La breccia della stradina si alzava al rumore ritmico degli zoccoli del cavallo, la quale velocità creava un vortice di polvere capace di intossicare chiunque. Il conducente dell'andaluso nero, però, aveva lo sguardo fisso sulla strada e la mente troppo occupata per pensare a quelle futilità. In una bisaccia aveva portato con sé dei frutti e una lettera accartocciata, ben deciso a scoprire il vero significato di quel contenuto che si celava dietro quelle righe dalla bella calligrafia, elegante e precisa.
Sotto il sole estivo e cocente, Omar cavalcò fino ad arrivare alle porte del monastero di Notre-Dame di Ganagobie. Alcuni frati erano intenti nelle loro mansioni. Alcuni parlavano tra loro mentre curavano il proprio orto, altri raccoglievano chicchi di uva in una cesta per fare del vino. L'aria era quasi accogliente, pensò il giovane conte, smontando da cavallo e legandolo ad un palo lì vicino. Prendendo la propria bisaccia, avanzò verso il portone. Gli altri sembravano non essersi accorti della sua presenza, oppure lo ignoravano.
Bastarono due colpi decisi al grande portone scolpito in legno e acciaio dorato, che un frate abbastanza giovane li aprì la porta. Questo sorrise gentilmente al giovane straniero, unendo le mani a modo di preghiera.
"Salve, posso fare qualcosa per lei?"
"In effetti sì." Omar frugò nella bisaccia fino a trovare la lettera che aveva trovato a villa Magdala, la fece vedere al frate ma non gliela consegnò. "Cercavo frate Qasim. Un mio amico ha ricevuto una lettera da lui e porta questo indirizzo."
L'espressione del frate mutò di colpo. Un'aria avvilita e triste si impossessò di lui, tanto che Omar parve già sapere ciò che gli sarebbe stato risposto in merito alla sua richiesta.
"Pensavo che l'aveste saputo tutti. Frate Qasim è morto. È stato assassinato nella sua stanza da uno sconosciuto. Forse un bandito, non lo sappiamo. Stiamo ancora indagando."
Omar si sentiva più affranto del frate stesso. Il solo modo che conosceva di scovare qualsiasi informazione in merito a quelle parole enigmatiche si era dissolto nell'aria, in una nuvola di fumo invisibile. Che doveva fare? Non si fidava ciecamente di avvertire suo padre. Voleva scoprire quella cosa da solo, senza il suo zampino. Aveva già combinato parecchi guai. Non ne era certo ma sentiva che qualsiasi cosa nascondeva Samir, era qualcosa che avrebbe potuto sconvolgerlo. Aveva questa sensazione dal giorno in cui aveva trovato la lettera ed ora che era giunto lì in Francia non se ne sarebbe andato a mani vuote.
"Capisco. Mi dispiace." Iniziò, abbassando di poco lo sguardo.
"Se volete, posso mostrarvi la sua stanza. Essendo stato un frate era molto umile e poco accessoriata ma magari potete trovare qualcosa al riguardo. Da ciò che ho capito siete un suo amico."
Il conte raddrizzò schiena e sguardo. Non si sarebbe lasciato scappare una simile occasione. "Sì, vi ringrazio."
Il frate accennò ad un lieve sorriso, scostandosi per far entrare il suo ospite e per richiudere l'uscio della porta. "Seguitemi. Vi faccio strada."
Omar camminò appena dietro l'uomo di chiesa, osservando come il saio si muoveva ritmicamente ai suoi movimenti. Il giovane conte, durante la breve camminata, dovette allentarsi il farsetto bianco, trovando difficile respirare in un'aria angusta e chiusa come quella. Superò numerose celle, da alcune provenivano preghiere, e da altre nulla. Silenzio. Sembrava una lenta discesa verso gli inferi infuocati. Quando giunsero alla stanza che era stata di frate Qasim, Omar entrò senza indugi, guardandosi attorno. L'aria lì dentro era persino più calda di quella fuori. Vi era una finestra sopra la testata di legno del letto, completamente diversa dalle vetrate dell'atrio di prima. Era come un grande buco nel muro, a forma di quadrato, con della rete abbastanza resistente da fori enormi.
