pensiero si spostò a loro due, le persone che le erano più care al mondo. E Arn? Come stava? Aveva un appuntamento con lui all'alba. Si sarebbe preoccupato se non l'avrebbe vista.

Doveva uscire da lì a tutti i costi!

Ma prima che potesse pensare o fare qualsiasi cosa sentì dei passi provenire al di fuori della cella chiusa, dove si trovava lei. Una guardia cittadina, la stessa che l'aveva arrestata – e forse anche stordita – ordinò ad un altro suo compagno di abbandonare il posto di sorveglianza. Maddalena sentì la paura invaderla quando vide che la guardia cittadina in questione che si avvicinava alla sua cella, seguita da altre due persone della quale non distingueva bene i loro volti a causa del mantello lungo che ognuno indossava. La rossa provò ad alzarsi e, non seppe come, ci riuscì e fu in quel momento che sentì un rumore metallico. Strattonò le braccia e si rese conto di avere le mani legate ad una catena, il quale gancio era legato al muro. Quando la guardia si avvicinò, la giovane aveva ancora più paura, ma cercò di non fare nessuna piega. Una cosa un po' difficile. Gettò un leggero urlo quando l'uomo corazzato la tirò per i polsi incatenati fino a raggiungere le grate della cella, dove finalmente le separò i polsi solo per rimetterli imprigionati subito dopo. Con le braccia tese non avrebbe potuto opporre resistenza. Quando la mise in piedi, costringendola a stare dritta, fece segno a chi lo seguiva di entrare. Alla luce delle fiaccole, adesso, poteva osservare i loro visi. Riconobbe solo Hassan, l'altro gli era sconosciuto. Che diamine ci facevano loro lì?

"Urla pure, puttana, non ti sentirà nessuno qua giù."

Il modo con la quale l'aveva chiamata la guardia le fece venire voglia di ribellarsi ma non poteva, per via delle catene che la tenevano saldamente legata alle grate della cella. Senza troppe cerimonie, la guardia cittadina che le aveva sputato in faccia l'insulto si avventò su di lei e sulle sue labbra, tirandola a sé e provocando alla giovane un gemito di dolore soffocato dalla sua voce roca a causa della mancanza d'acqua. Ci volle poco prima che tutto intorno a lei si faceva pesante. Era come stordita, ma ricordò il dolore dell'umiliazione più grande che poteva esserci, le sue urla che le arrivavano ovattate e tutto ciò che voleva era solo svegliarsi da quel brutto sogno.

Anima RubrumDove le storie prendono vita. Scoprilo ora