Capitolo LVII

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Aveva visto tante belle cose nella sua vita, nei suoi ben portati diciassette anni. Eppure, ella ne era sicura: non aveva mai visto niente di più bello, specialmente addosso a lei. Nel riflesso di quel grande specchio, stentava a riconoscersi. E dietro di lei anche Lorena, la sua inserviente personale, sorrideva alla vista della sua padrona con addosso l'abito nuziale che le sarte avevano ultimato alle prime luci della mattina.

Lucrezia aveva la bocca semiaperta, soffermandosi con lo sguardo in ogni particolare che potesse affascinarla. Dal tessuto di colore bianco latte, decorato di ricamati fiori dorati, ad un pelo del medesimo colore, soffice come una piuma, che fasciava appena sopra l'orlo, andando a creare una spirale dietro il lungo strascico. Il corpetto stringeva leggermente alla vita sottile e le spalline erano un poco abbassate, lasciando intravvedere una porzione di spalla non troppo oscena per una cerimonia. A spiccare tra il bianco e l'oro, però, erano i rubini rossi inseriti al centro del seno e al lato delle due maniche corte. Una corona d'argento, popolata dai medesimi rubini poi, avrebbe adornato la sua chioma bruna, incastrata alla perfezione tra il capo e il lungo velo poggiato su una sedia. Un'ampia collana poi, avrebbe coperto e illuminato il suo collo alla luce delle candele della chiesa.

Più si avvicinava la data del matrimonio e più aveva fatto il callo all'idea di diventare la moglie di un perfetto sconosciuto. Aveva cercato di approfondire la conoscenza di Blaser Moloch, durante le interminabili cene organizzate da suo fratello, ma egli sembrava allergico alla conversazione e l'or più si intratteneva con un suo servo in misteriose parole silenziose e mai espresse a voce alta. Si chiedeva cosa avevano da confabulare così tanto, ma se Enrico non aveva posto domande, non poteva farlo neanche lei. E così aveva lasciato scorrere, riprendendo il suo tenore di vita.

Il fatto che ora si trovasse davanti ad uno specchio, immersa nella medesima prova del suo abito, faceva apparire la cosa meno macabra di quanto si fosse dipinta nella sua mente.

"Siete splendida, mia Signora." Continuava a ripeterle Lorena, ogni qual volta si trovava le mani libere dai lacci che legavano il sontuoso –quanto elegante- vestito.

Lucrezia sorrideva –o almeno era ciò che cercava di fare- e si lasciava i lati della gonna di raso per evitare di tremare. Non seppe se era emozione o timore, ma non poteva certo lamentarsi dell'aspetto del suo promesso sposo. Anche se non era più nel fiore degli anni, il conte era un uomo che sapeva nascondere la sua età, dimostrandosi decisamente diverso da quello che si era aspettata. Lo scopriva elegante e gentile, almeno nelle pochissime parole che si erano scambiati.

Sia lei che la sua inserviente si voltarono di scatto verso la porta, la quale –dall'altra parte- c'era un battito insistente su di essa.

"Chi è?"

"Sono io, mia Signora. Posso conferire con voi due parole?" La voce di Omar, dall'altro lato della porta, la fece fremere sul posto.

"Aspettate un secondo." Urlò lei di rimando, per poi voltarsi verso la giovane Lorena. "Presto, aiutami a toglierlo."

Con più rapidità di quanto ci aveva messo per indossarlo, si sbarazzò dell'abito nuziale che consegnò nelle mani della sua inserviente, per essere in seguito riposto in una elegante scatola con tanto di nastro avorio. Si rivestì velocemente di un abito lillà dal pizzo bianco, sul seno e sulle maniche corte. Lasciò i capelli mossi liberi dietro le spalle e solo quando la scatola con il vestito fu rimessa al suo posto, Lorena aprì la porta della stanza, annunciando al conte che era pronta a riceverlo. Con Omar aveva conversato poco, dal suo arrivo in Francia. E trovarlo lì, nella sua stanza, era alquanto strano.

Non incontrò il suo sguardo fino a quando era abbassata, in una reverenza lieve ma pur sempre profonda, e solo quando lo sentì a pochi centimetri da lei, raddrizzò la schiena. Aveva i capelli biondi tirati indietro e vestiva di un elegante abito blu notte, con farsetto bianco. Doveva essere della più prestigiosa sartoria inglese.

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