Capitolo XXV

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I corridoi della residenza Templare erano silenziosi e a tratti si poteva sentire solamente un profumo d'incenso invadere le narici dei passanti. Sembrava una chiesa. Maddalena era ormai abituata a quegli odori, a quell'ambiente. Per anni la residenza era stata la sua casa, i Templari la sua seconda famiglia. Dalla finestra della sua stanza provenivano rumori di martelli, mattoni che venivano collocati uno sopra all'altro e uomini urlare ordini agli schiavi.

Il castello di Chastellet stava per essere ultimato. La nuova fortezza Templare stava per sorgere, più uomini, più difese e il Saladino sempre più lontano. Non c'era voluto molto a costruirla, Oddone aveva dato l'ordine agli schiavi ad Ottobre dell'anno precedente.

La dama ascoltava in silenzio l'andare del tempo, aspettava senza fatica, sorseggiando spremute d'arance e limonate fresche. La notte dormiva poco, preferiva osservare il cielo dalla finestra della sua stanza, condirsi di stelle e della luce di esse. Soffrire, decidere, sognare, sorridere, capirsi, vacillare... emozioni che facevano parte ormai del proprio essere. Su di lei c'era il peso di un importante responsabilità. Governare Magdala in qualità di padrona e senatrice non era facile. Ogni giorno tappava un buco, il successivo nasceva un nuovo problema. Durante la sua assenza aveva eletto Baliano di Ibelin, un cavaliere a servizio del re, di occuparsi dei raccolti e dei cittadini di Magdala. Il sovrano le aveva garantito che era il migliore, nonché un nobile che sapeva ciò che diceva.

Maddalena aveva bisogno di persone come lui, come il Re, come i Templari se voleva che la sua vendetta vedesse l'alba di un nuovo giorno. Magari sarebbe morta aspettandola ma del resto era morta già una volta, una seconda –anche se eterna- non le faceva differenza.

Si avvicinò allo scrittoio e per l'ennesima volta i suoi occhi vennero catturati dall'elegante calligrafia di Amalrico di Lusignano. Scritta di suo pugno, aveva fatto sapere alla giovane ciò che aveva scoperto. I Moloch risiedevano ancora nella loro residenza in Inghilterra, presso Riccardo Cuor di Leone ed erano pronti a tornare, ciò che li frenava era la paura che Gerusalemme potesse cadere sotto Saladino da un momento all'altro. Infine, Amalrico, le aveva scritto che la principessa Sibilla le mandava i suoi saluti e che desiderava invitarla a cena a palazzo reale.

Ora che era una dama, Maddalena poteva accettare un simile invito. Stando accanto alla giovane principessa avrebbe potuto insidiare le sue radici anche lì, scoprendo ulteriormente sui Moloch.

Un sospiro si liberò nella stanza, nello stesso istante in cui si udì bussare alla porta.

"Chi è?"

Fu alquanto stupita di ritrovarsi sulla soglia qualcuno che non vedeva da molto: Gérard de Ridefort. Il cavaliere avanzò nella stanza a passo militare, arrestando a pochi metri dalla giovane.

"Mia dama, il Gran Maestro vi vorrebbe a fianco a sé nella preghiera pomeridiana."

"Arrivo, Gérard, grazie."

"Vi scorterò personalmente."

Maddalena non replicò e riposò la pergamena sullo scrittoio, prima di precedere il Templare nell'uscire dalla stanza. I corridoi vuoti ritrasmettevano l'eco dei loro passi, completamente deserto, ma pur sempre dall'atmosfera calda e accogliente. Arrivarono alle arcate, da dove fuori si poteva ammirare il cortile d'addestramento, deserto anche quello. Quando suonava la campana, tutti i cavalieri, si riunivano nella cappella della residenza e pregavano. I classici giorni del digiuno si stavano avvicinando e la bruna si preparava psicologicamente. Cristo sarebbe risorto da lì a poco e finire la nuova fortezza per quel periodo avrebbe garantito solo che fortuna ai cavalieri del tempio.

Superata l'ultima arcata del cortile, lo sguardo di Maddalena venne attirato da due figure all'entrata della residenza, quasi nascoste dal grande muro di mattoni rossi che oscurava la vista. La dama arrestò sul posto, il cavaliere la imitò, seguendo con lo sguardo il suo per vedere cosa l'attirava tanto da fermarsi.

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