Una prigione.
Fu quello che pensò Omar quando osservò il restante dei mobili presenti nella cella. Uno scrittoio era poco più in là, accanto al letto, quest'ultimo era poggiato alla parete, e ai piedi vi era una panca contenente forse qualche saio. Tutto lì dentro aveva un ché di vissuto, usato, per niente uguale alle cose alla quale era stato abituato lui. Non aveva mai visto così tanta polvere su dei mobili e questo gli faceva pensare che doveva essere una stanza che non usavano più da tempo.
"Se vi serve un aiuto, sono nella stanza accanto."
Omar fece un cenno con il capo e poco dopo sentì la porta chiudersi. Sgranchendosi le nocche delle mani, si disse che era il momento di iniziare la sua ricerca. Si avvicinò allo scrittoio, facendo scorrere l'indice tra i libri che erano posti lì sopra. Ma oltre a dei salmi, una bibbia e un libro di religione non trovò altro. Non vi furono neanche missive di risposta alla lettera che aveva trovato alla villa degli Atlassi.
Si passò una mano nei capelli biondi, guardandosi attorno. Il suo sguardo si posò sulla panca ai piedi del letto e, curioso, si avvicinò ad essa per aprirla. Ciò che conteneva, però, era esattamente ciò che si era immaginato: saio, sandali e tuniche. Ma fu proprio mentre gli spostava con una mano che qualcosa attirò la sua attenzione. Uno scrigno, in legno abbastanza pregiato e non comune. Ansioso di sapere se aveva trovato qualcosa di interessante oppure no, Omar lo prese e lo esaminò sotto il suo sguardo. Era rettangolare e di medie dimensioni. Al centro vi era un cerchio con una rosa rossa dipinta sul legno. Era il fiore più bello che avesse mai visto. Il creatore di quello scrigno doveva essere stato il migliore in lavori del genere. Omar Moloch aveva girato in lungo e in largo durante la sua vita ma mai aveva visto una rosa così ben fatta e su un materiale pregiato come il legno. Al di là di codesta bellezza, il giovane conte decise di aprire lo scrigno e ciò che vi trovò dentro lo lasciò leggermente deluso e perplesso. Un soffice fazzoletto di raso rosso era adagiato al suo interno a modo di cuscino e sopra vi era una pergamena chiusa da un filo rosso sangue. Senza indugi alcuni, posò il cofanetto sul letto e prese la pergamena, aprendola e leggendo ciò che vi era scritto. Era in greco antico:
"« E Maria Maddalena: "Non piangete, fratelli, non siate malinconici, e neppure indecisi. La sua grazia sarà con voi tutti e vi proteggerà. Lodiamo piuttosto la sua grandezza, avendoci egli preparati e mandati agli uomini. »
Il testo della pergamena terminava lì.
Omar rilesse più volte quelle righe, come a voler trovarci dentro un significato specifico. Non portava nessuna firma, neanche quella del frate. Che cosa se ne faceva lui di versi citati da un vangelo? Non era la soluzione di ciò che avrebbe voluto trovare. Credeva che Samir nascondesse qualcosa, un qualche tesoro che avrebbe potuto salvarli e invece... ciò che aveva era solo una pergamena vecchia senza alcun significato. Ma quello scrigno li piaceva sul serio. Il conte lo guardò ancora, adagiato sul letto della cella. L'avrebbe portato con sé, magari l'avrebbe dato a suo padre per regalarlo poi a Lucrezia Sinclair. Dentro vi avrebbe messo una collana di smeraldi e rubini, come regalo di nozze.
Così, affranto di non aver trovato nulla di interessante, Omar Moloch lasciò il monastero salutando il frate che gli aveva fatto strada fino alla cella del defunto Qasim. Mentre l'impotente luogo sacro si allontanava alle sue spalle, sentiva il vento tagliarli il viso e i capelli.
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Anima Rubrum
Historische fictieGerusalemme, anno 1171 d.C. Maddalena Atlassi è l'unica figlia del commerciante di stoffe Samir, uomo devoto al suo re ma anche ambizioso. Talmente tanto che decide di dare in sposa la giovane al figlio di un signorotto locale, Omar Moloch. Senza sa...